4-Liberazione

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Dieci minuti a mezzogiorno. La fuga è alle porte e Andrea ha aperto bocca solo per sbadigliare. La paura del cambiamento e della sua nuova vita gli hanno tolto il sonno per tutta la nottata. Per scaricarsi da almeno un terzo della stanchezza ha avuto bisogno di una doccia fredda della durata di mezz'ora, ma oggi le occhiaie gonfie non gliele leva nessuno. Ha ingannato tutta la mattina sfogliando le pagine di diritto privato chiedendosi come avrebbe fatto a passare quel maledetto esame. Non legge neanche ciò che c'è scritto, sfoglia da pagina 1 fino a pagina 1043, poi fa lo stesso procedimento al contrario. Così per tutta la mattina, interrotto solo da sua madre che gli dà un bacio in fronte e un abbraccio prima di scappare al lavoro. Lui ha agito come se nulla stesse per succedere ma dentro di sé voleva che quell'abbraccio durasse almeno un minuto, voleva farle sapere quanto le volesse bene ma il suo buonsenso gli ha suggerito di comportarsi come sempre, ricordandogli che lui non ha mai detto a sua madre "ti voglio bene" e i suoi abbracci sono sempre stati contenuti. Si alza dalla sedia portandosi con sé uno zaino vuoto. Apre la porta e rimane lì fermo, si gira. Dà uno sguardo alla sua camera, i poster dei Muse, dei Linkin Park, lo scaffale con tutti i manga che ha letto, il raccoglitore con alcuni dei suoi disegni all'interno. Il caos sulla scrivania e il dito di polvere agli angoli del letto. Mette lo zaino in spalle e spegne la luce. Chiude la porta ma continua a premere la maniglia con forza, stringe il pugno e si concede una manciata di secondi prima di dare l'addio definitivo. Lascia andare la maniglia e con passo deciso si dirige alla porta d'ingresso. Prende le chiavi dalla tasca dei pantaloni, apre e va per andare fuori. Un singhiozzo lo blocca lì sullo stipite della porta. Sente dei piccoli passi vicino a lui, indecisi e poco convinti. Si gira e vede il suo Arthur avvicinarsi. Abbaia come se stesse dicendo - "Ma che fai? Dove vai senza di me?"
Sente di volerlo salutare bene, almeno lui. Per cui rientra dentro lasciando la porta di casa aperta - "Arthur, vecchio mio. Come potevo andarmene senza prima salutarti?"
Lui continua a singhiozzare, ha gli occhi lucidi e sembra aver capito che il suo padrone sta per andarsene. Si arrampica sul ginocchio con le zampe anteriori e gli lecca le mani.
"Guardati; sei cresciuto parecchio, eh? Quanti anni saranno che sei qui? Almeno dieci - lo accarezza. Ha un mondo di dispiacere negli occhi, anche lui li ha lucidi - Giuro che da quando sei qui non ti ho mai guardato in questo modo. Avrei potuto regalarti più affetto in questi anni, vero? Lo so, però tu non ti sei mai lamentato, ti andava bene così e mi hai voluto bene anche per questo. Ricordo la prima volta che ti vidi al canile, mamma notò sin da subito che volevo te, infatti non appena vide la mia reazione ti portò in macchina con noi. Ricordo anche quando sei entrato per la prima volta in casa e come giravi spaesato tra le camere. Non sapevi dove ti trovavi ed eri impaurito del tuo nuovo mondo. Ti soffermavi su tutti gli odori e annusavi qualsiasi cosa. Eri piccolissimo e ti infilavi ovunque - mentre lui gli parla, Arthur sembra non volerlo ascoltare e vuole più carezze del solito - Beh, non è che tu sia cresciuto molto da allora ma qualche segno di vecchiaia cominci ad averlo. Non sopporti più le coccole e a una carezza di troppo cominci a ringhiare."
Ma oggi Arthur non ha ringhiato nemmeno una volta. China la testa verso il basso e dai suoi piccoli occhi esce una lacrimuccia. Non vuole che il suo padrone se ne vada e se è necessario vorrebbe seguirlo.
"Hai fatto parte della mia vita in modo viscerale, dove c'ero io c'eri tu, sempre. Faccio davvero fatica a immaginare i prossimi giorni, i prossimi mesi, i prossimi anni e tenere conto della tua assenza. Tu non faresti mai ciò che io sto facendo a te, non è nella tua natura abbandonare e per questo tu non mi capiresti. Ma io non sono un cane, sono la creatura più stronza ed egoista del mondo, una creatura che non ha risentimento nell'abbandonare chi gli è stato più vicino in questi anni, per cui ti chiedo scusa. Io non merito un amico fedele e leale come te. Mi raccomando, stai vicino alla mamma, lei sì che merita il tuo amore e avrà un bisogno estremo del suo cagnolino. Non fare come Hachiko, ok? Mi sentirei ancora più una merda." - ancora una lunga carezza e un ultimo bacio sulla sua piccola fronte prima di rialzarsi e andarsene.
Arthur si agita. Salta, corre intorno a lui e abbaia. Una volta, due, tre. Andrea si gira per dirgli addio per l'ultimissima volta. Non dice una parola, lo guarda e basta. Arthur intende dal suo sguardo che non ha nessuna intenzione di tornare indietro. Capisce che lo sta abbandonando per davvero. Smette di abbaiare e di corrergli intorno, resta lì a guardarlo con la flebile e minuscola speranza che il suo padrone possa cambiare idea all'ultimo istante. Ma Andrea, con lo strazio nello stomaco e la vergogna di essere un cattivo padrone, chiude la porta di casa. Arthur rimane immobile davanti al portoncino, sotto choc, e probabilmente resterà lì fino a quando non sentirà più l'odore di Andrea.
Scende le scale correndo anche se è in anticipo di 5 minuti, lo fa per il semplice motivo di evitare ripensamenti dell'ultimo momento. Si asciuga quelle due lacrime che non ha potuto trattenere ed esce dal portone principale. Marcus è già lì ad aspettare: con le braccia appoggiate sulla portiera aperta e la radio ad alto volume. Vede lo zaino sulle sue spalle e gli chiede - "Ma che cazzo ti porti lo zaino?"
"Se andiamo a comprare qualcosa dove la mettiamo tutta la roba?"
"Ma non ci sta tutta là dentro, hermano."
"Quello che ci sta lo mettiamo qui e in caso ne compriamo altri due per te ed Elia. Tranquillo, mia madre non si accorgerà che manca uno zaino in casa."
"Va bene, dai sali." - si sistemano comodi in macchina e Marcus mette in moto.
"Cosa ci serve?" - gli chiede Andrea.
"Da mangiare, da vestire anche.. non pensare che teniamo addosso gli stessi vestiti per tutto il tempo."
"Per lavarci come facciamo?"
"Niente, c'è il fiume e ci laviamo lì."
"Sei pazzo?"
"Hermano, in casa non c'è luce, non c’è acqua e non c’è gas. Per il tempo che staremo lì dovremo arrangiarci in qualche modo. Troveremo una sistemazione migliore, vato, te lo prometto. Per ora accontentiamoci." - escono dal parcheggio e Andrea lancia un ultimo sguardo verso, ormai, la sua vecchia casa.

Gli incappucciati Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora