Chi non è mai stato ferito, non può comprendere il dolore. Questo era il pensiero che Levi portava con sé, prontamente armato contro chiunque avesse voluto dimostrargli il contrario. Perché gli sembrava così ovvio, così logico collegare quei due concetti, che mai nessuno avrebbe potuto confutare una convinzione del genere. Ecco cosa stava pensando Levi nel placido silenzio notturno del parco, il lago che aveva assorbito come una tela la luce gialla dei lampioni, mentre le loro silhouette danzavano all'incresparsi dell'acqua.
Chi non ha mai perso, non può comprendere la mancanza, pensò poi, stringendosi nelle spalle quando un sospiro del vento si insinuò sotto la giacca grigio perla.
-Non ti sembra che stiano quasi ballando?-
Quasi balzò in piedi quando la profonda voce dell'uomo, che ora gli sorrideva gentilmente guardandolo dall'alto, pizzicò dispettosa la bolla di quiete dalla quale era stato avvolto, e che aveva sperato fosse infrangibile. Ma quell'individuo era sempre lì, presente, maledettamente presente quasi in modo invadente, come se sul percorso della sua vita qualcuno avesse deciso di inserire una pedina in più. Eren Jaeger era quella pedina, e ancora non aveva capito se le sue improvvise comparse fossero casuali o meno. Casuale come l'incontro al parco, casuale come la discussione in un locale che l'aveva letteralmente attirato a sé. E lui aveva sempre risposto ubbidiente, lasciandosi guidare dalla parte inconsapevole di se stesso, custode di un segreto che non voleva che salisse in superficie.
Ed eccola lì, la parte ubbidiente volgere il capo verso di lui, del tutto autonoma e con le iridi calamitate dal volto sorridente di chi lo attraeva in modo irrazionale, al punto tale da esserne quasi spaventato. Inoltre, da quando aveva fatto la sua conoscenza e aveva iniziato la terapia con la dottoressa Cinders, gli sembrava quasi che il pensiero di volerlo ricontrare lampeggiasse nella sua testa a tutte le ore del giorno e della notte, senza concedergli un attimo di tregua.Lui era sempre lì.
Si soffermò sulla curva dolce delle labbra piene e sbatté piano le palpebre, incamerando l'immagine di quell'individuo nella memoria come un affamato, cibandosene per provare quell'ambiguo sollievo che seguiva i loro incontri. Poi reindirizzò lo sguardo dinnanzi a sé, e congiunse la punta dei mocassini di camoscio blu.
-A cosa ti riferisci?- chiese con la bocca occlusa dall'avambraccio poggiato pigramente sul ginocchio, nella grottesca imitazione del sé adolescente e spensierato di una volta. Che nostalgia, a pensare a quei tempi.
Eren sollevò l'indice verso la superficie del lago, per poi accomodarsi di fianco a lui, accavallando le gambe dinnanzi a sé sull'erba morbida e umida. -I lampioni. Una volta qualcuno mi disse che sembrava stessero danzando, ed è vero. Non ci avevo mai fatto caso prima di allora.-
Quella persona doveva aver pensato come Levi, allora, visto che era stata la prima cosa che aveva notato quando aveva conosciuto quel parco. Ma non lo disse, perché quello stesso sollievo che provava quando era in compagnia di Eren, si affiancava ad un'inquietudine notevole che non riusciva a zittire, data da tutte le assurde coincidenze che li avevano portati ad avvicinarsi.
Forse, invece, avrebbe dovuto dirglielo, avrebbe dovuto dare la conferma a quel tipo che molte cose li accomunassero, che persino le esperienze, le cui protagoniste erano altre persone, fossero ambiguamente simili. Che tutto sembrava fosse stato creato a misura per loro, finanche i pensieri, persino le parole che avevano perso la loro spontaneità. Le frasi di Eren erano in grado di anticipare qualunque sua riflessione, di darle adito anche se non aveva aperto bocca.Avrebbe potuto dire che si trovava d'accordo con quella persona, avrebbe...
-Non direi.- soffiò, lasciando che la gamba scivolasse di fianco all'altra e portando le mani in grembo. Le guardò, pallide e consumate.

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Strangers again
FanfictionTUTTI I DIRITTI RISERVATI Dal testo: -Ma se ora inizio a colloquiare con lei, non saremo più estranei.- mormorò il corvino, il nervosismo che aveva lasciato posto ad un respiro lento e regolare. -Forse ha ragione.- iniziò l'uomo. -Ma potremmo sempr...