Strinse le dita con quelle della mano sinistra, per poi districarle e ricongiungerle nervosamente, intrecciandole di nuovo. Ingoiò rumorosamente quando vide la maniglia di plastica bianca abbassarsi, svelando oltre la porta la figura del dottor Smith, il neurologo che si stava occupando del suo caso da quando era stato ricoverato d’urgenza il mese addietro. Il camice bianco gli risaltava ancor di più l’incarnato pallido, riflettendosi nelle iridi celesti insieme all’irritante luce al neon della stanza, così abbacinante ed opprimente da rendere Levi più agitato di quanto potesse essere in una sala differente.
Se sbatteva le palpebre quella luce gli si imprimeva nel cervello e mozziconi di ricordi lo rintronavano da cima a fondo, come fari di un’auto sparati nelle pupille.
O forse erano memorie autentiche, proprio di quell’incidente che gli aveva strappato a petto aperto il cuore.L'uomo si sedette e, dopo un lungo istante di attesa, sollevò il volto e lo raggelò seduta stante con quella solita espressione amimica, che poteva far presupporre al presente di possedere il peggior malanno incurabile della storia dell’umanità. Il fiato gli si strozzò in gola in quel momento, e rincominciò a respirare solo quando il dottore prese la parola, atono e perentorio.
-Signor Ackerman, dai risultati della tac e della risonanza magnetica non si è evinto nulla di preoccupante, quindi, almeno da questo punto di vista, può essere tranquillo.- iniziò, con una delle tipiche ed articolate espressioni che sembravano volessero condurre il paziente dalla parte opposta della speranza, sebbene potessero essere informazioni rincuoranti. -Eppure...- sfogliò le lastre ripetutamente, come se fosse profondamente impensierito da ciò che stava per dire. -… è chiaro che si tratti di un evidente shock post-traumatico da stress, una vera e propria amnesia. Ed è per questo che le voglio-
-Cosa?- gracchiò mestamente Levi, appoggiando il volto fra i palmi ed indirizzando lo sguardo sulla punta logora dei mocassini cacao, gli occhi vacui ed una sensazione di gelo che si estendeva a perdita d’occhio nella sua anima. Era bloccato, un fottuto automa, un arnese arrugginito, inutile ed incapace di svolgere le mansioni correttamente.
Il medico sospirò, simulando un’afflizione che, Levi lo sapeva più che bene, non stava minimamente provando, per poi inserire le lastre in un’esile cartellina bianca, nella quale lasciò scivolare anche un bigliettino che aveva sfilato dalla tasca del camice lindo.
-Mi ascolti, Signor Ackerman, qui dentro c’è anche il numero del miglior terapeuta che io conosca, perché solo uno psichiatra può aiutarla in questo frangente, visto che non è un campo di mia competenza. Ha sentito?-Levi aveva udito tutto. Aveva ascoltato e aveva processato le informazioni come pillole insapori che era stato costretto ad ingerire contro la sua volontà, a bocca aperta e senza possibilità di appello. Era colpa sua se non ricordava, quindi? Se si fosse trattato di un danno neurologico forse l’avrebbe presa con maggiore filosofia, come ennesima dimostrazione di quanto fosse infima come persona e meritevole di quella punizione dopo ciò che era successo.
E invece no. Non stava ricordando volontariamente. C'era un che di sadico nella sua testa da non dargli neanche la concessione di elaborare razionalmente l’accaduto, un mostro dalla perfidia indiscussa che lo stava rendendo schiavo di uno sconforto senza eguali, di un peso che lo opprimeva ogni giorno di più. E tutto era imputabile solo a se stesso.Levi non disse nulla. Si alzò e si diresse tacitamente verso la porta, superandola e camminando fra i corridoi che puzzavano di candeggina con la cartellina stretta fra le braccia, come se la chiave dello scrigno fosse celata al suo interno. Come se tutte le risposte fossero contenute in quel pezzo di carta, che non era nient’altro che la firma di un misfatto che portava cucito nella testa.
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Strangers again
FanfictionTUTTI I DIRITTI RISERVATI Dal testo: -Ma se ora inizio a colloquiare con lei, non saremo più estranei.- mormorò il corvino, il nervosismo che aveva lasciato posto ad un respiro lento e regolare. -Forse ha ragione.- iniziò l'uomo. -Ma potremmo sempr...