VI

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Mi faceva male la schiena. Le gambe non mi reggevano. Avevo le ginocchia sbucciate. Il castigo per aver danneggiato il plesso era veramente esemplare.

Appena uscito dalle gabbie dieci giorni dopo, mi fecero sedere in fondo alla classe. Nessuno aveva il permesso di rivolgermi la parola, né di girarsi per guardarmi. L'unico motivo per cui potevo sedermi con altri nella sala mensa era perché non c'era abbastanza spazio per isolarmi. Ma la cosa più sorprendente era il modo in cui gli Elven trattavano Corinne. Non era più seduta a terra in fondo alla stanza, ma aveva una sedia in prima fila. Partecipava attivamente alla classe, ed era sicuramente la più brava. Non cercava più di essere piccola e sparire tra la gente, ma cercava volentieri l'attenzione degli Elven. E loro la trattavano con una certa deferenza, come non avevano mai fatto con nessuno di noi. Dormiva in una parte diversa della stanza, completamente isolata e con coperte più pesanti e calde, che lasciava in un armadietto chiuso a chiave. Nessuno poteva dirmi perché, e avevo paura di chiedere. Almeno Kele era ancora con noi, e Ka'orii gli faceva compagnia.

«È diventata uno di loro». Alzai lo sguardo leggermente per non farmi notare, e riconobbi le mani di Kele; era stato proprio lui a sedersi di fronte a me all'ora di pranzo. «Pranza con loro, e a volte le permettono anche di dormire in una camera in un piano superiore al nostro, con riscaldamento. Ha ripreso peso, ed è entrata a far parte delle loro cerchie.» Continuai a mangiare in silenzio, ma toccai leggermente la gamba di Kele, perché sapesse che l'avevo sentito senza dare nell'occhio. «Era il tuo piano, non è vero?» Toccai la sua gamba una volta: . Ed era andata a meraviglia. Corinne aveva l'opportunità di sapere prima di chiunque altro quando avrebbero portato Kele al suo "lavoro". «Ka'orii ha finito il congegno.»

«Tenetevi pronti, quando riceveremo conferma da Cori dovremo mettere in atto il piano. Vi lascerò le istruzioni nella camera.»

Assentì brevemente con la testa e mi alzai per andare via. Non volevo mettere nei guai anche lui, ormai ciò di cui avevamo bisogno era stato fatto.

Il mattino dopo riuscii a disegnare i piani mentre eravamo a scuola. Non potevo scriverli su carta, perché contavano i nostri fogli e la punizione per furto di materiale scolastico era uguale a quella per danneggiare la scuola (e con una volta avevo avuto abbastanza), quindi usai l'interno dei miei pantaloni e li lasciai nella stanza; nessuno si sarebbe occupato di lavarli se non io, quindi ero al sicuro.

Appena due giorni dopo il mio rientro ricevetti il messaggio da Cori: altri tre giorni e Kele sarebbe stato portato via. Quel giorno sarebbe attraccata al porto di Nuova Delwi'ii una nave di schiavi proveniente da altri pianeti-porto Elven e diretta alla loro destinazione finale: il pianeta Kortok 12, una Super Terra a 7 parsec da Nuova Delwi'ii. Era chiamato dagli Elven il "pianeta Paradiso", per le grandi ricchezze dei suoi abitanti e per i numerosi giardini pensili, terrazze fiorite e spazi verdi che lo ricoprivano. Nonostante tutto, Kele era stato fortunato nella destinazione, e questo, secondo Ka'orii, era dovuto alla sua "sfavillante bellezza terrana e attrattivo virile".

Non posso opinare al riguardo. Spesso non capisco di cosa parlano le ragazze.

Sarebbe stata proprio Cori a portare Kele all'infermeria, e da lì un Elven l'avrebbe portato sulla nave. Il piano, se riuscivamo a farlo funzionare, era dare l'attrezzo fatto da Ka'orii a Corinne, convincere l'Elven che noi eravamo parte del carico da portare ma che dovevano lasciarci a Zeilong, e cercare i nostri genitori con l'aiuto dei genitori di Ka'orii.

Semplice a dirsi, ma c'erano tante di quelle piccole e grandi cose che potevano andare storte che era impossibile sapere se sarebbe andata bene. Nel peggiore dei casi, Kortok 12 era definitivamente una destinazione migliore di Nuova Delwi'ii.

Il giorno funesto arrivò prima che noi ce ne rendessimo conto. Kele tremava come una foglia, anche se lo avevamo rassicurato un migliaio di volte. Corinne continuava a ignorarci, faceva la sua parte fin troppo bene. Per un attimo dubitai della sua fedeltà.

Dopo l'ora di pranzo, mentre eravamo nella camera, Corinne entrò dalle cucine e si avvicinò al nostro gruppo. «Ezechiele, il medico vuole vederti.»

Feci un breve cenno con la testa senza guardarla; vidi con la coda dell'occhio il cenno quasi impercettibile della sua testa. Guardai Kele; lui si alzò e seguì Cori. Mi alzai dal letto, e Ka'orii mi raggiunse. Nessuno degli altri orfani si era reso conto di niente. Cori e Kele camminavano davanti senza dare nell'occhio; noi due li seguivamo a distanza di sicurezza.

«Alex.»

Mi girai, davanti a me Cori e Kele si fermarono. Le due piccole Kelmyn tenevano Ka'orii per le braccia. Guardai da una alle altre, senza capire cosa stava succedendo. Non capivo la loro lingua, e questo mi sconcertava ancor di più. «Possiamo aiutarvi?»

«Vogliamo venire con voi.» Ah, ecco, quella più grande conosceva la nostra lingua. Che interessante. Ancor più interessante era che non eravamo stati tanto discreti quanto pensavamo noi.

«Ma...noi...»

«Sappiamo che state per scappare.» Anche quella piccola ci capiva. Le cose miglioravano. Perché tutti sembravano essere in grado di capire gli altri ma io no? «Vogliamo venire con voi. Altrimenti daremo l'allarme.»

Cronache di un conquistatore di mondiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora