IV

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La nostra formazione era mirata a farci diventare loro schiavi. Se ripetere ogni mattina i nomi delle famiglie più in vista tra gli Elven (e i loro cognomi sono semplici, proprio come quella famosa città in Galles) non era un buon indizio, forse le verifiche pratiche su come pulire il pavimento, lavare i bagni e apparecchiare le 7 paia di posate che gli Elven usano per ogni pasto potevano essere più convincenti. Ma non sapevo a che età saremmo diventati schiavi, o come ci avrebbero portato, oppure quali sarebbero state le nostre mansioni.

Nella mia mente da bambino, pensavo che la schiavitù fosse una cosa che solo gli adulti facessero; dopotutto, anche mio padre me ne aveva parlato. Diceva sempre che un uomo era schiavo delle sue scelte, e quindi dovevo stare attento a cosa volevo fare. "Guarda oltre, Alexander", mi diceva. "Non farti cogliere impreparato dalla vita. Pensa bene a dove ti porterà una strada prima ancora di prenderla; la differenza tra pensare prima di agire e agire senza pensare prima è la stessa che c'è tra arrivare sano e salvo a destinazione e cadere da un burrone prima di arrivare a destinazione". Ma lui aveva parlato di un uomo, non di un bambino. Quindi, quando Yoyo e due suoi amici Selii furono portati via dieci giorni dopo, rimasi senza parole.

Anche il modo in cui furono portati via fu piuttosto scioccante: il personale medico li chiamò, dicevano fosse per controlli di routine. Dopo alcune ore, però, ancora non erano tornati. Neanche il giorno successivo. Né il giorno dopo. gli altri Selii non sembravano affatto sorpresi dalla situazione noi eravamo quasi nervosi,

«Sicuramente sono stati portati per le loro mansioni. Erano ormai vecchi», spiegò Ka'orii mentre mangiavamo. Il suo terrano era migliorato incredibilmente in pochi giorni; ormai sembrava una di noi. «Gli Elven porteranno tutti via. Tutti siamo destinati a diventare schiavi prima o poi.»

«Non è giusto». Kele sembrava sconvolto; era pallido, e i suoi occhi erano rossi, come se stesse per piangere. «E se non vogliamo servire i loro piatti o lavare i loro bagni?»

«Meglio quello che finire nelle cave di metallo o nelle miniere di uranio».Era ovviamente una domanda retorica, ma Ka'orii non lo capì.

Lui si alzò, lasciando il suo piatto ancora mezzo pieno. Anche Ka'orii si alzò, portando il suo piatto vuoto.

«Alex, dobbiamo fare qualcosa», mi disse Cori dopo alcuni secondi, prendendo il piatto di Kele e mangiando quello che lui aveva lasciato. Anche lei aveva qualcosa di strano nella voce da quando i Selii erano stati portati via.

«Di cosa parli?»

«Dobbiamo andarcene da qui il prima possibile. Altrimenti potremmo non vedere più Ezechiele.»

«Cori, non capisco. Ma perché non dovremmo più vedere Kele?»

«Kele farà tredici anni tra due settimane.»

«Ancora non capisco.»

«Alexander, l'età in cui gli Elven diventano adulti è 14. È l'età che hanno Yoyo, Sonny e Luka.»

Adulti. A 14 anni. L'età di...

«Quindi... tra un anno...»

«Kele avrà l'età per diventare uno schiavo. E lo porteranno via.»

Tre settimane dopo, le cose non erano cambiate in alcun modo. Arrivarono altri due Selii e quattro Zettelim. Le lotte per le coperte si fecero ancor più violente, e le squadre antisommossa degli Elven agivano così spesso che sembrava dormissero nell'edificio con noi. Ogni settimana che passava sembrava mettere più ansia nella nostra piccola alleanza. Dovevo agire, e farlo rapidamente. Ma, come? Dovevo ammettere che i miei piani fino a quel momento non erano stati...beh, efficaci. Ma quello doveva cambiare. E subito.

Cronache di un conquistatore di mondiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora