Giocare con il fuoco

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-Finirà per ucciderti, ragazzo mio-

-Watari, non essere così pessimista... Ci sono buone probabilità che io sopravviva-

-Buone?-

-Intorno all'8%...- rispose L, abbassando lo sguardo.

-L, non puoi affrontare tutto questo da solo-

-Ma io sono solo-

-Sai anche tu che non è vero- lo contraddisse l'anziano -Ci sono io, e ci sono anche Near e Mello, che ti vogliono bene-

-È proprio per questo che voglio lasciarli fuori. Watari, promettimi che qualunque cosa accada, non li coinvolgerai in questo caso. Promettimelo-

-Temo sia troppo tardi, figliolo...-

L non aveva mai avuto molti amici.

Sicuramente il fatto che fosse affetto da una sindrome che gli procurava difficoltà nelle interazioni sociali non l'aveva aiutato, ma sta di fatto che la solitudine a cui si era condannato, non era dettata da una scelta. Avrebbe tanto desiderato degli amici, una famiglia e un partner nel senso romantico del termine, ma ormai si era rassegnato alla solitudine. Nessuno avrebbe mai potuto amarlo, sia per la pericolosa professione che esercitava, sia per le stranezze che era consapevole di avere.

Light Yagami, invece, era solo per scelta.

Bello, popolare e studioso, avrebbe potuto avere chiunque eppure non voleva nessuno. La gente lo disturbava, la stupidità e l'inettitudine delle persone lo infastidivano in modo quasi brutale, eccessivo.

Si sentiva come un adulto in un mondo di bambini, tutti gli parevano ingenui, insignificanti e lenti di comprendonio come pecore allevate per il macello. Non c'era stata una volta in cui si fosse sentito inferiore o pari o qualcuno.

O almeno fino a che non aveva conosciuto L.

Egli era senza dubbio il soggetto più strambo e problematico che avesse mai incontrato, ma almeno non era un completo idiota come gli altri. Ovviamente non era al suo livello, ma si può dire che Light lo ritenesse un degno avversario, una mente brillante con cui intrattenere finalmente una conversazione degna di questo nome.

Solo che, per un motivo o per un altro, le loro conversazioni finivano sempre per degenerare in risse, minacce o provocazioni, soprattutto da quando vivevano ammanettati ventiquattro ore su ventiquattro.

E dire che Light era dotato di una pazienza e di una forza d'animo eccezionali, che gli avevano permesso di sopravvivere rinchiuso in una cella di isolamento per più di un mese senza mai sbottare, in silenzio, senza nessuno svago o nessuna forma di conforto. Eppure L e le sue stranezze riuscivano a fargli perdere completamente le staffe. Il modo imperfetto con cui si muoveva, il tono di voce monocorde con cui parlava e gli sguardi indecifrabili che gli rivolgeva erano per Light motivo di imbarazzo o irritazione, anche perché non riusciva mai a comprendere fino in fondo ciò che pensava, quali fossero le sue reali intenzioni. L insomma era l'unico che sfuggiva dalla sua sfera di controllo, e questo a Light non andava giù.

Era frustrante, soprattutto da quando aveva riacquistato i suoi ricordi. Prima, quando non rimembrava di essere Kira, L gli appariva come un soggetto stravagante e misterioso, e le domande che si poneva sul suo conto erano per lo più innocenti e pleonastiche. Si chiedeva perché non dormisse mai, perché non si cambiasse mai d'abito di fronte a lui, perchè apparisse sempre così depresso e serioso, tanto da fargli venire l'impulso di chiedergli "Ma che cosa hai, si può sapere?", solo per conoscere davvero chi aveva davanti.

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