Capitolo 1: Parabellum

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Capitolo 1: Parabellum

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Capitolo 1: Parabellum

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Maggio 1944

Quella notte era il nostro turno.

Non era tanto la paura di essere a scoperti ad accompagnare le nostre missioni, quanto più una spiacevole tensione che ci attanagliava lo stomaco e rendeva ogni passo più pesante e cauto. Avevo sentito di giovani che, alle loro prime missioni, credevano di vedere soldati tedeschi in ogni dove, appostati dietro ogni edificio, pronti a fucilarli al momento o peggio a portarli nei campi; io operazioni del genere le compivo sin da quando ero un ragazzino, accompagnato da contestatori politici più grandi di me, quando ancora non facevo parte di nessun gruppo organizzato.

Ljubo, il più piccolo tra noi, aveva lo stesso compito che assegnavano a me anni prima: noi lo osservavamo camminare lentamente, fumando una sigaretta che lo rendeva subito individuabile ai nostri occhi. Avvolto in un cappotto pulcioso più grande di lui, con i riccioli castani che sfuggivano dal cappello preso in prestito, era un semplice studente ungherese come tanti. Andava verso la stradina sterrata, che portava alle campagne di Budapest, per poi girare e tornare indietro verso di noi, per la strada che passava sotto al ponte e che invece conduceva alla parte più industriale della città.

Per un attimo abbassai lo sguardo, serrando le mani attorno al manico della tanica assegnata a me. Avevamo due taniche piene di liquido infiammabile per questa nostra missione di sabotaggio. Non c'era molto che un piccolo gruppo isolato della Resistenza potesse fare, ma non saremmo certo rimasti con le mani in mano.

"Non importa quante volte lo fai, hai sempre una paura mortale," sussurrai a Mikhail, che io chiamavo affettuosamente Misha, mio caro amico e compagno di ogni operazione da me compiuta; non sapevo bene come mettere a parole quella sensazione di ansia e attesa insieme.

Lui però non mi rispose, e io osservai per un attimo il suo profilo illuminato da un solo lampione ad olio, il volto pelle ossa e i capelli ormai cresciuti dall'ultima volta che li aveva tagliati; teneva gli occhi azzurri spalancati, fissi sul nostro compagno senza mai perderlo di vista.

I tedeschi usavano tenere i propri camion con provviste, armi e rifornimenti di ogni tipo sotto ai ponti, nascosti agli occhi dei civili mentre loro andavano a ubriacarsi nei nostri locali, prima di ripartire per la base nel centro della città.

Ognuno di noi aveva in tasca una fialetta di cianuro. Se venivi catturato e non ti giustiziavano al momento, c'erano buone possibilità che volessero torturarti per estorcerti delle informazioni. Il cianuro ti toglieva da quella scomoda situazione.

"Già," la risposta scostante di Misha arrivò dopo dei minuti di troppo, tanto da farla sembrare una semplice risposta di circostanza. Non avevo mai avuto problemi con la poca loquacità del mio compagno, in effetti i nostri caratteri si completavano a vicenda; però in momenti del genere parlare riusciva a farmi scaricare un po' la tensione.

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