Prologo: Minho does not love anyone

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Se qualcuno gli avesse mai chiesto quanto spesso si ubriacava, Minho avrebbe risposto 'raramente' con il prossimo bicchiere di plastica in mano.

Non era molesto, o rumoroso, o altro mentre beveva: a parole sue, era un ubriaco perfettamente gestibile –a parole sue che non aveva mai dovuto fare i conti con sé stesso, gli ripeteva ogni volta il suo migliore amico, Felix, quello che veniva sempre trascinato alle feste controvoglia e puntualmente si ritrovava a fare il babysitter-, che non andava mai ad imboscarsi da nessuna parte e non andava mai in nessuno di quei bar squallidi in periferia. Okay, forse c'era stato una volta. Una sola. Per il resto, teatro delle sue scenate era sempre la villa di qualche amico. Quando sei stato un bambino con a disposizione troppo denaro e troppo poco amore, è quasi inevitabile che tu debba trovare un modo per sperperare l'uno e sopperire alla mancanza dell'altro. I ragazzi che frequentavano la scuola di Minho, per un buon novanta percento figli di papà che non avevano mai indossato qualcosa che costasse meno di una cifra a due zeri, avevano risolto il problema dando pompose feste che finivano la mattina dopo con gli ultimi tre o quattro ragazzi devastati addormentatisi sul pavimento del salotto.

Minho non sapeva neanche com'era finito ad apprezzare certi passatempi. I suoi genitori avevano rinunciato a chiuderlo in camera dalla volta che era saltato dalla finestra pur di uscire ad un orario in cui in teoria sarebbe dovuto star dormendo da un pezzo e si era rotto un braccio. I suoi amici, quelli che in ritrovi del genere mai e poi mai avrebbero messo piede, lo squadravano con occhiate che grondavano disapprovazione il lunedì mattina, quando entrava a scuola con un mal di testa pulsante, ma finivano sempre con l'allungargli un antidolorifico sotto il banco. Poi c'era sua nonna, l'unica che gli fosse rimasta, che forse era così credente e superstiziosa per il fatto che il suo appartamento era sopra quello di una chiromante che Minho trovava sempre dentro casa sua quando andava a trovarla. Da piccolo Minho si era divertito a stare a sentire a tutte quelle che lui reputava storie divertenti, ma ora, avendole ormai catalogate come fandonie inutili, si tratteneva dal roteare gli occhi quando la donna, con la delicatezza che i suoi ottant'anni suonati le avevano regalato, annunciava solenne che non avrebbe mai trovato una Stella, un'anima gemella che avrebbe potuto mostrargli di che colore era il cielo di notte, che lo avrebbe fatto sentire protetto, sempre capito e mai solo. Perché nessuno avrebbe mai accettato come compagno qualcuno di così dissoluto, ormai quelle parole Minho poteva dire di averle scolpite nel cervello.

All'amore, in generale, ci pensava solo quando la sbronza lo rendeva triste, quella volta al mese in cui dopo un paio di shots cominciava a sentire le lacrime salirgli agli occhi, e finiva per piangere tra le braccia del ragazzo di turno su come si meritasse un fidanzato, una storia seria con qualcuno da presentare ai genitori. Il malcapitato annuiva, comprensivo, e continuava a sfilargli i pantaloni, un altro aspetto della sua vita che non poteva dire di capire come avesse raggiunto ma di cui non si lamentava. Era il suo equilibrio, una bilancia sui due piatti della quale pesavano da una parte il comportamento perfetto che teneva dal lunedì al sabato, le lodi degli insegnanti, i voti eccellenti e la condotta impeccabile, e dall'altra una bottiglia di vodka al limone e un paio di mani sconosciute quasi ogni sabato sera. Non si preoccupava granchè delle persone attorno a lui che dopo il tramonto alzavano il naso all'insù: quello sarebbe stato un problema per dopo, per quando avrebbe deciso di crescere. Perché lui, ora come ora, non sentiva davvero la mancanza di nulla. L'anima gemella poteva rimanere intrappolata tra le carte di sua nonna e delle sue amiche strambe.

Quale sano di mente avrebbe scelto di legarsi a qualcuno per la vita alla sua età, a diciannove anni compiuti da poco, quando quello che c'era di bello della vita, da fare ed esplorare, non era ancora stato esplorato e fatto del tutto, quando c'erano così tante cose che catene simili gli avrebbero impedito?

Minho non escludeva l'ipotesi che, prima o poi, avrebbe incontrato qualcuno di un po' più speciale rispetto a tutti gli altri. Ma prima c'era un diploma da prendere, una laurea da conseguire, un lavoro da trovare. Tutto il resto, sarebbe venuto semmai avesse trovato spazio in quelle poche costanti.

I suoi amici si stranivano sempre quando lo sentivano fare certi discorsi e subito dopo parlare della prossima festa in programma, ma forse un altro dei motivi per il quale si sentiva libero di essere così libero, era proprio quello: poteva ancora permetterselo. Dopo pochi altri mesi, sarebbe tutto finito, e avrebbe dovuto prepararsi agli esami di ammissione al college: non gli era rimasto molto tempo da godersi oziando alle scuole superiori, tanto valeva sfruttarlo al meglio. E poteva starne certo, nessuno glielo avrebbe rovinato. Neanche quella tanto millantata anima gemella, che avrebbe dovuto arrivare alla conquista del suo cuore avvolta in una morbida luce blu.

E tra parentesi, certo che gli umani dovevano essere arrivati ad una solitudine talmente disperata da non poter essere descritta a parole, per dover essere stati costretti ad inventarsi una bufala del genere. Minho si aspettava che avrebbe incontrato il suo futuro ragazzo in una caffetteria vicino all'università, o nel parco in cui avrebbe fatto un giro appena uscito da lavoro. Qualcosa di normale, canonico, perfettamente tradizionale.

Peccato che chiunque lassù si occupasse di queste barzellette, per lui aveva dei piani un po' diversi.

YOUNGBLOOD - minsung.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora