27 ottobre

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L'autunno era arrivato. Le foglie cadevano dagli alberi e coprivano i prati di un bellissimo manto rosso, che contrastava con  il cielo grigio dei primi temporali della stagione. Dopo aver trascorso l'intera estate a lavorare e gli ultimi giorni a studiare per la laurea, Alan e i suoi amici decisero di andare qualche giorno nella baita del nonno, dispersa nella natura e lontano da tutto e da tutti. Una volta fatte le valigie, le caricarono e partirono alla volta del paesino di  Banker. Due ore dopo sembravano essere tornati indietro nel tempo, lontani da tutte le tecnologie moderne. Le case avevano uno stile tipico montano, muri in pietra, tetti spioventi ed erano decorate da fioriture dai mille colori. Le strade fatte di sampietrini, dividevano isolati di case fino a congiungersi tutte al centro, dove c'era una piazza con un parco molto grande, davanti al municipio. La scena ricordava uno di quei vecchi film in bianco e nero. I bambini che giocavano rincorrendosi, i ragazzi che parlavano e ridevano di gusto, le vecchiette sedute davanti ai portoni che chiacchieravano tra di loro e i vecchietti al bar a giocare a carte. Un profumo di biscotti e pane aveva invaso la piazza e le strade. A Banker non c'erano tante auto, ma molte biciclette e alla gente piaceva molto camminare. Davanti al municipio c'era il mercato da cui proveniva una gran confusione. Passato il paesino, Alan imboccò una stradina piccola che conduceva verso il bosco costeggiando il fiume. Sballottando un pò per la strada dissestata,  riuscirono ad arrivare senza sentirsi male. Scesero dall'auto e rimasero fermi ad annusare l'aria pulita. Il cinguettio degli uccelli era accompagnato dalle piccole onde del lago che s'infrangevano a riva. Il lago era circondato da monti completamente verdi e sembrava che giocasse a nascondino. Poco distante dall'auto c'era un piccolo molo e sotto si vedevano i pesci che nuotavano tranquilli. L'atmosfera serena che c'era tra gli amici, quasi stonava con il cielo grigio. Si girarono e rimasero a bocca aperta.
"Benvenuti nella mia piccola dimora!" disse ironico Alan. Tutti rimasero in silenzio e poco dopo Ryan, il miglior amico di Alan, disse: "Questa casa l'ha costruita tuo nonno?" Alan annuì e aggiunse: "Mio padre e mio zio lo hanno aiutato. Da piccolo, quando mio nonno e mia nonna abitavano qui, ci venivo in  vacanza ogni Natale e trascorrevo tutto il tempo con loro" Quando rivide la baita, nel suo sguardo si potevano notare una nota di tristezza e di malinconia. Allison, la ragazza di Alan, se ne accorse. Si avvicinò e gli strinse la mano, poi gli disse: "Tuo nonno sarebbe fiero di quello che sei ora" Alan distaccò lo sguardo e fissò Allison nei suoi occhi marroni scuri che lo fecero subito tornare alla realtà. Adorava troppo quegli occhi profondi. I suoi capelli mossi erano raccolti in una coda appoggiata su una spalla. Per non parlare del dolce profumo che adorava troppo. Con gli occhi lucidi, Alan sorrise.

Il nonno di Alan, insieme al papà e allo zio, erano morti tre anni prima e ciò colpì molto il ragazzo A tal punto di far cadere qualche lacrima ogni volta che ne parlava. 

Sara, la ragazza di Ryan, disse: "Ragazzi non so se è una mia impressione o la temperatura si è abbassata improvvisamente?" Alan disse: "In effetti... Che ne dite se andiamo dentro, ci sistemiamo e poi mentre voi due preparate una bella cioccolata calda e rilassante, io e Ryan facciamo un pò di legna per accendere il camino?" Tutti acconsentirono. Sara si diresse verso l'auto e disse, prendendo una valigia grande: "Bene, allora non c'è tempo da perdere!" poi scivolò sulla terra umida e tutti scoppiarono in una grande risata. Ryan l'aiutò a rialzarsi e insieme ad Alan, presero le altre valigie. Una volta entrati dentro, tutti rimasero a bocca aperta per lo splendore che stavano vedendo. L'ingresso era illuminato da un grosso lampadario fatto di mille cristalli impolverati. Davanti la porta c'era una scala stranamente pulita e brillante e anche la finestra sulle scale era stranamente pulita. Alla sinistra dell'ingresso c'era un piccolo saloncino con un tavolo coperto da un lenzuolo bianco davanti ad un caminetto impolverato e un divano con due poltrone davanti la finestra. Da lì si scorgeva  il bellissimo lago sottostante immerso in un magnifico panorama. Dal salone si accedeva alla cucina. Anche questa era stranamente pulita e profumata. Alan ne rimase sorpreso. Dal retro della casa sentirono provenire dei rumori. Il ragazzo s'incamminò furtivo verso la porta del retro e  vide una ragazza che stava entrando proprio in quel momento. Entrambi lanciarono un grido di spavento. La ragazza indossava dei guanti gialli, una cuffia che racchiudeva i capelli e una salopette con un panno che usciva dalla tasca davanti. Stava portando dentro un secchio fumante e un mocio. Alan chiese: "Scusi lei chi è?" la ragazza rispose riprendendosi dallo spavento: "Mi chiamo Jennifer Helly, mi ha chiamato la signora McLeod e mi ha detto che suo nipote sarebbe venuto a fare una vacanza. Mi ha chiesto di dare una pulita in cambio di un pò di soldi... sa,  mi servono per l'Università..." Alan rimase sbalordito e chiese: "Jennifer Helly? La piccola Jennifer?" Jennifer disse togliendosi i guanti e guardandolo meglio: "Sì...Scusa ci conosciamo?" poi s'illuminò ed esclamò: "Alan!"
"Non vi aspettavo. Tua nonna mi aveva detto che sareste venuti la prossima settimana" disse imbarazzata la ragazza. Alan rispose: "Non ti preoccupare ti diamo una mano e non diremo niente a nonna..." poi continuò: "Come vanno gli studi?" Jennifer rispose: "Bene, solo che sto avendo qualche problema a pagare i corsi e per questo mi sto appigliando ad ogni tipo di lavoro esistente" Il ragazzo disse: "Mi dispiace! Se ti posso dare una mano  devi solo chiedere" Jennifer ringraziò,  poi Alan la presentò agli altri. L'aiutarono a pulire la casa poi la invitarono a rimanere per la cioccolata calda. Alan e Ryan andarono nella legnaia dietro casa,  presero qualche ciocco di legno umido e lo portarono dentro. Quando accesero il fuoco, il fumo invase per un attimo la stanza poi prese la giusta via d'uscita. La stanza si riscaldò ben presto e i ragazzi si radunarono davanti al fuoco. Parlarono e ridevano mentre sorseggiavano la cioccolata. Alan e Jennifer raccontarono i guai che combinavano da piccoli e tutte le loro avventure. Quando Jennifer uscì gli venne in mente qualcosa e disse al gruppo: "Il 31 hanno organizzato una festa in maschera di Halloween nella scuola e mi hanno detto di invitare qualche amico, se volete la festa comincia alle 19.30..." i ragazzi avevano facce compiaciute, ma mancava una cosa. "Ci piacerebbe molto, ma non abbiamo nessun travestimento!" disse Alan. Jennifer disse: "Ah non vi preoccupate, in paese c'è un negozio di vestiti che ha messo tutto a metà prezzo perché deve chiudere".  Alan sentendo ciò disse felice: "Allora ci siamo!" La ragazza prese la bici con tutti i prodotti con cui aveva pulito la casa e partì. Alan era andato al piano di sopra e chiuse gli occhi, facendo affiorare tutti i ricordi della sua infanzia: le corse per quel corridoio insieme ai cugini e tutte quelle volte che avevano giocato a nascondino. Poi aprì gli occhi e s'incamminò verso l'ultima camera sulla destra del corridoio. Quando girò il pomello non riuscì ad aprirlo perché era chiusa a chiave. Poi si ricordò il posto dove nascondevano la chiave della stanza quando erano piccoli. Quando andò a vedere, la trovò e aprì la stanza. Un leggero odore di muffa aleggiò nell'aria. Alan entrò. I mobili e i letti che ricordava, non c'erano più. La stanza era vuota. Attaccate sulle pareti c'erano tantissime foto di lui e dei suoi cugini da piccoli. Alan rimase a bocca aperta, mentre si girava su se stesso per vedere tutte le foto. Poi per distrazione, passò su una busta gialla. La raccolse e l'aprì. All'interno c'erano altre foto. Si mise seduto per terra e iniziò a guardarle. Nel suo sguardo c'era una nota di malinconia e di felicità. Da piccolo Alan non vedeva l'ora di passare le vacanze di Natale sia per stare un pò di tempo coi nonni, ma soprattutto perché rivedeva i cugini. Era molto legato a loro.  In particolare era particolarmente legato ad Madison, la cugina più grande. Con lei, fino a quando il padre si era dovuto trasferire per motivi di lavoro, si confidavano tutti i segreti e parlavano di continuo. A farlo tornare alla realtà, fu un forte tuono di un fulmine che cadde proprio vicino alla baita, illuminando la stanza di una luce blu elettrico. Poco dopo, Allison bussò sulla porta aperta e chiese: "Posso?" Alan non le rispose, ma rimase a vedere le foto con gli occhi lucidi.  La ragazza si sedette vicino a lui e sbirciò le foto che aveva in mano. "Mi mancano tanto!" disse Alan. Allison curiosa chiese: "Chi sono?" Alan le rispose: "Sono i miei cugini"  "Eravate molto legati da piccoli..." Alan annuì, poi disse: "Ci volevamo bene al punto che giurammo che da grandi avremmo abitato nella stessa casa" Allison rifletté, con un sorriso: "Carina come idea" Alan disse, affranto: "Sì, fino a quando..." la voce gli si spezzò, poi continuò: "Quando un incidente li fece sparire, tutti meno che Madison" prese una foto con una bambina sorridente, con lunghe trecce more. Allison alzò lo sguardo per vedere Alan e disse: "Mi dispiace!" Il ragazzo fece un sospiro profondo e alzò gli occhi al cielo. Allison gli chiese: "Madison adesso sta bene?" Alan la guardò negli occhi e disse: "L'ultima volta che l'ho sentita è stato al suo compleanno due anni fa per telefono. L'ho provata a richiamare, ma deve aver cambiato telefono nel frattempo perché non risponde" Allison disse: "Quando torniamo a casa cercheremo di rintracciarla. Ora che ne dici di rilassarti e passare un pò di tempo con gli altri?" Allison si alzò e tirò verso di se la mano di Alan che la seguì.

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