Capitolo 6

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Bianca quel giorno era assente.
Rimase assente quasi una settimana e la classe era in fibrillazione, quando finalmente la preside si decise a parlare direttamente con la famiglia. Poi convocò gli insegnanti, ed Emanuele perse ancora una volta la sua ora di ricevimento a causa di Bianca.
Sedette sulla comoda poltrona di pelle di fronte a Giovanna. Lei, tacchettando sulle sue décolletés di Gucci, si sedette dopo aver accomodato il soprabito sull'attaccapanni.
-Mi scusi se la costringo a rinunciare alla sua ora – esordì, poggiando i gomiti sul tavolo e intrecciando le dita delle mani – purtroppo, questa faccenda sta iniziando ad assumere proporzioni piuttosto notevoli.
-Già.
Bianca aveva parlato? Aveva rivelato tutto ai suoi genitori? Stava per essere licenziato e incarcerato?
-Mi è stato comunicato che Bianca rimarrà assente ancora per un po' di tempo. Purtroppo non si tratterà di qualche giorno, mi hanno detto che rimarrà assente per un mese e forse più.
-D'accordo. Non c'è problema, Bianca è sempre stata brava nella mia materia; oltretutto il trimestre è appena iniziato, e nel mezzo ci sono le vacanze di Natale.
-So che è una delle nostre studentesse migliori – osservò Giovanna, riordinando alcuni fascicoli sulla scrivania – sono certa che saprà recuperare.
La questione sembrava chiusa, per la preside. Ma Emanuele, nonostante tutto, voleva saperne di più.
-Preside... - azzardò, guardando le mani di lei e la fede di Bulgari sull'anulare sinistro – una sola cosa. Come posso giustificare ai compagni assenze tanto prolungate e consecutive l'una all'altra?
-Oh beh – fece lei, con la sua consueta calma – non devi giustificare proprio nulla con nessuno, Emanuele, tantomeno con dei ragazzini.
-Lei... lei sa il perché?
-So qualcosa – fu la risposta, il cui tono aveva un che di conclusivo – ma non abbastanza, e ritengo che voi insegnanti possiate continuare a svolgere il vostrolavoro con gli elementi che già avete. Bianca ritornerà e intelligente com'è sono certa che manterrà la sua media al solito livello.
-Senza dubbio – fece Emanuele, sollevato di non essere stato convocato per motivi ben più gravi – bene, terrò presente la sua assenza. Farò in modo di farle comunque avere il materiale.
-La ringrazio molto – Giovanna sorrise e gli porse la mano – bene, la ringrazio del suo tempo, e mi scusi ancora. Arrivederci, Emanuele, buona giornata.
-A lei – strinse la mano magra e fredda di Giovanna, fece un sorriso di circostanza ed uscì dall'ufficio.

-Mariolina, buongiorno.
-Buongiorno, Emanuele – lo guardò, e il suo sguardo diceva tutto. Voleva venirne a capo anche lei.
-Non lo so – rispose, sconsolato – non so nulla. Credo che anche la preside sappia ben poco.
Lei scosse la testa.
-Qualcosa dev'esserci. Abbiamo il diritto di sapere se una nostra alunna è ammalata o ha un problema, oppure no? Come possiamo avvicinarci a lei nel modo giusto, se non conosciamo il motivo di queste assenze?
Alzò le spalle, strinse le labbra e sospirò. Mariolina lo guardò, partecipe, ed annuì.
-Speriamo sia tutto a posto – fece, preoccupata, poi gli toccò una spalla – scappo, che ho la quarta C. Buon lavoro, Emanuele.
-Anche a te.
Durante la giornata incrociò Antonella, che gli lanciò uno sguardo significativo. Trovò anche Sonia per le scale, ma lei non disse nulla; il suo sguardo penetrante poteva significare miliardi di cose, ma raramente lei parlava degli affari degli altri. Tuttavia, sapeva che doveva essere profondamente preoccupata per Bianca.
Quanto a lui, era perplesso. Assenze molto lunghe, e ricorrenti nel tempo. Eppure, ogni volta che tornava, era vispa come l'ultima volta che l'aveva vista.
Quella sera, nonostante avrebbe preferito dimenticarsi di quella ragazzina, ne parlò con Camilla. Quel mistero gli permetteva di sviare la mente da quello che era successo il giorno prima, e, anche se a scuola gli era parso di allontanarsene, era successo tutto in un tempo terribilmente vicino. Meno di ventiquattr'ore, nei fatti.
-Non saprei cosa pensare – era l'opinione di Camilla – dovresti parlare coi genitori, ma mi hai appena detto che hanno chiamato loro stessi, ed evidentemente non vogliono sbottonarsi più di così.
-Puoi soltanto andare per ipotesi – ragionò Emanuele, pensieroso – e la mia ipotesi è che quella ragazzina si droghi. Una volta mi ha confessato che si porta a scuola la vodka per calmarsi, e un'altra volta l'ho trovata che ingoiava delle pastiglie. A me ha detto che era la pillola anticoncezionale, ma ci ho francamente creduto poco. Spesso si esalta, inizia a parlare a raffica, a non stare mai ferma. E, in generale, in classe è sempre su di giri.
-E la madre non sa.
-Non sa, o finge di non sapere; chissà. Probabilmente la madre la trascura e lei cerca le sue attenzioni.
-Oppure cerca di distanziarsi dall'ambiente familiare tramite lo stordimento che le dà la droga.
-So solo che non ha un comportamento normale. Voglio dire; è sempre faticoso tenerla tranquilla, perché è una ragazzina vivace, e purtroppo incanala la sua vivacità nelle, diciamo, pubbliche relazioni. Ma ci sono momenti in cui sembra che non ragioni su quello che dice. E diventa iperattiva. Poi la vedo con le pastiglie in mano, e non me le vuole mostrare. Cosa dovrei pensare?
-Nulla – Camilla scosse la testa – non dovresti pensare nulla. Credo che questa sia la strada giusta.
-Ma allora le assenze? - insistette Emanuele – Quelle, come le giustifichi? Non ne so molto di droga, ma un down dura qualche ora. Non un mese e mezzo.
-Non lo so, Ema. Non saprei giustificarle nemmeno io. Potrei solo pensare che la droga abbia avuto effetti distruttivi, perché, in effetti, se guardi i tossicodipendenti puoi vedere che qualche cellula del cervello si è bruciata. Ma, in tal caso, dovrebbe essere rovinata vita natural durante, quindi non sussiste.
-Salute cagionevole?
-Non ne ho idea. Non conosco Bianca. Sua madre, poi, è inafferrabile; in ufficio è come al solito. Forse non è successo nulla di particolare, magari è ammalata.
-Tanto mistero per una malattia...?
-Non sappiamo di che malattia si tratta, in fondo. Magari è grave, magari è un tumore e lei deve passare periodi lunghi in ospedale.
-Non so. La vedo troppo lanciata, quando torna, perché si tratti di un tumore. E poi, è una ragazza fondamentalmente allegra. È anche vero che piange facilmente, ma, di base, ha un carattere giocoso, vivace.
-Magari vuole distanziarsene il più possibile.
-Vero anche questo. Ma il fisico dovrebbe risentirne, almeno un po'. - Poi ricordò un dettaglio. - In effetti, ultimamente era dimagrita molto. Mi ha detto di aver esagerato con la dieta.
Camilla lo fissò.
-Già – mormorò Emanuele, come in trance – pillole... dimagrita... assenze lunghe... Cristo. E se fossi completamente fuori strada? E se esagerasse con droga e alcool per dimenticare che ha una malattia grave?
-Possibile. Molto probabile. Ma, Ema, perché non te ne accerti di persona?
-Prego?
-Perché non vai a casa sua con la scusa di portarle i compiti e non cerchi d'indagare un po'?
-Perché...
In effetti, non aveva alcun motivo. Fissò Camilla con aria sperduta. Lei scoppiò a ridere.
-Che faccia mi fai? Su, non è difficile. Chiedi l'indirizzo alla segretaria, dille che vuoi avere un colloquio urgente con la famiglia e vai. Ricordati di portarglieli davvero i compiti, però.
-E se i genitori non volessero ricevermi?
-E tu non avvisarli. Presentati lì con la faccia di tolla e fai un bel sorriso. Magari si arrabbieranno, ma intanto sarai entrato in casa loro.
-Sei malefica. Ma amo questo tuo essere malefica – asserì, poi l'afferrò per un polso e se la portò tra le braccia. Un ago invisibile gli punse il cuore e gli fece un male terribile, ma lui finse di non sentirlo e si concentrò sul profumo dei capelli di Camilla.
Dimenticherò, dimenticherò, si disse. Riavrò quello che mi hai rubato. E avrò la vita felice per la quale finora ho combattuto.

-La ringrazio, Annalisa. Buona giornata, arrivederci; e grazie ancora per il suo prezioso aiuto.
Sfoderò un sorriso smagliante e se ne andò agitando la mano. La segretaria era sopra i cinquanta, era bruttina ed era sicuramente poco simpatica, per cui era raro che qualcuno, specialmente un bell'uomo, fosse tanto mieloso con lei.
Emanuele l'aveva fatto per arrivare a Bianca e sperava che Annalisa tenesse la bocca chiusa con la preside; non proprio corretto, certo, ma, in un mondo dove nessuno si preoccupava degli altri, iniziava a chiedersi perché avrebbe dovuto continuare a farlo soltanto lui.
Ora che aveva questa possibilità tra le mani, si sentiva più tranquillo: la lezione fu pacifica, specialmente perché Bianca non c'era e la classe non veniva costantemente agitata da litigi e atti osceni in luogo pubblico. Sentì qualche commento sull'assenza prolungata di “quella troia slabbrata della Ferreri”, ma questo fu quanto; per una volta, poté tornare a casa quasi riposato, confrontando la giornata alla solita routine.
Bianca viveva in un quartiere di Padova, nella prima periferia. Lo raggiunse facilmente con una ventina di minuti di autobus; ebbe qualche difficoltà nel trovare la via, perché Google Maps non era sempre precisissimo e lui non aveva potuto stampare il percorso, ma con l'aiuto di qualche passante riuscì ad arrivare al palazzo giallo chiaro in cui viveva l'alunna più chiacchierata dell'istituto. Fortunatamente, una signora stava uscendo con un barboncino al guinzaglio, e lo lasciò entrare con un sorriso. Emanuele rispose al sorriso, cercando di sembrare disinvolto; salutò la signora, ringraziò e salì le scale. Il condominio contava quattro piani e Bianca viveva proprio all'ultimo; fu quando arrivò col fiato corto sul pianerottolo che, avvicinandosi al campanello, iniziò a sentire delle voci concitate.
All'inizio le sentì in lontananza, probabilmente perché la scena si stava svolgendo in qualche stanza lontana dall'ingresso; ma in capo a pochi secondi si avvicinarono, ed Emanuele, sgomento, udì dei tonfi e una voce maschile che urlava bestemmie ed insulti.
-Tu devi fare quello che ti diciamo noi, hai capito?! - udì distintamente. Poi un altro tonfo. Un urlo di Bianca. Un altro tonfo ancora. - Alzati! Subito!
-Va' via! Via! - strillò la voce tremante di Bianca - Stammi lontano!
-Smettila di fare queste scene – sbraitò suo padre – bu-hu-hu, a piagnucolare e tremare per farmi sembrare un mostro! Alzati!
-Vai VIA! - gridò di nuovo lei, col terrore nella voce.
Emanuele sentì il rumore di un altro colpo. Poi Bianca urlò ancora.
-Mamma, aiuto! - la sentì urlare disperata, e poi tossì. - Mollami! Mamma!
Si udirono altri colpi, questa volta contro una parete. Bianca piangeva, suo padre le diceva che era una testa di cazzo e la madre, ovunque fosse, taceva.
Iniziò a sudare. Questo non era assolutamente previsto. Assolutamente, no, non era previsto. Bianca era la cattiva del suo cast, lei doveva essere condannata, non salvata. E adesso? Cosa poteva fare?
-Vaffanculo, porco D*o – sentì bofonchiare, e poi udì una porta che sbatteva. Ci fu qualche attimo di silenzio, poi una voce di donna che conosceva piuttosto bene intervenne freddamente.
-E sappi che d'ora in poi ti sogni di uscire o che ti diamo ancora la paghetta – proclamò.
Poi, uno scalpiccio nervoso e infine il silenzio.
Rimase lì, di fronte al campanello, indeciso sul da farsi. Se avesse suonato in quel momento, sarebbe stato chiaro che aveva sentito tutto. Decise di aspettare qualche minuto; tirò fuori il libro che aveva nella ventiquattrore e, dopo tre pagine e mezza, in cui sentì la televisione accendersi e diffondere nell'aria voci di tronisti e pretendenti, decise che aveva aspettato abbastanza. Prese un respiro profondo e suonò il campanello.
Dei passi veloci si diressero verso la porta. Sentì il rumore dello spioncino che veniva aperto. Subito dopo, due giri di chiave, e il volto sorridente della signora Milanesi.
-Buongiorno, professor... Vettorel, giusto?
-Buongiorno – tentò di sorridere – spero di non disturbare.
-Ma no, certo che no, abbiamo appena finito di pranzare. E poi io questo pomeriggio sono a casa. Ma prego, si accomodi, non stia lì sulla porta – si scostò per farlo entrare, sempre sorridendo, e gli indicò il grande divano a ferro di cavallo. Bianca non c'era.
-Amore – chiamò, in direzione del reparto notte – c'è il professore di Bianca.
-Sì – sentì arrivare una voce piuttosto tranquilla da qualche 

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