Capitolo 2

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«Esatto,» Saul Klinge annuì, «un Cacciatore di Streghe.»

Pallido come un cadavere il locandiere arretrò di mezzo passo come se quelle parole fossero carboni ardenti. «E cosa vuoi da me?»

«Innanzitutto sapere qual è il tuo nome.»

«Tutti mi chiamano Bär.»

Il Cacciatore scrutò l'energumeno che gli stava di fronte: la mole poderosa, la barba e i capelli tanto folti quanto aggrovigliati, gli avambracci irsuti che uscivano dalle maniche arrotolate della camicia, "orso" era un soprannome adeguato.

«Sta bene, Bär, mi ero fermato qui solo per una birra e delle informazioni, le locande sono il posto migliore per trovare entrambe le cose, ma ora desidero che tu mi faccia vedere il tuo povero cane.»

Per un momento il locandiere rimase a fissarlo sbattendo le palpebre, come se facesse fatica a decifrare le parole. Un solo momento. Poi con un ruggito si avventò su di lui. Il tavolaccio si rovesciò, il boccale di terracotta volò in terra infrangendosi in pezzi dai bordi affilati.

Un attimo prima di essere travolto Klinge afferrò la spada lunga e scartò di lato. Il piano del tavolo e il locandiere gli passarono di fianco. Con l'arma ancora infoderata colpì come fosse un randello. Mirava alla nuca del suo aggressore ma lo slancio di quello era troppo e la punta di metallo del fodero colpì l'uomo tra le scapole facendolo sbilanciare ancora di più.

Bär finì tra i cocci e subito una chiazza di sangue si allargò sulle assi di legno del pavimento. L'energumeno però sembrava non sentire dolore. Si rialzò ruotando su se stesso e in un solo movimento si scagliò ancora contro il Cacciatore. Nelle mani insanguinate brandiva un pezzo appuntito di terracotta. Usandolo come un pugnale fendette l'aria costringendo Klinge ad arretrare. Mirava alla testa, alla gola, al petto, colpiva per uccidere ma con movimenti troppo goffi. Il Cacciatore riusciva a prevedere le mosse dell'avversario e a evitarle, ma gli affondi anche se andavano a vuoto lo stavano spingendo con le spalle al muro. Con un ringhio animalesco Bär caricò puntando al ventre per sbudellarlo. Di nuovo Klinge fu più rapido, arretrando e facendo roteare la lunga spada. Questa volta il colpo andò a segno e il fodero di legno colpì il locandiere al polso facendogli mollare l'arma improvvisata. Nel tempo di un gemito il Cacciatore fu davanti al suo avversario. Colpì l'uomo alla bocca dello stomaco con un pugno e quando quello si piegò in due, senza fiato, calò il pomolo dello spadone sul suo volto. Lo zigomo andò in frantumi, la faccia del locandiere si trasformò in una maschera scarlatta. Altro sangue piovve sul pavimento, rendendolo viscido. I passi incerti di Bär non trovarono solida presa, l'uomo scivolò e crollò sulle assi di legno macchiato. Rimase lì, senza muoversi.

Saul Klinge abbassò lo sguardo sul corpo esanime e per un momento pensò che sarebbe stato facile inchiodarlo al pavimento con la sua spada. Il suono lungo e lamentoso che aveva udito in precedenza si ripeté. Digrignò i denti. Era ancora presto per decretare una sentenza di morte. O almeno per decretare come dovesse morire il suo aggressore..

Recuperò la borsa che aveva lasciato a terra e che in tutto quel trambusto era finita in un angolo. Poi sfoderò lo spadone, liberandone la lama incisa di rune e il cui acciaio mandava singolari riflessi bluastri.

I suoi stivali calpestarono i cocci e il sangue sul pavimento, superò il tavolaccio ribaltato e si diresse verso il fondo della stanza lasciando una scia di impronte scarlatte dietro di sé. Provò la porta con attenzione e quella si aprì cigolando sui cardini. Come in risposta il pigolio doloroso che aveva destato il suo interesse tornò a farsi sentire, ancora lontano. Lo investì una zaffata di chiuso, di stantio, e di cibo lasciato ad invecchiare. La dispensa, come aveva pensato.

La luce tremolante di una lanterna rischiarava l'ambiente dal fondo della stanza. Klinge si inoltrò tra le credenze e le mensole che ospitavano cibi, bottiglie e tutto quello che serviva alla vita di una locanda, nonostante quella in particolare non mostrasse molta vitalità. Le ombre ondeggianti rendevano ogni anfratto un possibile nascondiglio. Ad ogni passo gli occhi del cacciatore scattavano da una parte all'altra, le dita serrate attorno all'elsa.

Giunto dall'altra parte della dispensa si ritrovò in una pozza di luce, la lanterna appesa al muro alla sua destra, sulla sinistra si apriva un arco nella parete in cui il chiarore tremolante ruscellava mostrando una porzione di scala: fauci spalancate e una lingua di gradini che penetrava un'oscurità umida e soffocante.

Saul Klinge ristette. Valutò il margine d'azione che avrebbe avuto in uno spazio così ristretto. Non avrebbe potuto maneggiare agevolmente lo spadone, di fatto anche rimettendolo nel fodero sarebbe stato d'impaccio. Lasciarlo lì era fuori discussione.

Il suono che l'aveva attirato fin lì si ripetè strappandolo dai suoi pensieri. Un gemito chiaramente umano, da lì ora lo sentiva. Un gemito che terminava in un dolente singhiozzare. Brandì la spada con una mano sola, tenendola con la punta rivolta in avanti, pronto ad usarla come una lancia, strappò la lanterna dal gancio a cui era appesa e, senza esitare oltre, si fece divorare dalle tenebre.

HEXENJÄGER - Il Cacciatore di StregheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora