7. Nella Foresta Tremante

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La notte regnava sovrana sulla terra di Narnia. Il cielo d'estate era un manto ancestrale, le stelle erano decine di migliaia, ma non bastavano a illuminare le fronde e le chiome degli alberi che costituivano le grandi foreste estese per chilometri e chilometri. La radura pullulava di ogni animale parlante e creatura narniana che Caspian finora aveva solo sentito nominare. I centauri erano riuniti e stavano tutti in cerchio, i Minotauri brandivano le loro mazze ed erano estremamente forti e muscolosi, c'era persino un Gigante; poi non mancavano i tre Orsi, i fauni erano numerosi e quasi tutti erano arcieri esperti. Poi erano presenti persino ghepardi, cervi, cani, cinghiali e perfino lo scoiattolo  Zampalesta era in ascolto. Ripici e Tartufello erano schierati completamente dalla parte del giovane telmarino e lo difendevano da ogni accusa o impropero che gli veniva rivolto. Il valoroso topo, da quando aveva capito tutta la storia dall'amico tasso durante la strada, non aveva esitato a schierarsi dalla parte di Caspian. Però con grande disappunto di Nikabrik, che ora lo insultava così come la sua patria per tutto il male e le angherie commesse in passato, ma anche nel presente.
Nitriti, ruggiti e latriti non smettevano di riempire lo spiazzo ed erano tutti rivolti a Caspian che si guardava intorno, sentendo tanto dolore dentro come mai prima. I volti di tutte quelle creature non umane erano pieni di rabbia, risentimento e rancore nei suoi confronti. È da quando era arrivato che si erano rifiutati di ascoltarlo, e Caspian sapeva già che non sarebbe stato facile chiedergli aiuto e stringere un'alleanza per salvare il regno, ma doveva almeno provarci. Non era scappato da casa sua, per poi fallire e ritrovarsi a mani vuote. Il principe non la smetteva di guardarsi intorno. Era al centro della radura e si trovava nel mezzo di una giungla di maschere così penetranti e gelide, che sentì tanti brividi percorrerlo in corpo, come mille lame che gli trafiggevano la pelle. Negli occhi di tutti poté vedere lo stesso dolore e la stessa sofferenza che gli albergava nel cuore. Sentiva di avere qualcosa in comune con loro e sapeva anche che tutti gli insulti che uscivano dalle loro bocche erano a causa di quanto avevano patito in tutti quei decenni. Loro non ce l'avevano con lui in realtà e lo capì.
Tuttavia, le urla delle creature e il riflesso delle lame delle spade lo incuteva molto.
*"Uccidetelo!" sentì qualcuno urlare, con tante grida di assenso, miste ad altre di disdegno nell'udire quelle parole. Nikabrik non mancò di unirsi alla combriccola.
*"L'unica cosa che il corno ci mostra, è che anche di questo ci avete rubato" lo accusò il Nano Nero, guardandolo con tutto il disgusto che provava.
*"Io non ho rubato niente" si difese Caspian, non sentendosi minimamente in colpa, poiché sapeva di non aver mai fatto niente di tanto riprovevole in tutta la sua vita, ma questo non bastò a far acquietare gli altri che si scagliarono ancora contro di lui.
*"Non hai rubato niente?! Vogliamo fare un elenco di quello che si sono presi quelli di Telmar?" intervenne adirato il gigante che impugnava nella manona destra una grossa ascia.
*"Le nostre case!" iniziò una centaura dal bel viso spigoloso e contratto, i capelli lunghi, neri e ricci, le braccia magre, la pelle abbronzata e gli occhi del medesimo colore dei capelli.
*"Le nostre terre" fece un fauno dal pelo biondo.
*"La nostra libertà!" aggiunse un suo compagno. 
*"Le nostre vite!" gli fece eco qualcun altro.
*"Voi ritenete me responsabile di tutti i crimini del mio popolo?" chiese incredulo Caspian a tutti i presenti nella radura che si zittirono un poco, dopo le parole del principe. È vero, non era tutta colpa del ragazzo, ma...
*"Responsabile... e punibile" concluse Nikabrik avvicinandosi a Caspian, pugnale alla cintura. Ma Ripici, stufo dell'ostinazione del Nano Nero, estrasse lo spadino dal fodero e gli si avvicinò, puntandoglielo contro.
*"Ah! Questa è buona detta da te, nano! O hai dimenticato che è stata la tua gente a combattere al fianco della Strega Bianca?" continuò il topo, cercando di fargli estorcere la verità delle cose, usando gli errori del passato e l'esperienza come arma. Funzionò, poiché alcuni accordarono.
Ma molti stavano dalla parte di Nikabrik, che come lui provavano una vera e propria repulsione nei confronti del popolo telmarino. E non avevano problemi a mostrarla in quel momento.
*"E lo farei di nuovo con piacere, se ci liberasse da questi barbari" fece il nano spostando un poco con il dito rugoso la punta della lamina di Ripici, per poi volgere uno sguardo sdegnoso verso il principe quando pronunciò l'ultima parola. Dopo aver sentito quella frase, gli altri proruppero in grida di dissenso, memori della miseria in cui era caduta Narnia, quando Jadis aveva imposto la terra magica sotto una ferrea dittatura esattamente come Miraz, cancellando la vera storia del territorio, ma in modo più violento.
*"È una fortuna che non sia in tuo potere riportarla qui. O ci stai proponendo di chiedere a questo ragazzo di andare contro Aslan?" s'impose Tartufello, suscitando lo scandalo in tutte le creature presenti, che al nome del Leone, verso il quale provavano affetto ma anche timore reverenziale, respinsero anche solo il fatto di pensarlo. 

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