10- 𝑠𝑏𝑎𝑔𝑙𝑖𝑎𝑟𝑒 𝑒̀ 𝑢𝑚𝑎𝑛𝑜

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Lentamente si abbassò iniziando a raccogliere i pezzi di vetro sparsi sul pavimento, il cuore stretto in una morsa troppo dolorosa per lui, odiava l'amore, lo aveva sempre odiato.

Buttò i vetri nella spazzatura e prese un panno per asciugare a terra e provare a pulire il muro.

Avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo e non cadere fra le sue braccia, stargli lontano, non entrare nella port mafia.

A causa sua adesso non poteva più fare niente, non aveva possibilità di ritornare in piedi, tutti sapevano che era un omega, un omega abbandonato dal suo Alpha. E stava così male senza di lui.

Sapeva che presto sarebbe impazzito senza di lui, ma cercò di tenersi in piedi mentre portò il panno nel lavandino per sciacquarlo.

Che ne sarebbe stato di lui? Era da solo, da solo in una casa improvvisamente troppo grande per lui. Sospirò accucciandosi per terra, finendo per premere la fronte contro il mobile della cucina mentre i capelli scivolarono e gli coprirono il viso, come se volessero proteggere il suo pianto disperato dai fantasmi di quella casa che lo guardavano e ridevano, prendendosi quasi gioco di lui, per essere stato tanto cretino a credere nel nido d'amore che stavano diventando quelle quattro mura.

I lievi singhiozzi del rosso non accennarono a diminuire, nemmeno dopo ore, quando ormai il sole era sorto nel cielo e la cucina era completamente illuminata, lui era ancora lì, per terra, il cuore a pezzi come la bottiglia nella spazzatura e i pantaloni bagnati come il panno nel lavandino.

Però, dopo ore che sembrarono giorni, o forse lo erano, si decise ad alzarsi, di andare a farsi una doccia fredda, non avrebbe mai pensato di ridirlo ma si pentiva, si pentiva amaramente, come aveva potuto fidarsi? Si odiava per questo, si odiava per aver dato tutto a qualcuno che non ne voleva sapere niente dell'amore, che era scappato.

Alzò lo sguardo sullo specchio del bagno una volta che si fu spogliato, era così strano vedersi in quello stato per lui, il collo e il petto ricoperto dai marchi che gli aveva lasciato, l'unica cosa rimasta di loro, gli occhi era terribilmente rossi, probabilmente chiunque lo avesse visto lo avrebbe preso per un drogato.

E avrebbe preferito mille volte essere drogato che soffrire così tanto per quella perdita.

Perché la consapevolezza che non lo avrebbe mai più visto si faceva largo in lui ogni secondo di più e non faceva che distruggerlo.

Una volta in doccia riempì la spugna di sapone iniziando a strofinarsi sul corpo, che presto si arrossò sotto la violenza di quel gesto, avrebbe voluto cancellare ogni traccia di lui, ogni ricordo del suo tocco, si sentiva improvvisamente violato, probabilmente per il pentimento che riempiva il suo cuore in quel momento.

Però non poteva peggiorare, non se lo poteva permettere, non voleva toccare il fondo.

Doveva riuscire a tramutare tutto quel dolore in forza, ma più ci pensava più gli tremavano le gambe.

<<come hai potuto...>>
Sussurrò, gli occhi serrati e le dita incastrate fra i capelli bagnati mentre scivolò a terra sedendosi per terra.

Con Dazai era diventato più umano di quanto non lo fosse mai stato, era cambiato così tanto al suo fianco, era diventato...migliore.

E adesso? Aveva il cuore a pezzi, la pancia annodata e un groppo in gola che non voleva andarsene mentre continuava a piangere disperato, il viso nascosto fra le gambe.

Voleva morire.

L'unica cosa che Chuuya voleva fare, l'unica soluzione che trovò fu quella di finire la sua vita.

Ma sarebbe stato troppo facile scappare, doveva tirarsi in piedi e sbattere in faccia a Dazai che poteva vivere benissimo anche senza di lui.

Doveva fargli vedere che per quanto il suo profumo gli mancasse, per quanto fosse fondamentale sentire la sua voce al mattino, avere le sue braccia che lo stringevano la sera...era andato avanti.

In qualche modo doveva farlo, e forse l'unico modo era quello di far diventare tutto il dolore che provava odio.

.○°Fine°○.

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𝑖𝑙𝑙𝑢𝑠𝑖𝑜𝑛 𝑜𝑓 𝑙𝑜𝑣𝑒 ˢᵒᵘᵏᵒᵏᵘDove le storie prendono vita. Scoprilo ora