Ritardi E Partenze

19 2 1
                                    

Capitolo 7

Ricordo quel momento come se fosse oggi. Le tante camice che mi fece sudare, e i miei pensieri che erano tanto comici, quanto stupidi. Ero un bambino che voleva il suo smeraldo. Troppo esasperato e preoccupato per farmi avanti una buona volta... 

Quante cose abbiamo vissuto, quante ne abbiamo combinate. Ci siamo divertiti, ci siamo feriti, ci siamo amati. Spesso dicono non conti il viaggio, ma la destinazione...

È la millesima volta che guardo questo stupido orologio e ancora non vuol smettere di andare avanti. Sono fuori dal pullman. Tutti sono pronti a partire. Sono l'unico che aspetta qua fuori. Il suo migliore amico nemmeno la chiama! Idiota.

Dall'agitazione sbatto il piede per terra, guardo l'orologio, sbuffo, sospiro.
Dove cavolo sei finita Smery?
«Cosa stai aspettando?» mi chiede l'idiota.
«Mi stanca stare seduto, se dobbiamo aspettare ancora prima di partire preferisco farlo in piedi, e fuori, così respiro aria pulita. Tu piuttosto, perché non la chiami?»
«Chi?»
«Come chi?» è amica mia o tua? Dovrebbe preoccuparsi almeno un po'.
«Su entra» mi chiama la Prof. Tarantino. «Tra poco partiamo».
Sono le parole che non volevo proprio sentire.
Guardo ancora l'inizio della strada, sperando in un miracolo. Un'auto bianca che arrivi in tutta fretta, ma niente. La prof mi richiama, ma davvero non voglio salire. Preferirei aspettare qui per fare una bella sgridata a chi so io.

Non verrà vero?  Sbuffo, e mi arrendo. Salgo sul pullman più lentamente possibile.
«Chi stai aspettando? Cuore infranto» mi fa la mia amica, è l'unica ad aver capito il mio segreto.
«Provo a chiamarla» sento dire l'insegnante. Le mie orecchie si appuntiscono. 

C'è ancora una speranza.  

Ahimè, penso alla questione posti. Ne sono rimasti due e non vicini. Uno libero vicino al suo migliore amico, uno libero vicino alla mia amica.

Nessuna possibilità di sederci accanto, se non separati dal corridoio del pullman. Meglio di niente!

Resta ancora un problema: dove mettersi?

Potrei mettermi vicino al suo amico, in modo da non lasciarli parlare da soli. Ma sarebbe costretta a mettersi accanto alla mia amica, e non si sopportano.
Ho l'unica alternativa. Mettermi vicino alla mia amica, e subire lei vicino a lui per tutto il viaggio. Speravo con tutto il cuore che arrivasse lei, il prima possibile.
«Ehi, ti vuoi sedere?» Avevo dimenticato di esser ancora rimasto in piedi. Maria mi chiama ma ho poco tempo. Un piano mi scervella nella mente.

Mi siedo vicino al suo amico. Farò da tramite per poi mettere a posto le cose.
Dietro di me, tutti iniziano a confabulare, solo una parola attira la mia attenzione: «È arrivata!».

Tutti hanno la testa verso i finestrini e cercano di vedere. Sento dei passi sulle scale del pullman. Sono l'unico che distoglie lo sguardo dalla sua figura.
Ma non resisto. È a pezzi, si vede che ha corso.
«Scusate il ritardo».
Riafferra la bolsa da terra e si alza delicatamente, forse sono solo io che la vedo così lenta come nei film. Un jeans aderente, i capelli che scendono sul lato, una maglietta celeste che mostra la spalla con i suoi graziosi tre nei.

Il mio orecchino preferito che le scende lungo la spalla scoperta. Si mette i capelli dietro l'orecchio mostrando l'altro orecchino, formato unicamente da un solo punto luce.
«Scusate il ritardo» ripete.
«Giusto in tempo ragazza stavamo per partire».
Oggi si è truccata pure più del solito, con un rossetto rosso, che risalta su quella pelle candida. E finalmente il suo sguardo incrocia il mio.
Ci siamo ritrovati. Spero tanto che stesse cercando me, non questo stupido tizio che ho al mio fianco. 

Quando la vede, si alza in piedi appoggiando le braccia tra i due sediolini.
«Andiamo a sederci in fondo?» le chiede.
Vorrei dargli un pugno. Non ho visto nessun posto in fondo. Sinceramente non riesco nemmeno a guardarla, temo che possa accettare la sua offerta e il mio piano andare in fumo.
«No. Credo che qui vada bene».
Ah che fortuna, anche se credo, che non sia tanto contenta dei posti.
«Puoi scalare» mi chiede il suo amico.
Lo fisso. Gli ho lasciato il posto del finestrino, e non è nemmeno contento.
Ahimè, sono costretto. La guardo.
«C'è l'hai fatta a venire!»
«Buongiorno anche a te».
Ho un'idea migliore, le lascio il mio posto, e mi siedo dall'altro lato dalla mia amica. Lei sembra felice e in un certo senso anch'io.
Se devo convivere con lui, almeno mi guardo il panorama: "La sua spalla".

Verde Smeraldo & Blu CobaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora