10. Fatti inspiegabili

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Alzo lo sguardo e lo vedo. Asher. Davanti a me che mi fissa con sguardo penetrante senza dire una parola.
Non dicendo niente e cercando di allontanarmi da lui mi giro e faccio per andarmene ma me lo impedisce afferrandomi dal polso e facendomi girare verso il suo volto.
«Devo parlarti Beck» dice avvicinandosi sempre di più. Gli dò uno spintone in modo da non essere così tanto vicina a lui. Il solo pensiero di averlo così tanto vicino mi fa venire i brividi dal disgusto. Ha provato a toccarmi... senza che io volessi e questo non posso proprio sopportarlo.
«Devi lascarmi in pace e non azzardarti ad avvicinarti più a me!» affermo con risposta secca cercando di avere uno sguardo impassibile nei suoi confronti.
«Ascoltami Beck mi dispiace, ero ubriaco e tu eri così provocante che non sono stato in grado di fermarmi. In più si è intromesso quel coglione di Davis e ho perso completamente il controllo» si giustifica cercando di fare un espressione dispiaciuta e triste. Non ci casco più mi dispiace.
«Non me me frega un cazzo delle tue miserevoli giustificazioni. Devi starmi lontano. Mi hai capito?»
Mi volto di nuovo dalla parte opposta per andarmene, ma lui continua ad insistere sbarrandomi la strada con il suo corpo enorme. La sua espressione diventa più dura e i suoi occhi puntano i miei cercando di intimorirmi.
Si avvicina a me minaccioso e cerca di riprendermi per il braccio, ma prima che avvenga riesco a tirargli uno schiaffo in pieno viso. Lui confuso abbassa lo sguardo, staccando finalmente gli occhi da me e consentendomi di schivarlo.
Mi dirigo verso i bagni chimici del Luna Park, entro dentro uno di questi e chiudo a chiave la porta.
Continuo ad ansimare e respirare velocemente senza riuscire a rallentare i miei respiri. Un forte dolore al petto mi pervade furente, come se ci fosse poggiato sopra un grande masso che non mi permette di respirare. Non era la prima volta che provavo quella sensazione. Mi era già accaduto e tutte le volte che accadeva mi sentivo in trappola, come se fossi rinchiusa in una stanza senza aria e senza luce. È questo che provavo quando avevo gli attacchi di panico, odiavo quella sensazione. E ora ci risono dentro. Per colpa mia. Per essermi permessa di essere normale e di ricominciare. Una buona occasione era quella di divertirmi con Asher l'altra sera, magari per sembrare una ragazza normale che si divertiva con un ragazzo "normale" e altrettanto "simpatico". Per cercare di non sembrare più la povera ragazzina traumatizzata e ansiolitica che veniva riconosciuta per strada nella mia vecchia città natale. Ma non è stato così. Sei grande Beck, sei grande...

Cerco di sciacquarmi il viso ma niente da fare. Mi siedo sul water e chiudo gli occhi cercando di rilassarmi. Piano piano ci riesco e solo dopo mi accorgo che ho le guance rigate dalle lacrime. Merda. Non posso andare avanti così.. Ma sono talmente tanto avvinghiata al mio merdoso passato che non riesco a superare il trauma di quel maledetto giorno...
Mi sento in gabbia e non so come uscirne. Mi manca Megan. Quando le raccontai di quel giorno lei riuscì a starmi molto vicina e mi sentivo quasi al sicuro accanto a lei. Qui non posso parlarne con nessuno... So già la reazione che avrebbero i miei e non sarei in grado di sopportarla. Parlarne a Payton e Anne non credo sia una buona idea. D'altronde le conosco da poco e non sono riuscita ancora ad aprirmi completamente con loro. Magari potrei fargli pena. E io odio essere commiserata dagli altri...
Continuo a piangere mentre cerco di asciugarmi gli occhi un po' sporchi di mascara. Devo ripulirmi prima che Payton mi possa vedere.
Sento il telefono squillare e vedo proprio il suo nome sullo schermo.
«Ehi Pay scusami, dove sei?»
«Vieni dalla ruota panoramica Beck ci vediamo lì. Tutto ok?»
Evidentemente avrà sentito il mio respiro ancora un po' affannoso. Ma non posso proprio raccontarle ciò che è appena successo.
«Sì certo, arrivo subito»
Esco dal bagno e mi dirigo verso la grande ruota. Mi guardo intorno per controllare che non ci sia Asher da qualche parte e per fortuna non lo vedo. Mentre cammino vedo Payton al cellulare che mi sta aspettando, così la raggiungo.
«Dove eri Beck? È da mazz'ora che ti cerco» chiede un po' preoccupata.
«Scusa Pay mi dispiace, questo posto è così bello che ho deciso di fare un giro e alla fine mi sono persa» mento cercando di essere il più credibile possibile.
«Sicura di stare bene? Hai un po' gli occhi rossi..» chiede sospettosa avvicinandosi a me e accarezzandomi la mano.
«Certo figurati! Sto alla grande» affermo cercando di sorriderle. Credo abbia intuito che qualcosa non va, però di sicuro avrà capito che non desidero parlarne perciò ha deciso di prendermi la mano e trascinarmi con sé tralasciando il discorso.
Mentre ci dirigiamo verso l'uscita ci arriva un messaggio da Anne:
-Ragazze Jason mi accompagna a casa. È davvero carino! Ci vediamo a scuola domani. Divertitevi!
«È proprio cotta eh?» affermo sorridendo.
«Eh già, ero convinta che non sarebbe mai stata capace di togliersi dalla testa mio fratello. Lei non vuole ammetterlo, ma so per certo che ha sempre provato qualcosa per lui» esclama Payton ridendo.
Sorridendole altrettanto mi accorgo che la sua espressione è di colpo cambiata iniziando a fissarmi profondente.
«Che c'è?!» le domando dopo svariati passarti a squadrarmi.
«Rebeka Miller, perché tu non parli mai della tua vita sentimentale?!» dice fissandomi, in attesa di una risposta.
«Beh perché non ho un ragazzo» dico secca senza alcun dispiacere. Non mi dispiace essere single. Poi se mi innamorerò di un ragazzo lo lascerò accadere, ma adesso sto bene così. Prima che io mi possa fidare credo che ne passerà di tempo.
«A me non mi inganni. Credi sia stupida? Ho notato come Dylan Davis ti fissa» dice ridendo.
«Ma se ci odiamo a vicenda! Su Pay non dire cazzate!» affermo sentendomi leggermente arrossire. Mi dovrei preoccupare di questa mia reazione appena si parla di quel coglione? Se ripenso a ciò che è successo ieri notte...
Decido di cambiare discorso, adesso che ci penso neanche lei è così innocentina.
«Parli Payton? Sei la prima a sbavare dietro a Thomas!» dico ridendo a crepapelle.
«Ma che dici Beck?! Non è assolutamente vero!!!» risponde diventando rossa come un peperone.
«Dai Pay a me puoi dirlo» dico seria.
«Non ci caghiamo neanche, lui è solo un cazzo di playboy e io...» veniamo interrotte da strani rumori che provengono in un piccolo vietta che fa angolo con l'entrata del Luna Park. Sembra quasi una animata discussione tra alcune persone. Faccio segno a Payton di fare silenzio e piano piano, vinte dalla curiosità, ci avviciniamo cercando di non farci scoprire. Vicino a un camper mal ridotto vediamo due uomini sulla cinquantina discutere con un ragazzo di spalle che sembra avere la nostra età.
«Domani vogliamo ciò che ci spetta moccioso, mi hai capito?» ringhia uno degli uomini al ragazzo afferrandolo per la giacca e scaraventandolo a terra. L'altro uomo a quel punto gli sferra un forte calcio sull'addome che fa piegare il povero ragazzo in due mentre respira affannosamente a causa del dolore.
«Vi prego basta così...» dice il ragazzo tra un gemito e l'altro. La voce mi è molto familiare ma non riesco a capire chi sia...
«Decidiamo noi quando finirla moccioso. Con noi non si scherza ti avevamo avvertito.» dice l'altro uomo prima di tirargli l'ennesimo pugno in faccia. Non posso più guardare. Devo fare qualcosa. Faccio un passo avanti per intervenire ma la mano di Payton mi interrompe spingendomi indietro verso di lei.
«Sei fuori di testa Rebeka? Vuoi seriamente suicidarti?!» mi bisbiglia arrabbiata. Ha perfettamente ragione. Non oso immaginare che cosa farebbero se ci vedessero qui a origliare.
Ma qualcosa devo pur fare o finiranno per ammazzare quel ragazzo. Ci allontaniamo un po' da quel posto, così afferro il telefono, digito il 911 sul telefono e aspetto che la polizia risponda.
«Pronto qui 911 posso esserle utile?» dice la voce maschile dal telefono.
« Salve, dovete venire immediatamente qui vicino al Central Park prima di entrare nel parco divertimenti, stanno picchiando a sangue un ragazzo dovete sbrigarvi!!!» affermo in tono spaventato.
«Arriviamo subito e si calmi, mi raccomando non interagisca con gli aggressori, non sappiamo come potrebbe essere la loro reazione»
Attacco il telefono e trascino Payton dietro un vicoletto buio finché non sentiamo le sirene della polizia avvicinarsi al luogo indicato.
A quel punto prendo la mia amica dal braccio e svolto verso Time Square prima di immischiarci tra folla.
«Merda Beck, spero che non gli sia successo nulla di grave a quel ragazzo...» dice Payton con tono triste e preoccupato.
Mi chiedo in che guaio sia finito. Eppure la sua voce l'ho già sentita, devo capire di chi è.
«Pay?»
«Dimmi» chiede lei guardandomi negli occhi.
«Anche a te la voce del ragazzo sembrava familiare?» domando io sperando che sia stata solo una mia impressione.
«Sí Beck...» risponde pensierosa.
Merda. Ero a New York da poco. Il che significa che probabilmente quel ragazzo sarà stato una delle poche persone che ho conosciuto in questi giorni...

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