3.Da Finchley a Narnia

141 0 7
                                    

Il cielo era nuvoloso, il grigio chiaro dominava Londra, nemmeno un raggio di sole filtrava dalle nubi che minacciavano pioggia. Le strade di Finchley erano piene di macchine e autobus che viaggiavano sull'asfalto umido e scivoloso. Un furgone nero andava spedito e il guidatore se ne stava tranquillo nell'abitacolo, dentro il quale entrava l'aria fredda. Quest'ultima lo fece tremare un poco e cercò di stringersi di più nel cappotto. Si mise il cappello sopra la testa pelata, aveva i baffi folti scuri e dei peli di questi gli entravano nelle narici. Gli occhi incatenati sulla corsia, si fumava nel frattempo la pipa, mentre con una teneva stretto il volante per evitare incidenti. Era uscito presto da casa, era piuttosto seccato di dover andare a lavorare, ma ormai c'era già abituato da un sacco di anni. Fumava per rilassarsi, e andava spesso nelle osterie con gli amici fino alla sera tardi facendo stare in ansia sua moglie che lo aspettava a casa: era il tipico scapolo di Londra ed era un uomo piuttosto scontroso. Mentre pensava irritato alla giornata monotona che lo aspettava al cantiere navale, vide mettersi sulla sua traiettoria una ragazzina e frenò di colpo, con una sonora sgommata. Il cuore gli accelerò paurosamente nel petto e respirò profondamente, poi suonò più volte il clacson come per dire alla ragazza di voltarsi nella sua direzione. Voleva vederla in faccia. Lei si voltò e lui la osservò bene: doveva avere all'incirca tredici anni, aveva i capelli castani raccolti in due treccine, gli occhi azzurri spalancati per la paura, la pelle chiara (sulle guance aveva un pò di lentiggini) e l'espressione colpevole. Aveva un cappello in testa e indossava una divisa scolastica rossa e bianca. In mano teneva una valigetta marrone. Stava senz'altro andando a scuola e probabilmente era in ritardo, per questo aveva forse attraversato la strada senza guardare. Ma in realtà era per un altro motivo...

"Carina" pensò l'autista con una voce melensa e viscida, che mal celava la sua volgarità. Sorrise, divertito dallo spavento dipinto sul suo volto, lo fissava come per pregarlo di perdonarla. 

*"Fa attenzione piccola!" gli gridò forte lui, mettendo la testa fuori dal finestrino per farsi vedere meglio.  

*"Mi scusi" disse lei sinceramente dispiaciuta, correndo poi lontano dal furgone. L'uomo la guardò allontanarsi e la chiamò un'ultima volta.

*" Guarda dove vai!" Sospirando, riavviò la marcia e se ne andò per la sua strada, in direzione del porto. Lucy, dal canto suo, si sentì un poco in colpa nei confronti dell'autista, ma non gliene importava più di tanto. Aveva qualcosa di più importante a cui pensare. Stava andando in stazione da sola, poiché Susan si voleva fermare a sfogliare delle riviste che avevano visto su una bancarella mentre erano per strada. Lucy era voluta andare a vedere se intanto i due fratelli maggiori erano già in stazione per prendere il treno che li avrebbe portati a scuola. Lei e Susan andavano in un istituto per sole femmine, mentre Peter e Edmund in uno per soli maschi. Ai quattro seccava non poter stare insieme in un solo istituto scolastico, ma durante la pausa pranzo si organizzavano per vedersi. I fratelli Pevensie erano nati e cresciuti insieme e non potevano non stare insieme per lungo tempo, era naturale. Semplice. Da quando Peter, Susan, Edmund e Lucy erano tornati da Narnia e da Re e Regine erano divenuti di nuovo ragazzini all'apparenza comuni per quell'epoca nella quale vivevano, non avevano mai smesso di sfruttare ogni istante per poter stare soli e parlare di Narnia. Il loro regno gli mancava terribilmente, così come il loro popolo e i loro amici che gli erano stati accanto sin dal primo momento che hanno messo piede sul suolo di quella terra fatata (il signor Tumnus, i Castori, la volpe e il centauro Oreius...) Si erano sentiti parte di una famiglia, una famiglia che loro avevano creato durante gli i quindici anni in cui avevano governato come giusti sovrani durante l'Epoca d'Oro. Gli mancavano le passeggiate sulla battigia della spiaggia dorata, lambita dolcemente dalle acque limpide dell'Oceano Orientale, le cavalcate e le battute di caccia nelle foreste di Narnia, il tempo trascorso con gli amici...era stato parecchio difficile cambiare la vita quotidiana che conducevano nel regno a quella sulla Terra. Dopo il ritorno attraverso l'armadio nella stanza vuota della casa del professor Kirke, si erano sentiti vuoti e un peso enorme gli premeva forte sul cuore. Avevano instaurato una connessione tra loro e Narnia, inutile negarlo. Questo li aveva uniti ancora di più nonostante le loro diversità e faceva molto felice la signora Pevensie, la loro madre. Helen, prima che partissero per la campagna un anno fa (per fuggire dalla guerra), li vedeva spesso litigare e percepiva tensione e astio. Sopratutto tra Peter e Edmund. Ora i due erano molto più legati ed era fiera del rapporto che stavano costruendo e che si stava solidificando. Si aiutavano a vicenda e cercavano di risolvere i problemi senza urlare contro l'altro, come spesso accadeva precedentemente. Lucy era quella che aveva più speranza, era salda nella sua fede in Aslan e credeva fermamente che prima o poi sarebbero tornati. Anche dopo il tentativo di tornare nella sua amata terra magica, non aveva mai smesso di credere. Peter era d'accordo con lei e sentiva che il loro regno prima o poi li avrebbe richiamati. Chi nutriva forti dubbi ed era piuttosto scettico a riguardo era Susan: la giovane sentiva immensamente la mancanza verso la sua casa, ma aveva cercato di nascondere il dolore che sentiva, celandolo dietro sorrisi deboli e forzati. "Forse alla fine siamo destinati a rimanere in Inghilterra. Dopotutto questa è la nostra casa" o almeno così diceva lei. In realtà sapeva benissimo che stava mentendo a se stessa e agli altri. Stava cercando di essere positiva, ma non era facile. Aveva provato ad accettare, ma ogni volta i ricordi tornavano vividi nella sua mente e la facevano sprofondare. Voleva avere la stessa fede che aveva la sorella minore, ma non ci riusciva. Per quanto riguardava Edmund, lui era diffidente ma non allo stesso livello di Susan. Da una parte voleva credere che sarebbero tornati, ma dall'altra non voleva crearsi illusioni. 

Il Principe CaspianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora