San Valentino: festa degli innamorati.
Ogni ragazza dichiarava il proprio amore regalando del cioccolato.
Guardavo le mie coetanee essere libere di dichiarare i propri sentimenti. Io non ci riuscivo; con chi amavo, creavo una specie di barriera invisibile per nascondere ciò che provavo.
Questo perché la prima volta che fui sincera, venni ferita ed umiliata dai miei compagni di classe. D'allora mi promisi di non mostrare mai, apertamente i miei sentimenti.
Invece, anni dopo, conobbi una persona per me speciale.
Il nostro era un rapporto molto strano; nonostante ricco di battibecchi era la spalla su cui potevo contare. Sempre ad un passo l'uno dall'altro, non c'era momento dove i nostri occhi non si cercassero, e se uno veniva attaccato, l'altro era pronto a difenderlo.
Se uno era triste, l'altro era pronto a sollevarlo. Potevamo litigare, ma la giornata non poteva finire senza far finta di nulla, per poter cancellare ogni litigio. Nonostante questo legame costruito sul "non detto" potesse esser forte, ebbe comunque molti ostacoli e prove da superare.
Un San Valentino, infatti, ricordo l'ennesima prova: Quella mattina le nostre compagne di classe decisero di farmi il terzo grado sui miei sentimenti. Una cosa che odiavo era quella di esser messa alle strette. Non potevo permettermi di esser smascherata. Ero brava a sviare, e a far credere agli altri, ciò che volevo. L'avevo imparato col tempo. Loro non erano nemmeno mie amiche, non si erano mai interessate a me, lo facevano solo per deridermi.
«Allora ti piace?»
«Chi?» tentavo di far la finta tonta.
«Ma come chi, lui!»
«Non è il mio tipo!» dovevo cercare di mantenere lo sguardo fisso, e di non perdere il contatto visivo, ma soprattutto di cancellare il mio sentimento, almeno in quel momento; Un'alma troppo potente che avrebbero usato contro di me, mettendomi in ridicolo. In quel giorno così speciale, che avrei preferito passare con lui, mi ritrovai ad essere circondata, costretta a dichiarare una verità che volevo tenere per me, ma ciò nonostante negai.«È sempre circondato da ragazze, non è per niente il mio tipo».
Verità: era sempre circondato da ragazze, nonostante ciò, mi aveva conquistato il suo carattere, non di certo solo il suo aspetto fisico.
Avevamo costruito un rapporto d'amore e odio che mi dava una grinta indescrivibile, tanto da permettermi di sopportare il loro prendermi in giro per i miei vestiti, il mio modo di truccarmi, e adesso, stranamente si parlava dei miei sentimenti. Lui non era ancora arrivato, la puntualità non era mai stata il suo forte. Finalmente stanca riuscì ad allontanare quelle domande, convincendole che non fosse il mio tipo.
Il mio desiderio sembrava sempre più lontano.Volevo dargli qualcosa di cioccolato, senza far capire che fosse un dono di San Valentino. Avevo portato una crostata, ma nello zaino si era fatta in poltiglia. Lui non resisteva al cioccolato, era capace di prenderlo anche da terra con la storia dei tre secondi. Sì, sì lo so è disgustoso.
E seppure glielo facessi notare, era pronto a leccarsi le dita per farmi un dispetto.Il mio piano ingenuo diventava sempre più lontano... Non si era presentato, e la campanella stava per suonare. Fui la prima ad alzarmi per raggiungere la seconda lezione della giornata. Quando aprì la porta, me lo trovai di faccia.
«Buongiorno»
«Sempre puntuale tu, eh?» la sua risatina alla mia risposta, e il suo solare "buongiorno" erano la luce di quella giornata. Finalmente era arrivato.
Mi chiamava "misteriosa" , volevo che avesse almeno un dubbio su ciò che provassi, senza mai dargli certezza. Avevo creato quella barriera permettendogli di entrare un po' alla volta, mostrando dolcezza solo in determinati momenti. Esser troppo antipatica e seria avrebbe potuto allontanarlo.
Quando uscì da quell'aula, rimasi ad aspettarlo alla fine del corridoio. Credevo chiedesse scusa all'insegnante per il ritardo, invece, fu fermato da quelle nostre compagne che prima avevano circondato me, sulla soglia della porta. Rabbrividì quando notai il suo sorriso tramutare in tristezza e poi incrociare il mio sguardo con rabbia.«Ha detto che non sei il suo tipo» sentì chiaramente pronunciare. Ricordai di aver detto anche che mi era antipatico, non c'era da preoccuparsi in fondo lo dicevo sempre, ma forse le parole dette da altri hanno un altro sapore. Quelle ragazze non erano mie amiche, ma sue. Dovevo capirlo! Fatto sta che in quel momento si allontanò da me, m'ignorò superandomi, portando il proprio braccio attorno al collo di una di quelle tre, fissandomi con la coda dell'occhio. Lo sapevo era partita la carta della gelosia. Lo faceva sempre, perché sapeva che poteva ferirmi, era il nostro gioco, un modo per attirare l'attenzione.
Lo facevo anch'io quando venivo ferita, grazie al mio migliore amico. Quando ero arrabbiata, per averlo visto parlare con altre.
In passato aveva sempre provato a dichiararsi in tutti i modi, dicendolo in inglese, sussurrandomi "ti amo" in un orecchio durante un compito in classe, ma non riuscivo a prenderlo mai sul serio. Temevo sempre che si potesse trattare di un gioco. E quindi ad ogni sua dimostrazione e dichiarazione rispondevo in modo brusco, senza mai allontanarlo del tutto. Mai avrei immaginato che potesse usare quelle ragazze per mettermi alla prova.
Quel giorno volevo stare con lui, ma io stessa non avevo fiducia nelle sue parole.
A volte le domande sono complicate, e le risposte sono semplici, ma sapere se davvero tenesse a me come io tenevo a lui, per me era impossibile.
Di solito cercavamo sempre di esser seduti vicino, ma quella volta mi cacciò alla domanda se potevo sedermi al suo fianco.
Mi rispose con un secco e coinciso "no"!
Allora decisi di sedermi dietro. Avevo causato un guaio e dovevo rimediare, utilizzando la carta della "verità".
Quando si arrabbiava, potevo vedere i suoi occhi diventare blu scuro, come se l'odio prendesse forma.
Era il mio colore preferito, capace di pietrificarmi e rapirmi. Riuscivo a leggere tristezza e rabbia. E stupidamente mi dispiaceva. Una volta mi disse di amare le persone con gli occhi scuri, mentre io presi la palla al balzo e ammisi che mi piacevano le persone con gli occhi blu. Lo so, lo so... Lo dissi per fargli capire qualcosa, e così ci mettemmo a parlare dei colori, il suo preferito era verde smeraldo, il mio il blu cobalto.
La lezione fu davvero ricca di tensione. Per tutto il tempo, nonostante tutto, appoggiava la schiena al mio banco quasi come se inconsciamente cercasse il contatto. Fu allora che ebbi una piccola idea:
Presi la gomma da cancellare del mio migliore amico al mio fianco che continuava a far saltare sul banco facendola girare tra le dita e la lanciai facendola cadere sul suo petto.
Sobbalzò quasi come se fosse distratto da altri pensieri. Mentre l'insegnante di matematica continuava a scrivere sulla lavagna.
La gomma cadde a terra e in quel momento mi abbassai anch'io raggiungendolo sotto il banco.
«Se sapevo che era tua, non te la prendevo».
«Ti sei svegliato con la luna storta?»
Lottare col suo sguardo di rabbia era una cosa che cercavo di fare con fermezza, ma vedere la sua tristezza nel suo sguardo mi spezzava il cuore.
«Perché non capisci» mi rispose. Per poi alzarsi senza raccogliere la gomma.
Quando raggiunsi la mia posizione, dopo aver recuperato la mia arma. Guardai il mio amico fissarmi anche lui in malo modo. Quel giorno sembrava la festa dell'odio, non degli innamorati. Cercai di scusarmi riponendo la gomma delicatamente sulla mano che teneva aperta, quando cadde tra le sue dita, ricominciò a farla roteare e sbattere sul banco. In quel momento... l'avrei fatta volare dalla finestra.
Allora decisi di fare un'altra cosa, non potevano rovinare quel giorno.
Ripensavo alla sua risposta. Io davvero non capivo? Che cosa dovevo capire? Perché tutti gli altri riuscivano a dichiarare i propri sentimenti senza paura, mentre io mi nascondevo nell'orgoglio?
Per paura di esser ferita, l'avevo ferito.
Eppure una parte di me continuava a ripetermi che semplicemente il nostro rapporto era formato da stupide fantasie, ma il nostro passato iniziò a passarmi davanti agli occhi e volevo chiarire. Gli tirai il cappuccio, approfittando che fosse ancora appoggiato al mio banco.
«Perché mi odi?» chiesi, attirando la sua attenzione, tirando il suo cappuccio con piccoli e delicati scatti.
«Io non ti odio, è esattamente l'opposto».
Sorrisi guardando i suoi occhi non esser più scuri e il suo sguardo meno arrabbiato, solo triste.
Avevamo attirato l'attenzione, eravamo fatti così, parlavamo sotto le righe. Chiesi di uscire, e notai che subito dopo uscì anche lui.
Andai dritta al distributore, scelsi una barretta al cioccolato. Per poi abbassarmi a raccoglierla, aprirla e darle un morso, lui mi raggiunse da finto indifferente, cercando qualcosa da scegliere. Avevo preso la sua barretta preferita. Ticchettai sulla sua spalla, per poi offrirgliela. Lui annuì con la testa per poi addentarla. Avevamo fatto pace, quello era il nostro modo.
«Tu non mi stai antipatico, anzi» affermai e sorridemmo.
«Buon San Valentino»
Dall'ora quella divenne la nostra barretta da condividere, ogni volta che qualcuno dei due la comprava.
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Verde Smeraldo & Blu Cobalto
ChickLitLei riservata tiene per sé ogni suo sentimento, con chi ama si dimostra fredda e calcolatrice vinta dalla paura di esser ferita, ma se teme di perdere chi ama lancia una stoccata, accendendo una speranza quanto basta per non dare certezze. Lui tropp...