«Allora da cosa cominciamo?» Damiano varcò la soglia della mensa con andamento sicuro.
«Alla buonora!» Dissi guardandolo di traverso.
Contro ogni aspettativa, notai, indossava ben due terzi della divisa, la più scura tra quelle consegnateci. Al posto della camicia, però, sotto alla giacca ed infilata nei pantaloni, indossava una fine canotta bianca. Si sfilò la giacca con un unico movimento, per poi adagiarla su uno dei tavoli lì vicino. La canotta, ormai unico indumento della zona superiore del corpo snello ma in forma, lasciava scoperti i muscoli definiti, le spalle ossute e le clavicole pronunciate. La sua pelle era la tela di un artista, disseminata da una decina di tatuaggi dalla dimensioni tra le più svariate. Oltre al già noto tatuaggio al di sotto delle scapole, riconobbi un paio di immagini tratte dai tarocchi all'interno di entrambi gli avambracci, una rosa sul braccio e scritte posizionate qua e là.
«Beh, comincia a spazzare il pavimento mentre io mi occupo dei tavoli.» Dissi prendendogli di mano il panno. Damiano alzò un sopracciglio incuriosito, la testa lievemente inclinata, come se avesse voluto osservarmi da una nuova angolazione.
«Siamo di cattivo umore?» Disse sarcastico pulendo la superficie del pavimento.
«Continua a lavorare.» Strinsi il canovaccio tra le dita, la voce atona.
«Per rispondere alla tua domanda: Si, venerdì sera ero al falò.» Alzai di scatto la testa dal tavolo laccato. Damiano mi dava le spalle, ne fui lieta. Sentii le guance letteralmente avvampare.
«Porto questi fuori.» Dissi semplicemente dirigendomi in corridoio, i sacchi della spazzatura in mano. Non appena fui fuori dall'enorme stanza, al riparo da sguardi indiscreti, lasciai andare i grossi sacchi neri e passai il palmo sulla mano, poi, sbuffai. Mi sentii improvvisamente stupida. Non avevo fatto altro che pensare a quella strana sensazione, a quell'irrefrenabile immotivato presentimento, che mi attanagliava lo stomaco da tre giorni. Qualcosa non mi tornava.
Sentii del chiacchiericcio poco lontano, così decisi di avvicinarmi allo spigolo della parete per vedere di chi si trattasse. Mi sporsi lievemente, esponendo unicamente metà del corpo. Ciò che mi si parò davanti mi tolse le parole. Una ragazza di media statura, dai biondissimi capelli ricci mi dava le spalle; al suo fianco un ragazzo moro poco più alto di lei, indossava un familiare berretto grigio.
I due ragazzi stavano discutendo con un ragazzo sul metro e settantacinque dai lunghissimi capelli corvini, l'unico visibile in faccia. Il ragazzo si guardò intorno, poi nella mia direzione. Mi tappai rapidamente la bocca per non fare rumore ed indietreggiai con cautela. Poi feci per tornare in mensa, quando tra un'occhiata e l'altra alle spalle, m'imbattei in un corpo solido.
«Mi chiedevo dove fossi finita.» Le mani mi Damiano mi bloccarono saldamente le braccia evitando di balzare all'indietro. Gli impenetrabili occhi cioccolato incollati ai miei. Avvicinò le dita al mio viso, lì dove una ciocca di capelli era scappata da dietro l'orecchio, riportandola al suo posto. In quel momento, un po' per lo spavento, un po' per l'adrenalina, trattenni il respiro. Quando si accertò che il mio equilibrio fosse stabile, mi lasciò andare. «Pensavo dovessi portare i sacchi fuori...» Disse indicando i due sacchi neri stravaccati sul pavimento.
STAI LEGGENDO
Hunters' Chronicles. | Måneskin.
Fanfiction-Il primo simbolo, l'otto rovesciato indica le otto famiglie membri del circolo; lo stesso, richiamando la forma d'un infinito, indica a sua volta l'infinita fedeltà verso il loro giuramento. [...] La spada indica il dovere che le famiglie possiedon...