Una di quelle

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UNA DI QUELLE

Quando sono andato via da casa di Anna, avevo ancora la testa tra le nuvole.

Inutile dire che quella notte ho dormito poco. Non riuscivo a togliermi dalla testa quel bacio.

Dopo la volta allo spettacolo con Cosimo, avevo iniziato a farci seriamente un pensiero. Magari di invitare Anna a cena qualche volta, o andare da qualche parte insieme, non so... Sapevo però che si stava creando qualcosa, un'alchimia senza precedenti per me.

Sì, perché nemmeno con la mia futura sposa mi ero mai sentito davvero così, come quando sono con Anna. Non mi ero mai sentito così libero di essere me stesso, senza la paura di essere giudicato e cambiato.

Alcuni argomenti non li avevo mai affrontati nemmeno con Federica, se non altro non seriamente, come quello dei figli, per quanto possa sembrare paradossale. Figuriamoci lasciarmi coinvolgere in cose come quel festival.

Eppure con Anna è stato tutto molto naturale. Dopo una esitazione iniziale, quando lei ha detto che avrebbe partecipato non c'è voluto molto a far cedere pure me. Ha un ruolo istituzionale da difendere anche lei, ma per amore di quel bambino ha tralasciato la forma e reagito col cuore.

È stata una delle tante cose di lei che mi ha conquistato.

Una delle tante cose che vorrei dirle.

Peccato che però dal giorno dopo ne siano successe di tutti i colori, e quindi non sono ancora riuscito a parlarle in privato. Adesso è passato qualche giorno, e ancora niente. Ma io ho bisogno di parlarle.

Ormai è sera, si è fatto pure tardi e noi siamo ancora in ufficio. È quasi il momento di andare via, e io sto cercando il modo di ritagliare qualche minuto per poter affrontare l'argomento quando si presenta una donna, sicuramente dell'Est, per denunciare un'aggressione.

Anna la riceve nel suo ufficio, e io resto con lei.

La facciamo accomodare, poi Anna si appoggia alla scrivania, restando in piedi di fronte alla donna, in maniera più informale per metterla a suo agio. Poi inizia a farle delle domande con estrema delicatezza.

"Come ti chiami?"

"Oksana." Risponde la donna, piangendo.

"Chi ti ha ridotto così?"

"Un cliente... Sono una prostituta. Lavoro sola per me, forse è per questo che se n'è approfittato."

"Ma... era la prima volta che lo vedeva, quindi?" Domando io, cercando di usare un tono simile a quello di Anna. L'ultima cosa che voglio è spaventare ulteriormente questa ragazza.

"No... ma era già da un poco che... che non pagava. Allora io gli ho detto, 'se non paga io non lavoro', e lui mi ha picchiata." Fa per prendere un fazzoletto nella sua borsetta, facendosi sfuggire un libro, che Anna si affretta a raccogliere da terra. Lei glielo riprende immediatamente dalle mani. "So che è più facile giudicarmi che credermi, ma io ho paura!"

Anna la guarda per un attimo, poi si abbassa al suo livello per poterla guardare direttamente negli occhi.

"Oksana, io ti credo."

Non posso non ammirarla in questo momento. Posso solo immaginare vagamente cosa significhi, da donna, trovarsi in una situazione così.

"Sapresti descrivermelo?"

"All'inizio era una persona gentile, poi è cambiato. Diceva che se non facevo quello che voleva, poteva farmi del male. Fa un lavoro importante."

"Ti ricordi quale?"

'Magari le cose sarebbero andate in modo diverso...'Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora