Le luci arancioni dei lampioni in piena notte mi stavano seguendo ovunque, come degli squali con il sangue. Qualche volta mi voltavo per vedere se la ragazza mi stava seguendo, ma no. Ero sempre e comunque da sola, ma non riuscivo a smettere di correre. Temevo che qualcosa, alla minima distrazione, mi avrebbe colta di sorpresa e me l'avrebbe fatta pagare... anche se non sapevo neanche io cosa. Solo per una telefonata? Ma cosa mi era saltato in mente? Be', avrebbe potuto denunciarmi per stalking. Forse scappavo per questo.
Le luci arancioni si spensero in una strada diversa da quella che stavo percorrendo, e con esse cessarono anche tutte le mie ansie e pensieri. Ero finita nella città, in piena notte. Le luci avevano cambiato colore, e continuavano a farlo: blu, rosse, verdi, viola, gialle.
Le mie gambe mi condussero fino ad un night club, molto cupo e tetro, ma da dove proveniva una musica estasiante. Il mio corpo si mosse da solo: entrò, permise ai miei occhi di individuare i musicisti e alle mie orecchie di condurlo da loro, scese le scale a chiocciola alla sua sinistra e, una volta al piano di sotto, smise di vagare per conto proprio. Aveva visto troppo.
C'era un palcoscenico, sotto ad esso brulicava una marea di gente e sopra... sopra c'era lui. Stava suonando la chitarra, indossava una maglietta nera aderente e i muscoli sotto la pelle sembravano impazziti. Vicino a lui, la ragazza che poco prima avevo avuto il coraggio di minacciare, ovvero la cantante, e dietro di lei il batterista e il pianista. Una band strana, ma così... così unica che non riuscivo a togliere loro gli occhi di dosso. Dovevo farlo però, altrimenti qualcuno avrebbe potuto vedermi e a quel punto non sarei più potuta scappare. Per me sarebbe stata la fine, e infatti mentre ero immersa nei miei pensieri, successe. Il chitarrista mi vide, ma non smise di suonare. Sapeva benissimo di avermi intrappolata, per questo fece un sorrisetto vittorioso. Cercai di nascondermi da qualche parte ma ormai la canzone era giunta al termine e l'unica stanza che riuscii a trovare libera era quella dalla luce celeste. Entrai e mi chiusi la porta alle spalle. Vidi un divano nero, una tastiera, un microfono e una cornice appesa al muro, senza quadro. Mi accorsi troppo tardi che c'era un'altra porta ed era stato proprio da lì che entrò la band.
La cantante, praticamente la mia copia solo più bassa e scheletrica, era dietro al braccio del batterista a cui era aggrappata saldamente con uno sguardo impaurito. Il chitarrista, Samuel, il mio ex storico, affilò lo sguardo e incrociò le braccia.
«Guarda un po' chi si rivede.»
Cercai di essere il più sciolta possibile, a mio agio, come se quella stanza fosse casa mia. I miei movimenti erano fluidi, sicuri: l'avrei ingannato con molta facilità.
«Sì, be', volevo venire a fare un salutino anche a te prima che te ne vada un'altra volta per paura che io ti possa far ricadere nell'abisso in cui eri caduto cinque anni fa.»
Samuel si avvicinò pericolosamente a me, talmente tanto da poter sentire il suo fiato sul viso, ma poi si allontanò di scatto e andò a sedersi sul divano.
«Ci sto ancora dentro a quell'abisso di merda.»
Buttai l'occhio sulla cantante e d'istinto sorrisi. Lei prese paura.
«Ho notato.»
«Senti, che cazzo vuoi? Dico davvero, perché cazzo sei tornata?» sputò acidamente il ragazzo davanti a me.
Io lo guardai sorridendo. Mi avvicinai tanto, fino a far toccare le nostre scarpe, poi decisi di fare la stronza posizionandomi proprio a cavalcioni sopra di lui.
«Sei ancora un puro, verginello, segaiolo?»
«No, posso farti vedere i miei progressi però.»
«Uhm, non male come proposta, ma sai cosa sarebbe più eccitante?»
«Cosa?»
Sentii una presenza crescere sotto di me e non mi ci volle molto per riconoscere quella sensazione. Mi avvicinai al suo orecchio, leccandogli il collo e mordendoglielo, e sussurrai: «Dirmi com'è stato quel rito satanico per diminuirmi gli anni di vita.»
Mi allontanai subito, gli appoggiai una mano alla gola e raschiai con le unghie la pelle che si toglieva come cera.
«Avanti, stronzo, dimmi com'è stato vendicarti di una cazzata. Dimmi com'è stato spargere tutto quel sangue, com'è stato il insultarmi come se fossi il male in persona. Dai, dillo. Dillo!»
Strinsi le dita e le unghie laccate di nero affondarono in lui. Il suo viso esprimeva soltanto sofferenza e delle piccole, piccolissime lacrime stavano sgorgando dai suoi occhi.
«Farò finire tutte le vostre vite prima della mia, e vi assicuro che mi divertirò ancora più di quanto vi siete divertiti voi in quel parcheggio di merda.»
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sure of a "maybe" - dreams
Short Storyraccolta di sogni 2017/18/19. 1095 giorni ma solo 8 notti da ricordare.