Tutte le storie degli Hero iniziano quando erano ragazzini. Parte tutto da li, dalla prima volta che si sono buttati nell'azione. In molti, quando gli chiederai di descrivere cosa era successo, ti risponderanno: "Non ci ho neanche pensato, il mio corpo si è mosso da solo."
Esattamente. L'istinto dell'Eroe. Così lo chiamo. La tua mente non è collegata, come se fosse un istinto primordiale.
In un mondo dove l'ottanta percento della popolazione mondiale dispone di un Quirk, un'abilità speciale che ti distingue da tutti gli altri, la criminalità aumentò vertiginosamente con la comparsa di questi superpoteri. A opporsi ai criminali è arrivata la figura dell'Hero, un supereroe come quelli dei fumetti. Con il tempo questa professione si ritrovò sotto le luci della ribalta.
Io sono Samantha Takahashi, una ragazza come tante, e questa è la mia storia.
***
Nata il 27 Giugno dell'anno 2179, a Kanagawa, vicino a Tokyo.
Figlia di un pittore e di una cantante.
A quattro anni si è manifestato il mio quirk, 3D. Lo stesso di mio padre. Grazie al mio indice, la cui punta è tramutata in una penna, disegnando su qualunque superficie ciò che disegno diventa reale per un certo periodo di tempo. Posso creare solo cose inanimate.
Sia per via della mia unicità, sia grazie a mio padre, ho imparato a disegnare fin da piccola.
Non volevo diventare un Hero. Li ammiravo molto, ma non provavo il desiderio di essere come loro.
Un giorno, all'età di 5 anni, mentre stavo giocando in camera mia, mi chiamarono al piano di sotto. Scesi e mi ritrovai di fronte ad una strana scena. La mamma parlava con un signore alto e muscoloso, e al suo fianco si trovavano 4 bambini. Io rimasi lì a fissarli. Sembravano 4 fratelli. Il più alto doveva avere sopra i 13 anni, e aveva i capelli rossi. Il secondo aveva i capelli bianchi con delle ciocche rosse. La stessa cosa per la terza. Il quarto era proprio strano. Aveva i capelli per metà rossi e per metà bianchi, e una benda che copriva l'occhio sinistro.
Quando il signore ebbe finito di parlare con la mamma, salutò i bambini e se ne andò. Solo allora notai le valigie vicino alla porta.
Mio padre si accorse di me.
Papà: Samantha, tesoro. Questi sono i fratelli Todoroki. Touya, Natsuo, Fujimi e Shoto. Sono amici di famiglia. Staranno da noi alcuni giorni perché loro padre ha delle questioni da risolvere.
Io li squadrai, loro mi squadrarono. Quindi avrei avuto dei coinquilini... mhmm.
Mamma: Hanno portato le loro cose, e staranno nella stanza degli ospiti.
Detto questo prese due delle valigie e fece cenno ai nuovi arrivati di seguirla. Così feci anche io.
Sistemarono gli oggetti nella stanza.
Mamma: Sam, fai un po' amicizia e magari fagli vedere la casa. Il più piccolo ha la tua stessa età.
E se ne andò. Io rimasi in piedi sulla soglia della stanza a fissare i bambini.
Samantha: Si può sapere perché siete venuti qui?
Il più grande mi squadrò.
Touya: Non ti riguarda mocciosa.
Sam: Guarda che anche tu sei un bambino!
Touya: Non ti riguarda in ogni caso.Me ne andai dalla stanza. Non avrei mai fatto amicizia con dei tipi come loro.
Entrai in camera mia e mi misi a giocare con le bambole. Ero talmente concentrata che non sentii qualcuno che si sedeva vicino a me è prendeva una bambola in mano.
Appena me ne accorsi mi girai di scatto. Di fianco a me c'era il più piccolo. Stava esaminando attentamente quella barbie.Shoto: Scusa per mio fratello. Lui è scontroso con tutti.
Samantha: Tranquillo.
Shoto: Comunque io sono Shoto Todoroki.Mi porse la mano, e io gliela strinsi.
Samantha: Io sono Samantha Takahashi. Piacere.
Sorrisi. Mi aspettavo che ricambiasse, ma non succedeva niente.
Samantha: Non sorridi?
Gli tremava il labbro. Abbassò la testa e gli scese qualche lacrima. Intervenì Fujimi. Lo prese per la mano e lo portò nell'altra stanza. Mi avvicinai alla soglia e sbirciai dentro. Stavano piangendo tutti e quattro.
L'istinto mi diceva di andarmene, ma per sbaglio inciampai sullo stipite della porta e caddi.
Mi rialzai massaggiando i gomiti, che avevano risentito maggiormente della caduta. Ormai qualunque tentativo di fuga sarebbe stato vano. Allora decisi di chiarire i miei dubbi. Mi raccontarono tutto quanto.
Loro padre, il Number 2 Hero Endeavor, era sempre stato ossessionato dalla brama di diventare il migliore degli eroi. Quando i suoi tentativi si mostrarono vani, decise di mettere in atto un matrimonio di quirk. Sposò una donna con un potere di ghiaccio e cercò di ottenere con lei un figlio che manifestasse entrambi i quirk, che potesse essere il più forte. Al quarto tentativo riuscì. Nacque così Shoto, bambino perfettamente a metà. Venne sottoposto ad un duro allenamento, e la madre si sentiva in colpa per il piccolo.Non riusciva a sopportare la vista di suo figlio costretto a diventare ciò che il padre aveva deciso per lui. Andò fuori di testa. Una sera Shoto entrò in cucina, e la madre era nel pieno di una crisi di nervi. Rovesciò l'acqua bollente per il te sull'occhio destro del bambino, ustionandolo. La madre fu mandata all'ospedale psichiatrico. Ora il padre avrebbe dovuto sistemare la situazione, quindi aveva affidato per alcuni giorni i propri figli a degli amici.
***
Sono tuttora scioccata per il comportamento del padre di Shoto. Non ho mai concepito l'idea di un figlio come mezzo per uno scopo.
Durante la settimana passata in compagnia della famiglia Todoroki, feci amicizia con tutti loro.
Anche dopo la fine del soggiorno continuai a frequentarli regolarmente.
Feci particolarmente amicizia con Shoto. Nonostante il padre diffidasse degli altri bambini, in qualche modo sentiva che di me ci si potesse fidare, forse data l'amicizia con i miei genitori.
Diventammo migliori amici.
Passammo anche le medie insieme. Credevo che in qualche modo la possibilità per Shoto di avere qualcuno con cui confidarsi.
Fino a quel giorno.
Ero in terza media, era la pausa pranzo e non trovavo Shoto da nessuna parte. Durante la giornata era sembrato particolarmente cupo, e non mi aveva rivolto molto la parola. Ero decisa a chiarire.
Mi diressi sul tetto, dove si trovava un piccolo spazio ricreativo. Rimasi sconvolta.
Lui era sul bordo della ringhiera, con le spalle rivolte verso il vuoto. Attorno a lui si erano radunati alcuni ragazzi, con gli occhi pieni di panico.
Cercai di farmi spazio tra di loro per raggiungerlo. Lui si accorse di me, mi guardò negli occhi. Erano rossi e pieni di lacrime.
<Mi dispiace, Sam.>
Io urlai qualcosa per tentare di fermarlo. Mi lanciò un ultimo sguardo.
E si lasciò cadere.
Sentii uno strano calore pervadermi il corpo, e dopo il buio.
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Supernova - A MHA OC STORY
Fanfictionsupernova /su·per nò·va/ sostantivo femminile In astronomia, stella che esplode e raggiunge una magnitudine assoluta da -15 a -20; la nube di gas espulsa si espande con velocità dell'ordine del migliaio di chilometri al secondo andando ad arricchire...