Grazie all'aiuto del manuale Lezioni di scrittura creativa del Gotham Writers' Workshop entriamo nel vivo della materia: ora che abbiamo analizzato storie, personaggi e trame dobbiamo occuparci di come raccontare una storia, ovvero del punto di vista.
Il capitolo di riferimento, "Il punto di vista: un menu completo", è stato scritto da Valerie Vogrin.
Non so voi, ma io ero particolarmente impaziente di arrivare a questo punto: dopo aver assistito (e partecipato) a mille dispute su se sia meglio usare la prima o la terza persona, ero curiosa di scoprire cosa hanno da dire in merito i professionisti. La prima persona è troppo facile? Troppo banale? Limitante? La terza è per i pretenziosi? Annoia? È fredda e distaccata?
Da quel che ho capito leggendo il capitolo, in realtà, non c'è una scelta migliore di un'altra, ma tutto dipende da come vogliamo influenzare il racconto e da come vogliamo che i lettori reagiscano emotivamente ai personaggi e alle loro azioni. È importante ricordare, infatti, che le cose sono diverse a seconda di chi le racconta e di quali sono i suoi interessi, da qual è il suo grado di coinvolgimento nella storia: un triangolo amoroso può risultare molto diverso se raccontato dal punto di vista dell'amante, della moglie tradita o di un narratore onnisciente.
Prima di iniziare a scrivere una storia è importante riflettere attentamente su cosa vogliamo trasmettere, sul grado di coinvolgimento emotivo e su quanto è ampio l'ambiente da osservare. Per un romanzo che ruota attorno a diversi personaggi che si trovano in luoghi diversi, per esempio, un narratore in terza persona può essere più adatto rispetto a un narratore interno, che per forza di cose è limitato da ciò che può sapere.
Procediamo quindi con una bella carrellata di diversi punti di vista (pdv):
· PRIMA PERSONA
In questo caso la storia è narrata da un personaggio, solitamente il protagonista. Il narratore è testimone della storia, è con i suoi occhi che il lettore percepisce gli avvenimenti ed è tramite la sua sensibilità che viene inevitabilmente influenzato. Grazie alla possibilità di entrare nella testa del protagonista, gli autori possono creare voci memorabili e sfruttare al massimo il fattore empatia, creando un senso di intimità. Invece di sentirsi spettatore passivo, il lettore si trova immerso nella storia e si sente parte integrante della vicenda. La prima persona, oltrettutto, può assumere forme diverse: oltre al classico racconto si possono avere raccolte di lettere, pagine di diario, lunghi monologhi... La prima persona è senz'altro la scelta migliore per dare importanza all'introspezione del protagonista più che alla vicenda in sé. Il problema di questo tipo di narrazione è che è fortemente limitante: si può parlare solo di ciò che il protagonista viene a conoscenza, di ciò che vede e pensa. Inoltre età, estrazione sociale e grado di istruzione limitano il lessico e la complessità dei pensieri: un bambino di otto anni non potrà parlare come un professore universitario, così come non potrà farlo un contadino dell'800.