17. Jade Ambrose

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Dylan's pov

Guardo fuori dalla piccola finestra della camera e noto il corpo minuto di Rebeka dirigersi verso la casa. Devo ammettere che mi sono leggermente preoccupato quando è svenuta sul pavimento del mio salotto. Mi sembrava la cosa migliore farla riposare nel letto e fortunatamente dopo poche ore si è svegliata. Ammetto di averla guardata un po' troppe volte mentre dormiva, ricordando ciò che è successo ieri sera alla festa. Aveva un espressione così serena mentre dormiva, gli occhi fremevano leggermente e le labbra rimanevano schiuse, era più pallida del solito e aveva la fronte leggermente sudata. Ero ubriaco, ma ricordo perfettamente ciò che è successo. La desideravo. La volevo. Quella ragazza ha molto fascino e l'ho desiderata. Ero rapito dalla sua semplicità, dai capelli spettinati e arruffati per tutte le volte che ha ballato in pista e per tutte le volte che l'ho guardata a sottecchi. Ero rapito dal suo sguardo spensierato e divertito, la maggior parte delle volte che la guardo negli occhi è arrabbiata con me assumendo molto spesso solo espressioni furenti o annoiate. Ma ieri sera ti ho guardata Rebeka, ti ho guardata eccome e tu non te ne accorgevi. Ti ho trovata sola e ferita e da persona ragionevole ti ho medicata anche contro la tua volontà. Poi ti ho guardata negli occhi verdi un po' schiusi circondati dal rossore sulle gote lentigginose a causa dell'alcol, e ti ho voluta. Come qualsiasi altro ragazzo che fa caso al tuo fascino fuori dal comune, diverso e differente, ti ho voluta. Volevo toccarti, volevo baciarti e in parte l'ho fatto. Tutto qui, è stata solo attrazione. Ma un attrazione che per certi versi mi è sembrata differente da quella che provo per altre ragazze. Nelle altre donne solitamente trovo attraenti, il seno, il sedere, i fianchi...
Ma con te era diverso. Provavo attrazione per ogni parte del tuo corpo. Per ogni espressione, per ogni gemito. Il più delle volte preferivo guardarti in faccia quando ti toccavo. Preferivo guardare i tuoi occhi verde smeraldo, le tue labbra rosate e le gote rosse e lentigginose che fremevano e si arrossavano dal desiderio e dall'eccitazione. Ma ciò non cambia niente. Credo sia normale provare attrazione specialmente per una ragazza. Le cose tra me e lei rimarranno esattamente così come sono: è troppo acida per i miei gusti e non ci sopportiamo a vicenda. Questa è la realtà, così deve essere e a me va più che bene.
"Il destino è stato un fottuto stronzo con me"
Che cazzo vuol dire? Che diamine ti è successo Rebeka? So che non dovrebbe interessarmi, eppure non posso fare a meno di cercare di capire che cosa ha in serbo per te il destino, che cosa avrebbe voluto fare il fato a una persona tanto bella esteriormente e velenosa come un vipera interiormente. Da quel poco che ti conosco credo di aver capito perfettamente che tipo di persona sei. A chiunque potresti sembrare un angelo con i capelli rosso fuoco e con quel viso maledettamente perfetto e innocente. Ma so che ti riveli tagliente e maledetta quando qualcuno ti infastidisce. Una belva affettuosa se la sai domare,ma pericolosa se la provochi. Forse in realtà te lo meriti, il fato ha voluto punirti. Ma non riesco a smettere di chiedermi quale possa essere stata la tua punizione. Ho notato qualcosa nel tuo sguardo quando ti ho sfiorato la cicatrice...
Come se qualcosa ti avesse cambiata, come se qualcosa ti avesse spenta...
Ho visto quella ragazza davanti ai miei occhi, e non era più lei, sembrava debole, diversa da quella che mi risponde a tono dal prima giorno che l'ho conosciuta. Era più forte di lei, non riusciva a nascondersi, era debole e fragile davanti a me. E lo detestava. Detestava apparire così davanti a me. Toccare quella cicatrice ha disintegrato ogni sua protezione, e ho visto per la prima volta la ragazza che si nascondeva dietro quella barriera invisibile. E lei odiava il fatto che ci fossi riuscito. Come se non bastasse si presenta a casa mia e mi rimprovera per come tengo la casa. Ma io me ne sono accorto Rebeka, mi sono accorto di come ti sentissi nuovamente fragile e debole davanti ai miei occhi, tant'è che non riuscivi a sostenere il peso del mio sguardo.
Scaccio via questi pensieri fastidiosi e noto qualcosa che mi fa ghignare e divertire all'istante: la casa è sottosopra e mio padre tornerà da un momento all'altro. E non vedo l'ora che arrivi cazzo. Non vedo l'ora di vedere la sua solita espressione incazzata nel guardare la sua preziosa villa ridotta in un vero e proprio porcile. Sa per certo che sono molto vendicativo. Secondo lui non gliela avrei mai fatta pagare? Ha dato via la cosa a cui tenevo di più. Il posto dove ho vissuto con mia madre. Dove ho vissuto il periodo più bello della mia vita.
«Dyl!» squilla la voce fine della mia piccola sorellina sulla porta della stanza. Mi giro verso di lei e guardo nei suoi piccoli occhioni blu che allo stesso tempo sono più profondi di qualsiasi altro. I capelli dorati sono raccolti in piccoli codini disordinati. Cazzo,quanto somiglia a nostra madre,ha la stessa espressione dolce, lo stesso sguardo e la stessa capacità di trasmettere tranquillità e pace a qualsiasi persona.
Incredibile quanto si possa amare così tanto un esserino così piccolo ed innocente...
«Ehi piccolina» le sussurro prendendola tra le mie braccia e accarezzarle il viso morbido.
«Mi puoi accompagnare a letto fratellone?» mi domanda accennando uno sbadiglio.
«A letto? Ma se sono le 8.00 di sera Avri, non hai neanche cenato!» la prendo in giro dandole un leggero pizzicotto sulla gota rosata.
« Ma io ho sonno!!» dice sbadigliando e mettendo il broncio. La guardo male scherzosamente per poi prenderle la mano e dirigerci verso la sua cameretta posizionata affianco alla mia. È abbastanza grande, tutto colorata di rosa, con bambole sparse qua e là sul grande pavimento di parquet chiaro. La metto delicatamente sotto le coperte del grande letto a due piazze ricoperto di peluche. Un letto così enorme per una bambina così piccola, ma il mio vecchio caro padre, si sa, ama esagerare e sfoggiare il suo portafogli colmo di banconote.
«Buonanotte fratellone, ti voglio bene» mi dice allacciando le magre braccia al mio collo.
«Ti voglio bene piccola, buonanotte» concludo ricambiando l'abbraccio.
Accendo la piccola lucina affianco al suo letto ed esco chiudendo la porta.
Opto per scendere al piano di sotto e quando arrivo noto meglio l'enorme disordine causato da quell'ammasso di adolescenti che hanno partecipato alla festa il giorno prima.
Sono presenti una miriade di bicchieri sparsi qua e là, pezzi di cibo avanzato, ed il pavimento è cosparso da pezzi carta e plastica. Sembra una stalla per cavalli. Ed è proprio l'effetto che volevo ottenere.
Decido quindi di sedermi sul grande divano ed aspettare il ritorno del mio vecchio.
Faccio un po' di zapping notando che non c'è davvero niente di interessante, quando finalmente la porta principale di casa si apre e mostra la figura possente di mio padre.
«Ciao sono torn-» si blocca, fissando con attenzione ogni angolo della casa.
È sbalordito e allo stesso tempo incazzato. Conoscendolo si sta trattenendo dal non urlare.
«Ciao papà ben tornato» gli rivolgo un sorriso malefico affinché si possa incazzare ancora di più.
Il suo sguardo furente si sposta dal pavimento ai miei occhi color ghiaccio, per poi chiudersi in due fessure assumendo una faccia furibonda.
Bingo. È proprio quella la faccia che aspetto di vedere da quando ho deciso di organizzare quella stupida festa. Di sicuro starà provando la stessa sensazione che ho provato io nel sentirmi dire che entro pochi giorni avrei dovuto lasciare tutto ciò a cui tenevo.
« Che c'è papà? Non mi saluti neanche?» so perfettamente di stare entrando nella tana del lupo senza neanche un'arma, ma so che ne vale la pena.
«Si può sapere che diamine ai combinato Dylan?? ?» domanda urlando come un pazzo.
«Una festa, non si vede? Questa casa è così bella e grande che non ho potuto fare a meno di invitare un po' di gente. Sai papà? Avevi ragione. È stata una buona idea trasferirsi qua. Insomma... guarda che paradiso!» continuo sorridente.
«Ho capito perfettamente il tuo gioco! Come diavolo hai ridotto questa casa?!» dice furente.
«Sono felice che tu abbia capito caro papà, almeno questo lo hai compreso!»
«Si può sapere di cosa stai parlando?!»
«Sto parlando del fatto che te ne sbatti il cazzo dei tuoi figli! Di cosa possano provare nel vedersi portare via ciò a cui tengono di più!!! Quella casa era l'unica cosa che mi rimaneva di mia madre brutto coglione! E non ti non ti sei fatto nessun problema a buttarla nel cesso come se niente fosse! Senza neanche chiedere ai tuoi figli se sarebbero stati d'accordo!
Pensi solo a te stesso e ai tuoi fottuti affari!» affermo ormai senza fiato.
«Sono tuo padre non puoi rivolgerti a me in questo modo!»
«Non ti considero più mio padre da quando te ne sbatti il cazzo di Avril e me!»
«Io ti dó un tetto sopra la testa brutto ingrato!»
«Beh almeno quello..»
«Adesso basta!» sbraita incazzato. Prima che me ne possa accorgere avverto la sua mano pesante sulla faccia tirarmi uno schiaffo in pieno viso. Non ci posso credere...
Tocco la guancia ormai rossa e sento un calore indescrivibile. Non può Carlo fatto sul serio...
«Ti odio!! Brutto bastardo!»
«Papà?» entrambi tacciamo quando sentiamo la vocina di Avril provenire dalle scale. Ci giriamo entrambi nella sua direzione e la vediamo. Immobile, assonata e confusa.
«Ehi tesoro, torna di sopra adesso vengo a salutarti» dice mio padre con tono più calmo.
Avril annuisce e sale su ancora un po' incerta.
«Tra me e te non c'è più nulla da fare, ma almeno con lei abbi le palle di essere un vero genitore finché sei in tempo» affermo in tono basso e freddo riferendomi a quello stronzo che si considera mio padre.
Dopodiché prendo la giacca di pelle, il telefono, il portafogli e mi dirigo verso la porta d'uscita.
«Dove credi di andare?» chiede quel verme dietro di me.
«Adesso ti interessa cosa faccio?
Non preoccuparti papino,d'altronde sei abituato a sbattertene il cazzo di me»

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