Capitolo 4: Intermezzo su un'alleata austriaca

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Capitolo 4: Intermezzo su un'alleata austriaca

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"Sono arrivati? Siete tutti lì?" chiese una voce femminile. Mi pareva di averla già sentita da qualche parte ma non riuscivo proprio a ricordare dove. Aveva un che di familiare e sconosciuto allo stesso tempo.

Ci guardammo negli occhi tra di noi, confusi. Per essere un aggancio degli Alleati non sembrava mica così professionale, a giudicare dalle parole e dal tono usati.

"Sì, Frau Heimer, siamo tutti giunti a destinazione sani e salvi," replicò l'autista, facendosi strada tra di noi. Usava un tono formale persino per uno come lui, e il suo tedesco era un po' arrugginito: fortuna che la maggior parte di noi riusciva a comprenderlo e a parlarlo.

La porta si aprì lentamente, alcuni di noi avevano già capito di chi si trattasse e sembravano quasi agitarsi. Prima di vedere la donna che ci avrebbe nascosti e riforniti di provviste e armi sentimmo qualche passo aggraziato, delicate scarpette da donna contro il materiale metallico della scaletta.

Fu proprio dopo pochi secondi che riuscimmo tutti a vedere la figura della nostra salvatrice. La fissavamo con gli occhi sbarrati, e lei restò per qualche secondo immobile, sopra di noi, come fossimo in un tempio greco e avessimo una divinità davanti.

Edel Heimer ci studiò per qualche secondo uno ad uno, occhi azzurrognoli incuriositi e circondati da trucco nero che esaltavano ancora di più quel colore così delicato.

"È un onore avervi qui," continuò, mentre un sorriso si delineava lentamente sulle sue labbra piccole. Nessuno osava fiatare. "Anche voi prenderete parte alla rivolta di Varsavia, giusto?"

Chi lo avrebbe mai detto che anche una come lei, famosa cantante austriaca particolarmente apprezzata in Germania, trasmessa in numerose radio e con all'attivo centinaia di esibizioni per numerosi jazz club europei, potesse essere capace di fare domande di circostanza. E in una situazione del genere, poi.

"Sì, tutti noi," stavolta fu Misha a rispondere, indicando il resto del gruppo con un gesto del braccio.

Mentre Edel riprese a scendere la scala, noi ricominciammo a parlare. C'era un brusio ancora più forte di prima, con l'autista - Gábor, finalmente ci comunicò il suo nome - che cercava di alzare la voce per farci ricomporre, senza però sembrare scortese, altri che si interrogavano sul proseguimento della missione, altri ancora che si domandavano se fosse opportuno fare i complimenti a Edel.

"Frau Heimer, non la ringrazieremo mai abbastanza per averci accolti e per tutto ciò che farà durante la nostra permanenza", esclamò finalmente Gábor, avvicinandosi alla donna, che sorridendo chinò appena la testa in segno di riconoscenza.

"I Paesi Alleati ringraziano voi tutti per ciò che fate e continuerete a fare per la libertà."

Parole sentite, ma pronunciate come non fossero altro che una pura formalità; mi fecero uno strano effetto.

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