t h r e e

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[ ero libera di tornare a casa. [...] non mi toccò nemmeno. I miei pensieri erano fissi su Richard, o almeno quello che pensavo fosse il suo nome. ]




















Caro diario, quello che accadde dopo quell'incontro in ospedale fu molto strano.
Ritornai alla mia vecchia vita, proprio quella che mi era sempre piaciuta così tanto e in cui mi trovavo così a mio agio. Ripresi a svegliarmi abbastanza presto ogni giorno, e a prepararmi come di routine ogni mattina. Continuai a scendere le scale di casa e ad andare al negozio. Ritornai a lavoro, e nonostante avessi ancora quella scomoda ingessatura, mi davo comunque da fare per quanto possibile. Piano piano il mio braccio migliorò, e ripresi anche il mio lavoro senza alcuna variazione.

La mia vita era tornata a quella di prima, ma la mia mente ormai non poteva più farlo.
Tutto ciò che prima mi faceva stare tranquilla e mi dava sicurezza era improvvisamente diventato un peso. Un enorme peso che mi portavo dietro ogni giorno, che mi faceva sembrare un macigno ogni mio singolo gesto ripetitivo e ogni azione abituale.

Ero in cerca di qualcosa: la mia mente, il mio sguardo, le mie mani fremevano al pensiero di qualcosa di nuovo che arrivasse nella mia vita per spezzare quella monotonia che d'un tratto sembrava non andarmi più giù.
Quello che non realizzavo era che non aspettavo niente di nuovo, ma soltanto qualcosa, o per la precisione qualcuno, che avevo già avuto modo di incontrare.

Questo non lo compresi subito, però. Me ne accorsi precisamente durante un primissimo pomeriggio. Non ricordo che giorno fosse, ma solo che mi trovavo in negozio. Era una giornata insolita: durante le prime ore del pomeriggio non aspettavamo mai nessun cliente, eppure quel giorno diverse persone avevano già varcato la soglia del nostro locale. Non mi stupii quindi all'arrivo di nuove persone. Ero intenta a preparare gli strumenti per dedicarmi al cliente seduto nella poltrona di fronte a me, che attendeva paziente la sua nuova acconciatura.

La porta a vetri si aprì, facendo tintinnare la piccola campana appena al di sopra di essa.
Non alzai lo sguardo.
Avevo appena preso le forbici in mano, quando venni fermata da una voce familiare.

"Ehi, ma..."

Mi voltai, gli occhi sbarrati per lo stupore.

"...sei tu?" continuò la voce.

Indovinato. Era lui.
Definirmi incredula in quel momento sarebbe stato poco. Non riuscivo a concepire come quelle infinitesimali possibilità perfino di incrociarlo di sfuggita si fossero combinate tutte insieme per portarlo al mio negozio. Roba da restarci scettici davvero.
Sorpresa a parte, il ragazzo dell'ospedale si trovava sulla mia soglia, accompagnato da un suo amico.
Non sapevo cosa dire. Si Richard sono proprio io, quella dell'incidente!!!, non sapevo nemmeno se quello fosse davvero il suo nome.
Dopo qualche frazione di secondo che sembrò un'eternità nella mia testa, risposi:

"Sei davvero tu?"

Rispondere ad una domanda con un'altra. Geniale. Che pensata davvero geniale, complimenti.

Rise leggermente.

"Si sono io, Richard, dell'ospedale!"

Bene, pensai, almeno so per certo il suo vero nome. Gli stava bene addosso, e mi piaceva come suonava, soprattutto su di lui. Ero pervasa da un senso di familiarità al punto da dovermi trattenere per non andare lì ad abbracciarlo.
Ripresi l'argomento e gli chiesi se stesse bene, dopo l'ultima volta che ci eravamo visti.

"Oh si, tutto bene. Nulla di grave, mi hanno solo tenuto in osservazione per controllare se avessi subito qualcosa, ma tutto alla grande. Tu piuttosto! Il tuo braccio è tornato!"

Sorrisi al ricordo del suo volto preoccupato di qualche settimana addietro. E anche alle sue premure in quel momento.
Il ragazzo dietro di lui tossì leggermente. Richard sembrò ricordarsi come all'improvviso della sua presenza.

"Che stupido, mi sono scordato di presentarvi! Lui è Alan, ma lo avrai sicuramente sentito nominare come Rory Storm." Sorrisi stringendogli la mano.
"Alan, lei è.."
e all'improvviso si bloccò. Non conosceva il mio nome. Non avevo mai avuto modo di presentarmi. Buffo.

Colsi l'occasione.
"Maureen, il mio nome è Maureen, ma chiamatemi pure Mo". Sorrisi.

"Chiamami pure Ringo, allora"
Ringo. Un po' strano, pensai. Ma in uno strano modo gli si addiceva.

Notai che fosse alto all'incirca quanto me. Il che lo rese ancora più adorabile ai miei occhi.
Non riuscivo a smettere di sorridere. E nemmeno lui accennava a farlo.



Alan, o Rory, si accomodò in una delle poltrone, e uno degli altri ragazzi che lavoravano al negozio con me si rivolse subito a lui. Ricordai a malincuore di avere anch'io un cliente in sospeso.
Ringo mi seguì, e mentre mi dedicavo al mio lavoro restò accanto me e chiacchierammo del più e del meno. Parlare con lui era naturale, come se fossimo stati conoscenti da una vita intera. La sua voce calma e tranquilla accompagnava le mie mani, che si muovevano ormai abituate ed esperte, sapendo già cosa fare nonostante la mia attenzione fosse totalmente verso Ringo. Dentro di me scorreva un'euforia tale che sentivo di scoppiare da un momento all'altro, desiderai di restare così per ore. Persino il modo in cui pronunciava e scandiva ogni lettera, ogni sillaba, ogni parola, fosse stata anche la più insignificante, era oro per me, e ne restavo incantata.

Io e il mio collega finimmo quasi contemporaneamente il nostro lavoro. Rory raggiunse Ringo accanto a me. Capii che stavano per uscire. E capii anche che non lo avrei rivisto se non grazie ad un altro improbabile colpo di fortuna.
Ringo sembrò leggere i miei pensieri quando disse:

"Non te l'ho detto prima, ma io e Rory suoniamo in un gruppo. Il suo gruppo. Questo fine settimana ci esibiamo al Cavern, se vuoi venire ad ascoltarci non potremmo che esserne felici"

Ringo suonava. Era un musicista. Avrei voluto vederlo e ascoltarlo suonare già in quel momento, senza nemmeno conoscere il suo strumento. Avrei voluto scoprire non solo quello, ma davvero tutto di lui. Sentivo questa strana spinta verso di lui, e verso tutto ciò che rappresentava per me anche se da così poco tempo. Sentivo questa attrazione per il nuovo, per l'ignoto e lo sconosciuto, una ventata fresca nella mia vita, da prendere in pieno e al volo, da assaporare, da buttarmici a capofitto senza preoccuparsi di vie d'uscita, farmi travolgere e scombussolare senza ritrovare l'orientamento.

Accettai senza esitazioni, e dopo esserci salutati, i due ragazzi lasciarono il negozio. Lo guardai andare via. Non ero triste, non ero malinconica. Perché sentivo che era un nuovo inizio.

Conclusi la giornata di lavoro con la testa persa fra le nuvole. La sera, una volta arrivata a casa, dopo tutto il vagare dei miei pensieri, una cosa sapevo per certa: sarei andata a vedere il gruppo di Rory. E non per lui, ma per Ringo.






















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vi lascio con un nuovo capitolo, fatemi sapere se vi piaceeee

all the love,
marta

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