Capitolo 4

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Dominic

<Avanti, su. Lo vuoi colpire sto cazzo di sacco. Non ti mangia. Dai, avanti> sbatto le mani cercando di invitare il mio cliente, nonché fratello.
Deve allenarsi per una gara e credeva di farla franca venendo qui e conoscendomi ma gli sto dando il ben servito.

<Basta, non ce la faccio più, è da 5 ore che ci alleniamo> mette le mani sulle ginocchia e cerca di respirare.
Effettivamente è già calata la sera e sono le sette e mezza. La palestra è completamente vuota dato che oggi è martedì e la chiudevo prima ma siamo rimasti oltre l'orario di chiusura per allenarci.

<Muoviti femminuccia, ti aspetto in macchina> metto la maglia, tanto la doccia la farò nella mia nuova casa.
È stato un colpo di fortuna trovare quella stanza a così poco prezzo e così vicino alla palestra.

Non avevo intenzione di comprarmi una casa tutta per me, tanto non ci sarei stato molto e così appena ho visto l'annuncio sul sito l'ho acchiappato al volo.

Mi sono trasferito da Chicago, ho dovuto affrontare circa ventiquattro ore in treno. Ma tutto pur di andare via da lì.
Quella città, quei ricordi mi stavano soffocando. Era come se ci fosse sempre qualcuno che mi premesse un cuscino impedendomi di respirare correttamente.

Devo dire che fino ad adesso mi trovo bene. Certo non sono qui da tanto ma per adesso tutta procede alla grande.

<Cammina cazzone e la prossima volta che mi fai sfinire per altre cinque ore non ti parlo più> mi guarda serio mentre si sistema i capelli umidicci.

<Sai che perdita> commento con un sorriso.

<Vaffanculo> abbiamo sempre avuto un rapporto strano io e mio fratello Kevin.
Abbiamo semore litigato ma alla fine siamo l'uno il porto sicuro dell'altro.
Non so come avrei fatto sinceramente senza di lui in questi anni.

<Allora come ti trovi? > mi domanda interessato.

Un ghigno si forma sulla mia faccia mentre il mio pensiero corre alla piccola Ruby.
Al suo viso angelico e al suo corpo magnifico. Mentirei se dicessi che non ho fatto pensieri poco casti su di lei, sono sempre un uomo però non mi permetterei mai di fare una cosa del genere. Sono ospite in quella casa e per quanto gli appellativi stronzo e bastardo mi si addicano proprio non lo farei.

Ho già i miei di problemi ci manca solo che vengo sfrattato perché mi sono scopato la piccola di casa.

<Bene> diretto e coinciso rispondo alla sua domanda.
Annuisce senza dire altro.

Lo lascio alla a casa sua e parto nuovamente.

Il pensiero corre a lui. E a quello che è successo per colpa mia. Non diceva andare così e ne sono consapevole. Ma la vita a volte è proprio stronza, ti prende per il culo e ti leva tutto in un colpo solo, facendoti solo desiderare di morire.

Parcheggio l'auto e entro a casa. Fortunatamente Dorian mi ha dato una copia delle chiavi in modo tale da poter entrare e uscire quando voglio.

Salgo le scale e lancio uno sguardo alla porta di Ruby, che è aperta e mi lascia vedere la sua figura distesa a pancia in su mentre con una penna si picchietta il mento pensosa.

Appena mi vede mi lanci uno sguardo e non mi saluta.
<L'educazione non te l'hanno insegnata? Si dice che quando una persona arriva bisogna salutarla non ti pare?> mi appoggio allo stipite della porta mentre mi tocco il labbro inferiore.

<Potrei chiedere la stessa cosa a te. Si dice che quando una persona sale le scale l'altra non le debba guardare il culo> afferma. Alzo gli occhi al cielo.

<Touchè> gliela do vinta mentre mi avvicino sorridendo.
Allungo la mano mentre lei aggrotta le sopracciglia.

La invito a stringerla.
<Piacere, sono Dominic un uomo che non guarda i culo delle ragazze mentre salgono le scale> cerca di trattenere una risata per il modo buffo in cui ho pronunciato la frase.

<Ricominciamo daccapo? Isomma dovremmo vivere sotto questo tetto entrambi quindi... > lascio in sospeso la frase mentre mi ripeto che sto cercando di avere un rapporto civile per evitare di perdere quelle quattro pareti.

<D'accordo> mi stringe più forte la mano mentre io la ritraggo e fisso le sue labbra.
Mi schairsco la gola ed esco.

<Dom> mi irriggidisco di botto e divento per un secondo una statua di granito. 
Ruoto la testa e le lancio uno sguardo gelido.

Mi fissa per un istante e poi abbassa lo sguardo mentre deglutisce.

Sembra stia per vomitare.
<Stai bene? > mi avvicino mentre lei si alza e corre verso il bagno.

La vedo uscire dopo una manciata di minuti.
<Scusami è che non sto molto bene, forse ho un po' di influenza> annuisco perplesso e me ne vado.

Dom. Nessuno mi chiama più così da tanto, troppo tempo. Ancora ricordo la sua voce mentre lo pronunciava. 
Metto a tacere i ricordi e mi perdo nel calore dell'acqua della doccia.

Non è molto lungo ma volevo farvi leggere qualcosa su Dominic.
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