2.

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Quando aveva chiuso gli occhi nella speranza di riuscire a dormire era quasi mezzanotte e da quel momento si era girato e rigirato tra le lenzuola senza riuscire a trovare pace, aveva visto lo scoccare di ogni singola ora mentre il suo compagno di stanza sembrava invece dormirsela di gusto.

Beato te, si ritrovò a pensare lanciandogli una rapida occhiata, riuscissi io a dormire così serenamente.

Tirò fuori il telefono da sotto il cuscino sbloccandolo: erano le cinque e venticinque del mattino e non riuscendo a chiudere occhio decise di alzarsi e uscire sul piccolo balcone per fumarsi una sigaretta. Si alzò dal letto cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare occhi verdi, infilò la felpa scura e dopo aver lentamente aperto la finestra uscì richiudendosela alle spalle lasciandola appena socchiusa. Con il cappuccio tirato su, seduto con la schiena appoggiata alla piccola striscia di muro bianco e le gambe raccolte al petto non perse tempo e si accese subito la sigaretta: aspirò dal filtro a pieni polmoni per poi alzare il viso verso l'alto e buttar fuori il fumo con una lentezza estenuante, osservò la piccola nuvoletta venir portata via dalla fresca brezza mattutina e senza nemmeno rendersene conto i suoi pensieri lo catapultarono a quella stessa mattina.

"Tomlinson io non ho tempo da perdere con i poveracci come te, o mi paghi o te ne vai. Mi sembra semplice come concetto da capire, non ci vogliono lauree o altre cose che tanto tu non hai. O mi dai i miei soldi o porti le tue  chiappe da miserabile fuori di qui."

Per lui non era una novità che quel vecchio baffuto lo riempisse di parole poco carine, non era mai stato gentile con lui e quella mattina si era confermato ancora una volta essere una pessima persona, non tanto per l'averlo sbattuto fuori di casa così, senza preavviso, quanto più che altro per essersi rivolto a lui con quel tono di disprezzo e di superiorità che gli riservava sempre. Louis non aveva bisogno che gli venisse costantemente ricordata quale fosse la sua situazione economica, sapeva benissimo di non nuotare nell'oro e di arrivare a stento a fine mese quando le cose andavano discretamente; era consapevole di non avere una bella storia alle spalle e trovava estremamente frustrante che gli venisse sempre rinfacciata.

Maledì mentalmente quell'uomo e fece un altro tiro dalla sua sigaretta, godendosi a pieno la sensazione del fumo che gli riempiva la bocca e gli inebriava i polmoni prima di soffiarlo fuori, questa volta in un solo colpo deciso. Dopodiché un altro tiro e con esso l'ennesimo pensiero, questa volta però era tornato indietro di diversi anni, a quando era ancora un bambino impacciato che stava imparando a difendersi da solo.

"Tomlinson è uno sfigato na na, na na na!"

Questa cantilena l'aveva accompagnato per anni.

Quanto aveva odiato Trevor e tutto quel gruppetto di idioti che gli avevano fatto passare le pene dell'inferno durante tutti gli anni di scuola: tra tutte le cose brutte e meschine che gli avevano fatto però si ricordava perfettamente il giorno in cui, quando aveva solamente dieci anni, l'avevano messo all'angolo nei bagni della scuola e per puro divertimento gli avevano infilato la testa dentro al gabinetto, ricordava benissimo il senso di vergogna che aveva provato, la rabbia, l'umiliazione e tutte le risate che il resto della scuola si era fatta dopo aver sentito le chiacchiere dell'accaduto diventare virali per i corridoi.

"L'unico amico di Tomlinson è il cesso!"

E tutti giù a ridere. Era diventato lo zimbello dell'intera scuola, o meglio lo era sempre stato, ma dopo quel giorno gli mancava soltanto la corona.

Se ci pensava ricordava ancora le loro voci mentre lo prendevano in giro.

Provava un misto di emozioni: rabbia, disprezzo, indifferenza, e anche un pizzico di gratitudine. Si, gratitudine perché nonostante tutto aveva imparato ad essere forte e difendersi anche grazie a quel gruppetto di bambini che lo aveva preso di mira fin da piccolo.

Even when life gets hard, it'll be alright || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora