30 ottobre

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Quella notte non fu tanto veloce e serena come quella precedente. Cominciò a tuonare e dopo varie volte che Alan si rigirò nel letto, si svegliò in un bagno di sudore. I lampi illuminavano la stanza di un blu elettrico e il vento faceva graffiare i rami sul tetto della baita. Ad ogni colpo di vento forte, la struttura di legno della baita scricchiolava. Alan si mise seduto sul letto con la faccia tra le mani. Mille pensieri gli si insinuarono nella testa e quel tempo non era di grande aiuto. Ad un certo punto, dalla stanza accanto si sentì il leggero pianto di una ragazza intervallato da una voce sottile che venne spezzata da un singhiozzo. Alan si alzò e si avvicinò alla parete per sentire meglio. Proveniva dalla stanza che era chiusa a chiave. Senza far alcun rumore, uscì nel corridoio e si diresse verso la stanza. La porta era socchiusa. Quando si affacciò, trovò una ragazza dai lunghi capelli mori, inginocchiata mentre piangeva. Alan andò davanti alla ragazza e quando la vide rimase stupito. Era sua cugina Madison. Aveva gli occhi rossi dal pianto e continuava a singhiozzare parole incomprensibili. Davanti a lei, punteggiate dalle lacrime, c'erano delle foto vecchie. Alan la cercò di tranquillizzare e quando le alzò il viso lei disse: "Dovete scappare! Non è un posto sicuro per voi" Alan non capì e chiese: "Cosa?" La cugina continuò: "Lui sa dove siete, lui sa che siete qui. Dovete andarvene immediatamente" "Chi" la ragazza non rispose e quando un tuono colpì l'albero vicino la baita, Madison esplose in un urlo, simile a quello di Sara, che fece fare ad Alan un volo di qualche passo più in là. Finito l'urlo, il temporale si era fermato. Allison entrò nella stanza e corse da Alan. Entrambi alzarono gli occhi e videro Madison in piedi con gli occhi persi nel nulla rivolti verso il cielo. I capelli fluttuavano nell'aria come se la gravità fosse scomparsa. Poi cadde a terra priva di sensi. Nel frattempo arrivarono anche Sara e Ryan. Alan prese tra le braccia Madison. Allison disse: "Presto chiamate il pronto soccorso!" Alan la sollevò e la portò sul letto. Il volto aveva un colore pallido quasi dello stesso colore della luna che quella notte giocava a nascondino dietro le nubi. Ryan entrò in camera e disse: "Hanno detto che non riesco a stare qui prima di tre quarti d'ora!" Alan riprese Madison tra le braccia e ordinò: "Accendi l'auto!" Ryan senza controbattere corse al piano di sotto. Poco dopo partirono alla volta del centro medico del paesino. Fu riconosciuta come codice rosso e dopo averla sistemata su una barella, gli infermieri le misero una bombola d'ossigeno ed entrarono in una porta dove c'era scritto "vietato l'accesso a i non addetti!" Alan e Ryan si sedettero su una panca lì vicino. E il silenzio cadde. Poco dopo Ryan cercò di consolare l'amico che lo ringraziò con un semplice sorriso. Prima di partire non si erano neanche cambiati, per fortuna che dormivano con la tuta. "Che ne dici se torniamo alla baita, ci cambiamo e torniamo?" propose Ryan. Alan non accolse questa proposta. "Ok allora vado io e ti porto un cambio!" disse tranquillamente. Il ragazzo rimase da solo in quel corridoio immerso tra mille pensieri. Alzò più volte lo sguardo verso l'orologio per vedere l'ora e visto che era ancora nel mezzo della notte, decise di andare a prendere un caffè per tenersi sveglio.  L'infermiera alla hall era concentrata a registrare dei dati sul computer e lo capiva anche una persona non laureata in medicina che aveva bisogno di riposo. Alan si diresse verso la macchinetta del caffè e dopo aver inserito i soldi, schiacciò il tasto "caffè espresso" . Dopo una serie di rumori, uscì dalla macchinetta un profumo di caffè che invase tutta la hall. L'infermiera appena aveva sentito quel profumo distaccò gli occhi dal monitor e sognò anche lei un caffè, ma quel sogno finì immediatamente. Non si poteva permettere una pausa, aveva ancora tanto lavoro da fare. Alan la guardò dal riflesso della macchinetta lucida e decise di darle il caffè appena uscito. "Quanto zucchero?" chiese rivolto di spalle all'infermeria.  La donna si sentì per un attimo a disagio, poi però, cedette alla tentazione e disse: "Due bustine grazie!" Le portò il bicchiere bollente con le due bustine di zucchero. L'infermiera ringraziò ancora una volta allargando un sorriso di sollievo. "Ogni tanto bisogna staccare la spina" disse Alan, e l'infermiera annuì dicendo: "Sì... bisognerebbe, ma se hai un direttore rigido che vuole che si porti immediatamente a compimento il lavoro non lo puoi fare!" finì l'affermazione con una nota di rammarico e di tristezza. Poi aggiunse, quasi come un sussurro: "Comunque sua cugina si rimetterà presto, non si deve preoccupare!" Alan guardando il volto sorrise perso nei suoi pensieri mentre beveva il caffè. Si mise seduto ad aspettare notizie e dopo circa un quarto d'ora, un medico con il camice bianco uscì dalla porta in cui era entrata la barella e si avvicinò ad Alan. "Lei è parente della signorina Madison?" chiese leggendo sul quaderno. Alan annuì. "Sono il cugino, mi dica" il medico disse togliendosi gli occhiali e mettendoseli nel taschino del camice: "Sua cugina è fuori pericolo. Sembra che il suo organismo si stia auto guarnendo da solo e i medicinali che le abbiamo dato non hanno effetto su di lei... A quanto pare è una vera guerriera. Dai primi test che abbiamo fatto possiamo affermare che si tratta di un attacco di paura, detto in parole povere, ma la dovremmo tenere sotto osservazione e fare altri test. Non siamo riusciti a capire cosa le è successo" Alan fece un sospiro di sollievo e chiese: "Posso vederla?" "Ora deve riposare, la chiameremo noi quando si sveglierà" Ringraziò e poi si rimise seduto. Con quella luce bianca gli occhi di Alan si facevano sempre più pesanti, fino a chiudersi completamente. Sognò una scena del suo passato. Almeno sembrava. Era nel bosco dietro la baita e una bambina, con trecce lunghe, stava tirando per mano una donna anziana con un sorriso stampato sul viso. La bambina disse: "Nonna guarda che bel fiore!" L'anziana signora disse: "Aspetta, vai piano! Così mi farai cadere. Il fiore non scappa" La bambina si fermò improvvisamente e cominciò a cercare a terra. "Invece sì... Non c'è più" disse sconsolata. Abbassò lo sguardo, ma la nonna le prese il viso e disse: "Dai cerchiamolo insieme" la bambina sorrise. "Com'era fatto?" chiese dolcemente la nonna. "Era grande e di un rosso acceso con qualche puntino di giallo qua e la" Cominciarono a cercare fino a quando la bambina si fermò di scatto davanti a due alberi che si univano nella terra come a formare una freccia.  Sentì un ringhio poi due occhi rossi e una mano piena di artigli che si appoggiò al tronco dell'albero. La bambina urlò mentre indietreggiava. La nonna corse mentre continuava a chiamarla. Dai due alberi uscì una creatura grande come un un orso, ma muscolosa come un lottatore di box. Le dita erano allungate, torsolute e armate di artigli gialli. Il volto assomigliava a quello di un lupo con qualche profilo umano e il corpo era completamente pieno di peli. Si preparò a balzare addosso a Madison quando la nonna lanciò una polvere nera fina che fece scappare a gambe levate il mostro.  Poi il sogno svanì e Alan si risvegliò a suon di ululato. Aprì gli occhi e si trovò davanti Allison che lo stava chiamando. Il suo profumo dolce, riportò Alan alla realtà. Il ragazzo si alzò di scatto e si guardò intorno preoccupato di rivedere quel mostro. Sentiva le voci tutte le voci ovattate, anche quelle di persone che non erano di quel piano, poi il battito cardiaco aumentò, faceva molta fatica a respirare e sopraggiunse anche un forte mal di testa. Un dolore percorse tutto il corpo e cadde a terra. Allison chiamò subito aiuto e andò a soccorrere Alan. Le arterie del collo stavano diventando nere, gli occhi rossi e dalla bocca stava uscendo della bava bianca. Di corsa un medico chiamò altri infermieri che lo misero su una barella ed entrarono nella stessa porta dove quella mattina la cugina era entrata. Aveva le convulsioni. Non riusciva più a respirare. Mentre lo portarono in una stanza sterile, Alan sentì il medico che diceva: "Il battito cardiaco si sta abbassando troppo velocemente, sta avendo un collasso cardio-respiratorio... preparate una flebo di atropina" poi le palpebre gli si fecero pesanti e cadde in una sorta di sogno, ma sentiva  ancora tutto il dolore del corpo.  Allison inizialmente provò ad entrare insieme alla barella ma non ci riuscì. Si fece prendere per un attimo dal panico e cominciò a piangere, poi prese il telefono e chiamò Sara e Ryan. Il tempo passava e nessun medico o infermiere andò ad informarla della situazione di Alan e per questo la ragazza si cominciò a preoccupare molto di più. I due amici arrivarono e la ragazza raccontò tutto quello che era successo prima che Alan fosse portato via. Ormai era quasi mezz'ora da quando era entrato e ancora non c'erano notizie. Allison per quanto era nervosa non riusciva neanche più a piangere e se ad ogni passo la terra si fosse abbassata di livello, be sarebbe arrivata al centro della terra. Dopo qualche minuto, dalla porta uscì un medico e tutti e tre gli saltarono addosso. L'uomo li rassicurò. "Il ragazzo ce l'ha fatta, ma è molto debole. Abbiamo trovato nel sangue tracce di Jasminum elegans comunemente chiamato gelsomino elegante. Sapete se prendeva farmaci per problemi respiratori o combatteva uno stato di stress?" Allison rispose che Alan non prendeva nessun farmaco e detto ciò il medico disse, dopo aver segnato in silenzio su una cartella ciò che gli serviva sapere: "Avete bevuto qualche bevanda particolare nelle ultime due ore?" I tre si guardarono e spiegarono che in realtà non erano presenti fino a mezz'ora prima. Dietro le loro spalle, l'infermiera era uscita da dietro il bancone e quando si diresse verso il secchio per buttare il bicchiere del caffè, cadde a terra. Il medico la vide e corse a soccorrerla mentre altri infermieri prepararono una barella. Sentì il polso molto debole. Provò a fare un massaggio cardiaco, ma non servì a niente. Allison notò che dal bicchiere del caffè che l'infermiera doveva gettare, era uscito del liquido che non somigliava per niente a caffè. "Il caffè!" esclamò la ragazza. Il medico dopo aver preso l'infermiera e messa sulla barella, prese il bicchiere e l'annusò. L'odore di gelsomino si era mescolato con quella del caffè. Corse dietro la barella e fu ricoverata d'urgenza. Un infermiere si diresse verso i tre, ignaro di ciò che era appena successo. "Allison Carver?" chiese. La ragazza annuì leggermente sconcertata. "Il vostro amico si è svegliato e vuole vedervi!" disse con un sorriso semi luminoso. Il gruppo ringraziò e si diresse verso Alan. Allison entrò nella stanza e lo trovò completamente sdraiato con una flebo nel braccio e la macchina per la pressione dall'altra. Li vide con la coda dell'occhio, ancora molto scombussolato. "Ciao!" disse sorridendo. Allison gli si avvicinò e cominciò a singhiozzare leggerissimamente. "Mi hai fatto prendere uno spavento, non farlo mai più!" disse sorridente accarezzandogli il viso. D'improvviso un ricordo rabbuiò il volto del ragazzo. "Dov'è Madison?" chiese allarmato cercando di alzarsi. "No fermo, al momento è fuori pericolo" disse Allison cercando di fermarlo. La macchina della pressione aumentava sempre di più la frequenza cardiaca. "Devo salvarla!" urlò Alan. Si sentì un sovraccarico di forza che scaraventò a terra Allison. Ryan provò a fermarlo, ma sembrava che al ragazzo fossero tornate il triplo delle forze. Staccò tutti i fili e uscì in corridoio. Sara non sapeva cosa fare. "Dov'è Madison MacLeod?" chiese con una voce, che non era la sua, alla nuova infermiera al bancone. L'infermiera quando vide Alan in quelle condizioni si preoccupò e cercò di calmarlo. Un forte mal di testa colpì il ragazzo, mentre Sara urlò chiamandolo. L'urlo vece vibrare le finestre e fece da anestetizzante ad Alan. Girò il suo sguardo dritto negli occhi della ragazza, la quale si accorse che il suo sguardo gli si era tinto di arancione. L'infermiera prese una siringa di sonnifero e la conficcò sul collo. Svenne. Ryan e l'infermiera lo riportarono sul letto e riattaccarono i fili. Per ordine dell'infermiera e per loro volere, uscirono dalla stanza per lasciarlo riposare. "Cosa sta succedendo?" chiese Ryan curioso. "Non lo so ma non mi piace!" disse Sara sconcertata dalla scena che aveva vissuto prima. "Era preoccupato per Madison, credete che forse è il caso di andare a vedere come sta?" chiese Ryan. "Sì, io rimango qui voi due andate..." rispose Allison, ma Sara controbatté: "Non se ne parla per niente. Voi due non siete riusciti a fermarlo, mentre io penso di avere qualcosa che lo blocchi" Allison la guardò sospettosa. "Non fraintendetemi, ma voi non avete visto che stava succedendo prima in corridoio. Non so cosa ho fatto ma sono riuscita a fermarlo. Devi essere più forte delle tue emozioni in questi casi" disse ad Allison. Pensierosa la ragazza accettò. "Per qualsiasi cosa di sospetta vi chiamo!" i due annuirono poi si diressero verso il bancone e chiesero all'infermiera dove si trovasse Madison MacLeod. "Stanza 14" disse l'infermiera indicando il corridoio. Si avviarono, mentre Sara si sedette davanti alla stanza senza fare niente. Il tempo sembrava essersi bloccato. Ogni volta che vedeva l'ora erano passati solo cinque minuti. Decise di fare avanti e indietro davanti la porta quando tutto si bloccò all'improvviso. L'orologio, l'infermiera e persino l'uccellino che stava passando davanti la finestra. Sara non riusciva a capire cosa stava succedendo. Percepiva qualcosa di strano. Il silenzio invase il corridoio. Si avvicinò lentamente alla porta di Alan e l'aprì. Alan non era più nel letto e non entrava più la luce del giorno, bensì quella della luna piena. Guardò l'ora dal telefono e vide che erano le 23.00. Uscì dalla camera per andare da Allison e Ryan, ma quando fu fuori dalla porta si trovava tutt'altra parte. Era per strada davanti un pub con decorazioni di Halloween sulla vetrina e sulla porta. L'insegna in legno era rovinata dal tempo. Entrò con molta prudenza nel pub e si trovò in pieno in una festa di Halloween con ragazzi in maschera che ballavano a suon di bicchieri e di rock. Sara si girò lentamente e vide qualcosa fuori dalla vetrina che si muoveva molto velocemente nella strada. Si avvicinò e vide qualcosa di molto veloce avvicinarsi. Lo riconobbe. Era il mostro che li aveva attaccati il giorno prima. Muso da lupo con lineamenti umanoidi, zanne gialle e occhi rosso sangue. Sara, come il giorno prima, urlò per la paura e la vetrina si ruppe. Con un battito di ciglia si ritrovò seduta davanti alla stanza di Alan in silenzio e in mobile. Si guardò intorno sconcertata e poi abbassò lo sguardo sull'orologio che segnava le 6.30. Impaurita, Sara entrò nella stanza e vide che non ci fosse nessuno. La finestra era chiusa, controllò sotto il letto e dentro all'armadio. Non c'era nessuno. Qualcosa, però, l'attirò alla finestra. Si accorse che il vetro era graffiato profondamente. Passò la mano sul vetro per vedere se era dentro o fuori e notò che i graffi erano alla stessa distanza delle dita della mano. Fece un passo indietro. Dopo molto tempo sia Alan che Madison si svegliarono e furono abbastanza in forma per essere dimessi. Sara rimase sconcertata su tutto ciò che aveva visto e per un pò non disse nulla a nessuno, perché doveva elaborare e capire se quello che era successo era vero o finto. Appena uscirono dall'ospedale, Alan abbracciò la cugina e chiese: "Come mai da queste parti?" La cugina arrossì e guardò Alan con sguardo vuoto e freddo. Dopo un pò di silenzio rispose: "Sinceramente... non lo so neanche io. Non mi ricordo neanche come ci sono arrivata qui. Gli ultimi ricordi erano della festa ieri sera al mare, poi il risveglio questa mattina all'ospedale"Sara rimase ancora più stupita. Alan non capì. "Non ricordi niente di questa notte?" chiese cupo. La ragazza scosse la testa. La guardò negli occhi e rimase a pensare per un pò di tempo. Ryan scambiò un'occhiata con Sara che a sua volta rispose con un'altra occhiata che voleva dire "Dobbiamo parlare da soli dopo". "Ah già, non ve lo volevo dire subito, ma il dottore mi ha detto che hai subito un trauma e che quindi potresti avere piccoli vuoti di memoria momentanei che con il passare del tempo passano" disse Allison. Alan fece un sospiro di sollievo, ma rimase cupo. Concluse col dire: "Che ne dite se andiamo a pranzare? Ho un pò di fame!" Nessuno si era accorto che era arrivata l'ora di pranzo. 

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