- Ah... È occupato?
- No.
- Come no...
- Sei sordo?
Ma che faccia da cazzo...
- Dovresti far sedere qualcuno. Sono tutti in piedi.
- Ma chi ti conosce? Non ti siedi, no.
Ha una faccia da schiaffi senza precedenti. Provo desiderio incombente di andare in prigione, un prurito inarrestabile.
- Fa la figa!
- Scusa!?
Sì, sto esagerando. Non sono bravo in queste cose. Scusa mamma.
- A te, dico a te sì. Ce l'hai solo tu, vero?
- Ma come ti permetti? Ma riprenditi.
Conosco il sorriso che mi sta rivolgendo. Odio questo tipo di persone. Non c'è niente di male nell'essere belli o popolari, ma non ti permette di fare la stronza con ME, TI APRO LA TESTA (Nota dal futuro: non è educato scrivere in maiuscole, né propriamente corretto, ma rende la gravità. Molti di voi penseranno che sono solo invidioso. E lo sono). Penso a cosa risponderle, mentre la fisso negli occhi, che evidentemente stanno bene anche ai pagliacci. Vorrei dirle qualcosa che la faccia vergognare davanti a tutti. Comincio ad aprire bocca quando mi sento tirare il colletto della camicia. Quasi cado, ma in quel disastro posso restare in piedi anche senza gambe. Non ci entrerei mai sdraiato. Vedo un braccio ritrarsi tra due fila di zaini. E più in alto, dietro due fila di teste, ne vedo una particolarmente a forma di cazzo che vuole uccidermi.
- Dillo a me! Dillo a me!
Ah, ma è Diego Florente. Lo spagnolo con le braccia a forma di guerra mondiale. Non mi aveva mai rivolto parola. So che legge diversi libri a casa. Probabilmente fu lui ad insegnare il latino ai romani.
- Die' non sono cazzi tuoi!
- Ma ti fai parla' così da questo? Ma lo smonto!
- Oh, non sono cazzi tuoi, hai capito?
A questo punto sono molto confuso. Rischio parecchie botte e la ragazza ha completamente cambiato umore. Sto zitto. Mi sento tirare di nuovo, stavolta dalla tasca del cappotto. Mi rassegno alle botte, è destino.
- Vieni, vieni!
È Michela invece, un'amica che chiama dal paradiso. Il paradiso è a due posti più avanti. Mi destreggio tra qualche cadavere e qualche risata. Riesco a scappare. Michela è davvero una brava ragazza. Un giorno arriverà molto più lontano con questo pullman. Ha un parca sulle gambe. Porta un maglioncino scollato. Cerco di non guardarlo troppo.
- Ma che fai? Sei scemo?
Il suo tono è serio, ma sotto le ciglia nere sta ridendo.
- Pensavo ti stessi annoiando. Non ti è piaciuto?
- Che scemo...
- Non ha molta fantasia
- Senti, come si chiama la pazza?
- Non lo so... Però mi piace
- Ah, sono così fortunato ad avere amici del genere
- Che c'è? È una che si fa i fatti suoi. È una giusta.
- È una giusta... ok.
Michela guarda molti film. Principalmente commedie adolescenziali americane. Principalmente tradotte male. Tendenzialmente pessime. Gusti. Frasi del genere solo il risultato. Mi accorgo che ho ancora il respiro affannato. Sono troppo agitato. È il momento di fare l'idiota. Mi siedo su Michela, che prova inutilmente a spingermi via.
- Levati deficiente, pesi!
- Dai ti prego, sono stanco!
- Ti ammazzo appena caliamo!
- No, ti voglio bene Michiiii!
Ridiamo come due idioti. Non mi importa più niente della stronzettina rossa. Direi che mi sono distratto abbastanza, ma secondo la mia amichetta no. Mi infila le unghie in mezzo alle costole con una cattiveria nera. Più rossa in effetti, per lo smalto. Scivolo d'istinto sul posto di fianco. Il mio istinto è un campione. Finisco in braccio ad un ragazzo con gli occhiali
- Oddio!
Mi alzo meglio che posso, tirando qualche gomitata alla carnefice e scappo di nuovo, stavolta per la vergogna. Questo viaggio è interminabile. Domani tornerò alla mia comoda routine.Finalmente arriviamo. Scendiamo con una lentezza dolorosa. Fuori dal pullman aspetto qualche secondo per riprendere fiato, mentre un fiume di persone mi passa davanti. A quest'ora piazza Merini è talmente affollata, rumorosa, viziata. Non sono abituato. Non sono sicuro che mi piaccia. Mi passa davanti anche il tipo di prima con gli occhiali. Si volta.
- Ehm... scusami...
- No! Scusami tu, non l'ho fatto apposta, facevo lo scemo, cioè-
- Aspetta non hai capito... Conosco la ragazza di prima.
- Come?
- È mia sorella. Si chiama Maya...
- Cazzo.(Sì. L'hai detto. Bel colpo!)
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Io non mi chiamo John (Do - Re - Mi)
Romance"Non ti conosco affatto." A questo punto baciarmi dovrebbe essere il suo ultimo pensiero...