Lawliet

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Light aprì gli occhi, ma poi li richiuse subito.

Lawliet.

Allora non era un sogno, era successo davvero. Il giovane cercò di girarsi di lato, turbato, ma la schiena dolorosamente indolenzita gli lanciò una fitta di dolore. E dire che L aveva dormito su quella sedia per quasi due mesi senza mai accennare a un lamento. Aveva uno spirito di sacrificio davvero encomiabile, pensò Light, quasi quanto il proprio, che si era condannato a una non-vita pur di epurare il mondo dai criminali.

Lawliet. Quindi era questo il suo nome, ciò che per lungo tempo si era domandato incessantemente. Finalmente lo sapeva: Lawliet, Lawliet, Lawliet.

L'entusiasmo e il trionfo erano così potenti che gli veniva quasi da ridere.

Lawliet, Lawliet, Lawliet.

Gli piaceva molto il suono che faceva, era un nome eufonico, e Light si era addormentato con quelle sillabe sulle labbra, vive nel cervello. Certo non poteva scriverlo sul Death Note, visto che gli mancava il cognome... O il nome? Light non conosceva bene i nomi occidentali e non sapeva dire con certezza se Lawliet fosse un nome o un cognome. Sia come sia, restava comunque un dato insufficiente per il Death Note.
Trovava solo strano che L gli avesse detto che ora poteva ucciderlo, come se non avesse altri nomi al di fuori di quello... Poi gli ritornò alla mente il dubbio che lo aveva attanagliato per due ore buone mentre aveva finto di dormire: L poteva non avere un cognome. Era cresciuto in un orfanotrofio, i dirigenti potevano averlo omesso. Trovava però strano che in Inghilterra non mettessero i cognomi ai figli di ignoti. In Giappone era obbligatorio, visto che il cognome precedeva il nome.

Light, in altri termini, non riusciva a darsi pace. Continuava a elucubrare in silenzio e con gli occhi chiusi, fingendo malamente di dormire. Ma la cosa che lo turbava di più erano le sue emozioni contraddittorie. Perché agitarsi tanto? Che senso aveva tutta questa preoccupazione? Gli sarebbe bastato scrivere nel Death Note "Lawliet" pensando a L e il dubbio si sarebbe risolto.

Solo che...

Solo che.

-Buongiorno, Light-Kun-

Light aprì gli occhi, e subito la luce di un portatile gli ferì la vista.

-Ciao- gli rispose, rigido. Senza rendersene conto, durante la notte aveva sollevato le gambe e appoggiato i piedi sul letto... Anzi, sulla schiena di L, visto che questi era sdraiato prono col pc portatile tra i gomiti e un sacchetto di caramelle ormai vuoto.

-Scusami- gli disse, abbassandole subito appena si rese conto che quella superficie calda non era il materasso.

-Figurati- esclamò L, infilandosi in bocca una manciata di orsetti gommosi -Sono cresciuto in un orfanotrofio, sono abituato a svegliarmi con piedi in ogni dove-

"Piedi in ogni dove?"

-Dormivate in camerate?-

-No, però gli ultimi anni ho diviso la stanza con Mello e Near. In realtà solo con Near, visto che Mello andava di nascosto dal suo fidanzato. E Near ha sempre avuto paura del buio, perciò dormiva vicino a me-

Light annuì, certo che non avrebbe mai sopportato una situazione del genere. Ma la cosa importante era un'altra.

-Perché ieri notte mi hai rivelato il tuo nome?-

-Ho sbagliato?- gli domandò L, addentando un orsetto alla fragola.

-Tu credi che io sia Kira- osservò Light, sporgendosi verso di lui -Perciò, dicendomi il tuo nome, è come se ti fossi condannato a morte-

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