Ho soppesato molto se scrivere o no questo "sfogo", in primo luogo perché sono persona che difficilmente si apre e se lo fa è solo con due persone per me importanti.
Inoltre non mi sembra che questo sia un posto adatto a certe cose, eppure "l'opera" nella quale sto scrivendo è nata come uno sfogo.
Ritengo che i miei problemi siano di entità molto effimera, soprattutto se confrontati con quelli ben più gravi che molta gente affronta ogni giorno. Nonostante ciò non permetto a nessuno di sminuirli con un semplice "eh ma ti fai tanti problemi, non sono questi i veri drammi". Ed è un altro motivo per cui non mi va di parlarne.
Ma si arriva ad un certo punto in cui bisogna respirare e io ne ho veramente bisogno.
Il 2018 è stato un anno buono tutto sommato, dal 2019 non mi aspettavo molto, anzi sapevo che sarebbe stato duro per me che odio i cambiamenti e dover modificare la mia routine.
Il 2019 ha portato via una persona cara, ha rischiato di farmene perdere altre due, una delle quali mi ha messo in seria difficoltà perché mi ha confessato il suo desiderio di farla finita e ho vissuto momenti e giorni di angoscia e nell'indecisione di avvisare l'unica parente che conoscevo.
Ho lasciato la casa da fuori sede a settembre dopo un anno accademico non proprio brillante e in particolare un secondo semestre davvero deleterio. Ho affrontato il conseguente trasloco e la perdita di privacy che avevo costruito in circa quattro anni.
La cui cosa si è ripercossa, e ancora si ripercuote, sulla mia vita di coppia. Anche lei ha subito dei cambiamenti, non nella sostanza, i sentimenti e i legame sono rimasti immutati ma ci sono stati dei cambi logistici per entrambi e diverse piccole difficoltà che rendono difficile, se non impossibile a volte, vivere l'intimità non solo quella fisiologica ma proprio fisica.
Ad ogni modo mi sento sempre più apatica e triste.
La mia situazione universitaria fa si che non posso tirarmi indietro a nove esami dalla fine del mio percorso, a fronte di progetti futuri e il tanto tempo, salute e soldi investiti per questa laurea che mi ha dato qualche soddisfazione ma che ha minato la mia autostima, ma che soprattutto mi ha fatta deragliare verso un sentiero difficile.
La vita accademica, iniziata non subito dopo il diploma, ha smontato tutte le mie certezze e le ha buttate nel cesso, rovinando la persona che fino a 2015 stavo diventando. Una persona che mi piaceva, una persona serena, solare, sicura di se stessa e piena di idee e progetti.
Ad oggi mi ritrovo ad evitare i rapporti sociali in quanto mi ritrovo a dover rispondere in continuazione alle solite domande "quanti esami ti mancano?", "a che anno sei?", "cosa farai dopo?", "quando ti laurei?", "ah ma quindi ti manca un anno più o meno?". Loro non immaginano quanto mi costi fatica rispondere a queste domande, non immaginano il senso di vergogna che provo nel tentare di spiegare che ormai sono fuori corso, che mi mancano tot esami, che non so quanto ancora ci metterò, che la vita non è fatta solo di un contratto a tempo indeterminato per euro 1.200 al mese.
"Non sono questi i problemi della vita", lo so bene e mi ripeto ogni volta "è solo un esame universitario", ma sembra non bastare, sembra sempre che debba giustificarmi con chiunque e con me stessa per essere fuori tempo. Devo ripercorrere tutte le difficoltà che ho avuto per ricordarmi che i nove esami che ancora mi mancano non sono dipesi da me.
Non mi sento realizzata, anzi sento che alla mia età non ho realizzato proprio nulla.
La ricerca di un lavoro per mantenermi agli studi attuali e futuri è deleteria.
Ho affrontato diversi colloqui, alcuni lavori erano fregature, in altri ho dovuto subire il classico maschilismo, in uno ho addirittura dovuto raccontare la mia vita universitaria (pur non essendo un impiego inerente ai miei studi) e sentirmi dire che mi devo sbrigare, che altrimenti non mi prende nessuno, che nove esami sono tanti.
E durante l'ultimo colloquio non ho sentito altro che complimenti ma nessuna chiamata di ritorno. Intanto la seconda rata (salatissima) universitaria si avvicina e non essere economicamente indipendente mi sta logorando.
Vivo con così tanti sensi di colpa verso me stessa e i miei genitori che a volte mi manca letteralmente il respiro.
Sono arrivata ad evitare contatti anche con gli amici di sempre, che a distanza di un mese riescono solo a chiedermi "quando ti laurei", nonostante abbia pregato di non chiedermelo, perché sono in ritardo e lo so, che quella domanda mi fa solo stare male. Ma chi non vive l'università non può capire che anche se non sei stupida, anche se il percorso ti piace, ci sono stati e ci sono così tanti fattori sfavorevoli che laurearsi in tempo non mi è stato proprio possibile.
Sono tante le cose che non mi piacciono di me, come il mio isolarmi sempre di più, il mio sentirmi a disagio ovunque e in qualsiasi contesto, ho nuovamente difficoltà a fare amicizia, ad accettarmi, a piacermi, mi vergogno del mio corpo come mai mi era accaduto prima, neanche quando i kg in più superavano quelli presi adesso dopo il mio periodo da "supermagra".
Sento di spingermi ogni giorno verso un buco nel quale sarà difficile uscire.
Perdonate eventuali errori, ma non ho alcuna intenzione di rileggere e correggere.
Vedo i miei coetanei accendere mutui, compare e arredare casa, convivere, sistemarsi per la vita, viaggiare, sentirsi realizzati. Mentre io passo le miei giornate in una routine logorante, fatta di studio di materie che ormai mi annoiano e non mi stimolano, fatte di pulizie e cucinare perché mi sento in colpa, come se vivessi a scrocco a casa dei miei. Il mio unico svago è la palestra e le visite del mio ragazzo.
Vorrei scrivere ma non ho il tempo e la voglia, così come ho perso più 20 minuti per scrivere tutte queste stronzate.
Sono sempre più spenta e apatica.
Vi prego, se vi viene voglia di commentare non fatelo, non ho bisogno di leggere alcuna parola di biasimo o incoraggiamento, tirereste solo una pallina contro una tenda.
Anzi forse cancellerò questa cosa a breve.
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Qualsiasi colore ti piaccia
General Fiction*purché sia il nero. Raccolta di pensieri personali senza troppe pretese. Frugo tra i sentimenti e poi scappo, tentando di non girarmi indietro.