Capitolo 5

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Mi sono sentita a casa

Erano esattamente le dieci e quindici del mattino, New York sembrava ancora più viva in quell'orario e i colori dell'inizio autunno, la facevano sembrare ancora più colorata e vivace.

Mi sarebbe piaciuto prendermi un giorno libero dal lavoro, mettere nella borsa il mio blocco da disegno ed andare in centro città, infilarmi un paio di cuffie per eliminare il rumore del traffico aggressivo e lasciarmi trasportare dal ritmo della musica, dando la possibilità alla mente di navigare imperterrita sul foglio bianco. Poi una riga, un altra e poi un'altra ancora. Gli ingredienti perfetti per qualcosa di meraviglioso, non il disegno in se, ma la sensazione di leggerezza che ti avvolge mentre sei libero di esprimerti come meglio ritieni, non hai limiti, ne regole, ci sei soltanto te e la tua arte.

<stai bene?> mi chiese Sten mentre uscimmo dal taxi. Ero talmente concentrata tra i miei pensieri che mi dimenticai completamente di cosa stavamo parlando.

<si, ero solo soprappensiero> gli feci vedere un dolce sorriso e lui mi si avvicinò togliendosi dalla strada. Mi venne spontaneo sorridere. Indossava ancora la giacca che gli avevo dato qualche ora prima. Quel colore nei toni del marrone, che indosso a lui stava dannatamente bene.

<è questa?> indicò la casa davanti i nostri occhi, ma scossi la testa all'istante.

<no, qui abita una signora anziana a cui sono particolarmente affezionata, ma purtroppo in questo periodo non sta molto bene a causa della sua malattia.> mi soffermai un attimo ad osservare il palazzo. <mi ha fatto da baby sitter quando ero più piccola, così ogni tanto la vengo a trovare e tra i libri che dovevo ritirare c'è n'era uno anche per lei> tirai fuori dalla borsa un volume della seconda guerra mondiale, rilegato in pelle e velluto, chiuso da una solida cerniera in metallo. Aveva un'aria consumata, ed era evidente che quel libro avesse qualche anno.

<ma non avevi detto di non poter prendere libri senza la tessera?> mi guardò con tono accusatorio, come se volesse sgridarmi. <l'hai rubato?>

<ma cosa stai dicendo, non l'ho rubato, non lo farei mai.. l'ho solo..>

<preso in prestito?> finì lui incrociando le braccia al petto.

<esatto!> sorrisi, ma poi mi accorsi del suo viso tutt'altro che divertito. <avanti Sten non giudicarmi, l'ho fatto per una buona causa> lui roteò gli occhi, nel profondo sapeva anche lui che avevo preso il libro per fare del bene. Mi avvicinai all'entrata della casa.

<ti devo chiedere di aspettare qui, so che non è carino ma i figli della signora preferiscono che venga a farle visita da sola, spero che non sia un problema> lo osservai, sperando non reagisse male. Lui fece tutto il contrario di quello che mi aspettassi. Mi accennò un sorriso e annuì con il viso in modo tenero, così delicato e dolce da farmi sciogliere.

<se vuoi ti faccio entrare, ma devi rimanere all'entrata, e spera solo non ci siano i figli> feci una smorfia, ripensando al figlio maschio della donna, simpatico si, non posso dire nulla, ma Dio, ogni volta, quando gli stavo accanto mi sentivo sempre così a disagio sotto i suoi occhi. Niente a che fare con Sten, i suoi occhi blu, il suo modo di porsi, mi faceva desiderare ogni secondo di stargli più accanto.

Presi dalla borsa la chiave e aprii la porta.

<ti hanno dato anche la chiave?> mi scrutò lui confuso, ma allo stesso tempo divertito, mentre cercai disperatamente di aprire la porta. Non ne voleva proprio sapere di aprirsi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 02, 2020 ⏰

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