Capitolo 7

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Abbandonata la lingua delle scritture la voce del Cacciatore prese ad alzarsi e ad abbassarsi in un salmodiare monotono come l'incessante balbettio del mare. L'infrangersi delle onde sulla battigia seguito dalla risacca, un'ineluttabile sciabordio dal ritmo di preghiera che evoca nelle menti sensibili e negli animi fragili visioni di scenari abissali, città sommerse irte di guglie ciclopiche, portali di proporzioni titaniche che sigillano tombe di blasfeme divinità dormienti.

Ma la mente del Cacciatore era tutt'altro che suggestionabile e nulla in lui era fragile, men che meno il suo animo. Saul Klinge era l'acciaio della fede forgiato nelle fiamme dell'inferno. La spada di Dio. Difesa dei miti, castigo degli empi.

Dalle sue labbra fluivano incessantemente parole appartenute a una lingua morta quanto le lingue che l'avevano pronunciata in origine. Aliene come il male, antiche come la paura. Parole il cui pieno significato era sabbia perduta nel deserto del tempo, ma quel poco che poteva cogliere accarezzava la mente di Klinge con i freddi artigli dell'orrore.

Il Cacciatore teneva gli occhi chiusi, una mano serrata attorno alla lama piantata in terra. Il dolore impediva alla sua sanità mentale di sgretolarsi. Al ritmo della litania il sangue sembrava scorrere più rapido sul metallo.

La sua linfa vitale infondeva potere in quelle parole immonde. Parole di dominio.

Dietro alle palpebre abbassate si dispiegava una danza macabra di ombre e visioni. Oltre la cecità che si era imposto, invece, c'era la bestia. E la bestia urlava.

Sentiva la cosa che era stata Friederika Krüger lanciare grida di rabbia e di dolore, come se aghi arroventati le stessero martoriando le carni.

«Il tuo dio non ti proteggerà in eterno.» La sentiva muoversi convulsamente. «La fame» era sul soffitto, «e la sete» sui muri, «avranno ragione di te» percepiva i suoi tentativi di avvicinarsi, «e io sarò qui», per avventarsi su di lui, «ad aspettare!».

Aveva ragione, lo sapevano entrambi, ma finché il potere del cerchio la teneva lontana c'era una possibilità di sconfiggere la creatura. Era questo che la faceva infuriare.

La voce di Klinge si fece più forte mentre scandiva antiche formule di comando. Sentì la cosa squittire e guaire. La immaginò raggomitolarsi nell'angolo più lontano da lui.

«Perché?» La voce questa volta era cristallina, dolce ma venata di pianto. La voce della Friederika Krüger bambina. Quel cambiamento repentino spiazzò Klinge. La creatura colse un'incrinatura nella sua litania e tentò di infilarcisi. «Perché mi fate questo signore?» Forzava le sue difese instillando in lui il senso della colpa, l'idea che quello che stava facendo era torturare inutilmente una povera bimba.

Il cacciatore represse l'istinto di serrare i denti per la rabbia e continuò a salmodiare. La nenia riprese il suo ritmo alieno.

«Perché mi fai male signore?» Piagnucolò la voce di bambina. «Perché mi fai male come tutti gli altri?»

Di nuovo il Cacciatore alzò la voce con imperio e la cosa oltre il cerchio riprese a urlare.

«Sciocco!» La voce era tornata quella raschiante del diavolo che possedeva la ragazza. «Folle!» Rabbiosa da far vacillare

«Morirai di mille morti!» Furente. «E mille morti ancora!»

In risposta a quelle minacce la lingua di Klinge schioccò contro il palato con un rumore di frusta, sibilò con rabbia sillabe che non erano state concepite per voce umana.

L'abominio lanciò un acuto stridio da gatto scuoiato vivo. Soffriva, ed era un bene, ma lo scopo di Klinge non era quello di torturarla. Doveva sottometterla e spezzarla, per questo ne combatteva la natura diabolica con un potere altrettanto infernale.

Il sangue fluiva lungo la lama formando a terra una piccola pozza che scuriva la terra battuta. Combattere il fuoco con il fuoco, fino a estinguerlo o a restarne consumati.

Il ritmo dell'incantesimo crebbe, le parole che nulla avevano di terreno si concatenarono strettamente in versi sempre più incalzanti. Le sillabe si alternavano furiose come i colpi di un'amante prossimo all'orgasmo e la bestia urlava, urlava, urlava.

Uno schianto improvviso. Legno contro la pietra.

Klinge sbarrò gli occhi, le parole gli morirono in gola. La porta era stata spalancata con violenza.

«Friederika!» Il locandiere se ne stava sulla soglia, il volto livido e tumefatto, lo sguardo inorridito, fisso sul soffitto.

La cosa era rattrappita nel suo angolo, ma l'interruzione la fece riavere. Il volto della ragazzina, ritorto in modo innaturale, si deformò in una grottesca parodia di sorriso. «Padre...»

HEXENJÄGER - Il Cacciatore di StregheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora