tredici

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Percorrendo i pochi passi rimastigli in mezzo agli alberi, prima che lo stesso muro che si stagliava di fronte ai suoi tre amici invadesse anche la sua visione, Ray si ritrovò a pensare riguardo quanto la situazione in cui si trovava fosse surreale.

Ray non sapeva come fosse il mondo esterno; tutto ciò che conosceva lo aveva appreso dai tanti libri di cui era fornito l'orfanotrofio, ma non aveva la garanzia che i contenuti fossero attendibili. Però ne sapeva più di qualunque altro dei bambini con cui era cresciuto. Lui era l'unico a ricordare le circostanze che poco dopo la sua nascita lo portarono nell'unico luogo che avrebbe mai visto nei pochi anni di vita a lui riservati.

Era cresciuto ogni giorno con la consapevolezza che prima o poi sarebbe arrivato il suo turno. Il capolinea. E che non avrebbe mai più potuto rivedere i suoi amici. Ciò che più gli doleva però, era il pensiero di quegli stessi amici che tanto amava avrebbero incontrato quello stesso triste e crudele destino, immeritato per dei bambini innocenti.

Quando intravide oltre le foglie brillanti degli alberi la chioma rossiccia di Emma, Ray si fermò. Rifletté nuovamente. Aveva passato la sua vita a trovare un modo attraverso cui avrebbe potuto garantirgli la libertà; ma esattamente, qual era la libertà che si era ripromesso avrebbero guadagnato i suoi amici? Non poteva fare altro che basarsi suoi ricordi sfocati che conservava dei momenti che seguirono la sua nascita, con i volti abominevoli delle creature che li tenevano prigionieri. Cos'altro conosceva di quel mondo?

L'unico modo che aveva per trovare delle risposte alle domande che lo tormentavano sarebbe stato quello di uscire, superare quelle mura, lasciarsi alle spalle Isabella e l'orfanotrofio. Il resto era un'incognita.

Quanti di quei mostri abitavano il mondo esterno?

Esistevano altri esseri umani?

Ciò che aveva imparato leggendo rappresentava la realtà in cui credeva di vivere? E se una volta superate le mura, avesse incontrato un  mondo completamente diverso da quello che si era immaginato? Come se la sarebbe cavata all'ora il pragmatico e calcolatore Ray?

Non che tutte quelle domande rappresentassero una minaccia per lui. Si chiedeva come Emma, (T/n) e Norman avrebbero affrontato qualunque cosa avessero incontrato oltre le mura.

Ray programmava di essere già morto prima che quel giorno arrivasse; di conseguenza, non aveva alcun motivo di preoccuparsi per la propria incolumità. Si considerava come un cadavere vivente.

Ray aveva quasi dodici anni. Non aveva mai visto il mondo esterno. E non aveva alcuna intenzione di vivere abbastanza a lungo per vederlo. Sapeva solo che aveva delle persone da proteggere. Il resto perdeva importanza. 

Non aveva calcolato che quelle persone avrebbero fatto di tutto pur di tenerlo in vita.



lovely [Ray x Reader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora