Capitolo 3

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Uscii dalla casa del branco e iniziai a camminare verso casa. I fili d'erba frusciavano sotto i miei passi e i raggi mattutini del sole mi scaldavano piacevolmente il volto. Sentivo dei versi provenire dal campo poco più avanti, il luogo in cui la mattina mio padre allenava i ragazzi adolescenti. In questi orari allenava solo i più promettenti: i loro allenamenti iniziavano alle sei e terminavano verso le undici. Ogni volta i ragazzi tornavano a casa strisciando, al contrario di mio padre che sorridendo dava il benvenuto alla seconda ondata di giovani pronti ad allenarsi.

"Forza Kevin usa quelle gambe! Vuoi per caso farti rompere quella mascella? Kyle ruota il busto per schivare, cosa sei un pezzo di legno?" mio padre urlò ai ragazzi davanti a lui.

Il gruppo era stato diviso in varie coppie: ognuna di esse aveva preso posto all'interno del cerchio e se le stava dando di santa ragione. Mio padre camminava tra quei cerchi, osservandoli e urlandogli contro correzioni. Alcune ragazzine stavano ai limiti del campo e bisbigliavano tra di loro osservando i ragazzi che a petto nudo si massacravano tra di loro.

Feci schioccare la lingua contro il palato: quella fase non l'avevo mai sperimentata. Osservandole ridacchiare tra di loro e lanciare degli urletti notai però che non sentivo alcuna mancanza di quella perdita. Piuttosto che continuare dritto, sorrisi e superando le scolarette mi avvicinai ai cerchi e a mio padre. Non appena misi un piede dentro il campo, vidi spuntare un sorriso sul suo volto.

"A cosa devo questa presenza figlia?" mi interpellò a quel punto, avvicinandosi a me. Attirò l'attenzione di alcuni ragazzi, che presero quell'occasione per riprendere il respiro e osservarci.

Sorrisi avvicinandomi a uno dei cerchi vuoti del campo. Sollevai lo sguardo su mio padre, che a quel punto aveva i suoi occhi puntati nei miei con una nota divertita "Ho pensato che forse era passato troppo tempo dall'ultima volta che ce le siamo date di santa ragione pa."

Rise e entrò nel cerchio, nel lato opposto al mio "Dici bene ragazzina" iniziammo a girarci intorno a distanza "Mi raccomando, non dirlo alla mamma stasera."

Gli feci un cenno di intesa "Ho le labbra serrate" mi poggiai un dito contro la bocca.

Mi fece un cenno con la mano "Ti sto aspettando Beth."

Mi sporsi in avanti "Non aspettavo altro vecchio" corsi contro di lui. Non si fece prendere di petto,  al contrario  tirò un gancio destro in avanti. Mi ritrovai il suo pugno davanti e fui costretta a fare un salto di lato per schivarlo. Ritrovandomi al suo fianco sollevai una gamba, tirandogli un calcio al fianco sinistro, che venne facilmente bloccato dalle sue mani.

Lui sollevò un sopracciglio con superiorità, il mio sorriso si allargò: con una spinta alzai l'altra gamba sostenendomi con la sua morsa sulla mia altra gamba, utilizzai tutta la forza della spinta per tirargli un calcio dritto in faccia. Fu costretto a lasciare la presa sul mio piede per parare a stento con il braccio il mio colpo. Caddi al suolo con un tonfo, accovacciandomi sulle caviglie prima di rialzarmi.

La sua risata si alzò alta "E questa da chi l'hai imparata?"

Poggiai soddisfatta le mani contro i fianchi "Elia! Chi altro se no?"

"Quel bastardo!"

Fu il mio turno di fargli un cenno con la mano "Sto aspettando vecchio" lo presi in giro.

"L'hai voluto tu ragazzina."

Mi caricò con tutto il suo peso, come un toro. Schivai i suoi affondi sfruttando la mia velocità: cercavo di non lasciargli troppo terreno e di puntare  alle sue caviglie per fargli perdere  l'equilibrio abbassandomi più volte. Aveva capito in fretta le mie intenzioni e riuscii appena a evitare una ginocchiata. Sibilai sentendo uno zigomo bruciare. Mi alzai di scatto assestandogli un pugno sotto il mento, che però non lo mosse indietro neanche di un centimetro: imperterrita continuai la sequenza tirandogli un calcio contro l'addome.

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