Capitolo 1: Minho just met you

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-Dammi un solo motivo per il quale dovrei accompagnarti-.

Minho sbuffò: l'unica parte faticosa della sua sbronza settimanale era convincere qualcuno ad accompagnarlo. Se aveva fortuna, si trattava di Jeongin, il suo compagno di banco che raramente rifiutava qualcosa se era accompagnata da un bicchiere di rum. Che poi, tolto l'alcol, fosse uno studente irreprensibile ed un amico affettuoso, non contava: a Minho interessava, per quell'occasione, solo la prima parte. Se invece di fortuna non ne aveva, Jeongin era occupato, e doveva chiedere a Felix. Odiava portare il suo troppo timido migliore amico in giro per quei postacci, ma per superare il senso di colpa si diceva che il giorno in cui non avrebbe più voluto davvero, avrebbe sempre potuto dire di no.

-Ti prego, Felix-ah! Jeongin è a letto con la febbre, non so a chi altro rivolgermi. Giuro che sarà una cosa tranquilla, vedrai che ti divertirai anche tu.- Minho era a tanto così dall' inginocchiarsi ai piedi dell'amico, sul pavimento freddo della sua camera, ma alla fine Felix roteò gli occhi e lasciò andare uno sbuffo scocciato.

-Ricordami perché continuo ad accontentarti-.

-Perché sono il migliore amico perfetto, e non mi scambieresti mai con nessun altro perché non sapresti cosa fare senza di me, che domande.- Minho prese a danzare saltellando per tutta la stanza, salvo afferrare il primo cuscino che gli capitò sottomano quando sentì Felix commentare –Certo che saprei cosa fare: organizzerei una festa ancora migliore di quella a cui mi trascinerai stasera, più confusionaria e con più ubriachi che ballano-.

-Ma se ti ho detto che sarà una cosa tranquilla. Saremo a malapena quindici persone... Non te l'avrei chiesto se fosse stato qualcosa che so non ti sarebbe piaciuto-.

-Una cosa piccola. Sì, ovvio.- Minho non colse il filo di ironia intrecciato alle parole dell'amico, e, una volta ottenuta la conferma che Felix ci sarebbe stato, si dedicò al trovare ad entrambi qualcosa da indossare: compito arduo quando tu sembri perennemente uscito da una sfilata di Gucci qualunque cosa indossi –la modestia non era mai stata un tratto distintivo di Lee Minho, mai in tutti i suoi anni di vita orgogliosamente passati all'insegna dell'egoismo e dell'egocentrismo-, ma il tuo amico nutre un odio profondo nei confronti di qualsiasi capo di abbigliamento che sia anche solo un pochino aderente.

Alla fine, miracolo, per convincere Felix ad entrare in un paio di jeans scuri e una camicia larga, con il colletto che muovendosi lasciava scoperte le clavicole, particolare di cui Minho si era guardato bene dall'informarlo, c'era voluto poco meno di un'ora e qualche minaccia non troppo velata, ma alla fine entrambi si erano presentati in orario alla festa. Festa che, proprio come aveva predetto Felix, altro non era che un buco che traboccava di ragazzi della loro stessa scuola che non vedevano lora di sfogare lo stress accumulato durante la settimana. E Dio solo sapeva quanto Minho fosse tra quelli. Aveva rotto il suo tacito patto di rimanere sempre accanto all'amico, poco pratico di quelle situazioni, in poco meno di cinque minuti, quando si era allontanato cinque secondi per salutare un amico. I cinque secondi erano diventati mezz'ora nel bagno al piano terra, e quando ne era uscito, che ancora cercava di darsi una sistemata alla bell'e meglio, Felix non era più dove lo aveva lasciato. E lui, ovviamente, da amico premuroso qual era, decise semplicemente di andare in cucina e versarsi un bicchiere di quella roba che aveva visto splendere in diverse bottiglie di vetro quando era arrivato.

Non era l'alcol a piacergli, mai e poi mai avrebbe genuinamente apprezzato quella sensazione di fuoco che bruciava la gola, tanto che per diversi minuti se la sentiva ancora giù per l'esofago. Più congeniale gli era il comportamento che quegli intrugli, a suo parere quasi magici, lo aiutavano ad assumere: non c'era problema che da ubriaco gli sarebbe mai importato abbastanza da scuoterlo. Neanche quella sera la vodka lo tradì: dopo un numero imprecisato di shot che poteva essere tre o tredici, raggiunto un tasso alcolemico da camionista cosacco, Minho si diresse verso il centro della pista, cioè il salotto dal quale erano state tolte di mezzo poltroncine e divanetti, e si diede a ballare come se quella fosse stata l'ultima cosa che avrebbe avuto occasione di fare in vita sua.

YOUNGBLOOD - minsung.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora