Capitolo 4

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"La vita bisogna viverla, potrebbe succedervi qualcosa da un momento all'altro"

Le parole del signor Wilbur risuonavano in mezzo all'aula semivuota dei quel mattino di inizio autunno.

Era entrato in classe con un vassoio di pasticcini e ne aveva fatto prendere uno a tutti i suoi studenti.

Dopo neanche 2 minuti aveva imposto loro di smettere di mangiare; chiunque si fosse rifiutato, avrebbe ottenuto l'insufficienza nella sua materia.

E così, tutti, che di certo sapevano che quell'uomo stravagante sarebbe stato relamente in grado di farlo ,avevano appoggiato i loro avanzi fissando avidamente la crema che avevano tenuto da parte, il cioccolato  non ancora sciolto su una frolla mangiucchiata quasi nella sua totalità, provando un senso di asciutto in bocca e quasi di astio e amarezza nei confronti del loro professore.

Solo in quel momento, quindi lui aveva deciso di parlare, spiegando ai ragazzi, il perchè del loro errore.

" Voi avete mangiato il vostro dolce partendo dalla frolla o dal pandispagna e avete lasciato la parte più buona per ultima. Ma se affronterete così la vita, finirà che non ci sarà più tempo per gustare ciò che avete tenuto da parte"

Ade aveva compreso appieno.

La vita l'aveva fatta crescere presto; aveva voluto farla crescere, portandole via sua madre e proprio in quel momento si ricordò di lei, della sua tomba, della sua città, dell'Italia e soprattutto di suo padre. 

L'indomani sarebbe tornata a casa.

Non aveva mai avuto un telefono, e la cosa più o meno poteva sembrare normale.

Erano gli anni 90 e nessuno, se non pochissimi, possedevano un "macigno" grigio in tasca.

Iniziò a percepirne l'utilità, solo quando, una volta tornata in patria, si rese conto che non sapeva come fare per contattare suo padre, o più semplicemente raggiungere il paesino sperduto dove era cresciuta.

Avrebbe potuto benissimo utilizzare il fisso del campus, ma lei, troppo  sbadata, si era fatta distrarre da un fogliettino di carta che era stato lanciato da chissà chi, forse dal vento ai suoi piedi e che ora rigirava tra le mani come se potesse trasformarsi in una macchina e portarla a casa.

"Le lacrime non fanno per te , chiamami se hai bisogno"

Si trattava di uno di quegli stupidi bigliettini da visita che, chiunque voglia farsi pubblicità si diverte ad incastrare tra i tergicristalli delle auto o a mettere in mano ai passanti, che sempre di corsa, di solito per metterli a tacere, li infilano nelle loro tasche dove rimangono finchè il tempo non li corrode o loro stessi, gettano una volta tornati a casa o girato l'angolo.

Quella volta però era diverso. Quel bigiettino era rotolato fino alle sue caviglie e caso volle che  Ade, appena uscita dall'aula di Wilbur, avesse da poco finito di piangere.

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Spazio "autrice":

allora, sono di fretta, devo rileggere, quindi vi prego pietà ahah

detto questo grazie e buon tutto

-Sara

P.S PUBBLICITA' GRADITA (OVVIAMENTE RICAMBIO)


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