Capitolo 5

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L'essere che era stata Friederika Krüger si ergeva di fronte a lui in tutta la sua blasfema oscenità. Appariva più alta e se possibile ancora più smunta, come se il corpo si fosse innaturalmente allungato. La pelle era oltre il pallore, livida, a tratti bluastra. I capelli luridi ricadevano su un volto trasfigurato: le guance scavate, gli zigomi sporgenti, gli occhi ribaltati a mostrare la sclera, eppure impossibilmente vigili. La bocca aperta era un pozzo nero atteggiato a una disgustosa parodia di riso.

La cosa avanzò verso di lui, ma le catene le serravano ancora i polsi trattenendola. Strattonò un paio di volte senza risultato, poi chinò la testa a guardare quello che le impediva di muoversi e sembrò realizzare solo in quel momento di essere ai ceppi. Emise un suono stridulo e singhiozzante che fece scorrere un brivido lungo la schiena di Klinge e prese a contorcersi. Le spalle si arcuarono, la schiena si tese, la cosa tirò come se dovesse sfilarsi le maniche di una camicia. Ci fu un rumore di ossa che si rompevano, il suono umido di pelle che si lacerava. L'essere liberò una mano orribilmente deformata dalla manetta che la costringeva, poi tirò e tirò ancora e liberò allo stesso modo anche l'altra mano.

Si osservò la destra, poi la sinistra, dita lunghe e ritorte, aguzze come artigli, ricoperte di sangue nero come le acque dei fiumi infernali da oltre i quali la cosa era venuta.

L'essere emise ancora il verso stridulo di poco prima, il Cacciatore capì che si trattava di una specie di risata, una risata folle e inumana. Ebbe l'impulso di fuggire, ma si costrinse a rimanere dov'era. Oltrepassare il cerchio significava abbandonarne la protezione, infrangerne l'integrità. Poteva solo combattere e come armi aveva solamente la sua conoscenza e le sue lame. E la sua fede. Sempre.

«Rivelati!» Urlò alzandosi in piedi. «Dimmi qual è il tuo nome, io te lo comando!»

Il demone in veste di fanciulla fissò gli occhi lattiginosi sull'uomo ed eruppe in una piena risata dissonante. «Uomo di fede!» La voce della cosa sembrava un coro di mille voci proveniente da ogni dove. « Tu credi che conoscere un nome ti darà potere su chi lo porta?»

Avanzò lentamente di un paio di passi, poi si portò le mani adunche al vestito sbrindellato e con un solo gesto lo stracciò gettandolo di lato. Il corpo una parodia delle grazie di una fanciulla in boccio, i seni appena accennati, i fianchi non ancora arrotondati, il pube coperto da una leggera ombra, ma la pelle sembrava tirata sulle ossa sporgenti fin quasi al punto di rottura.

«Ebbene sappi che il nostro nome è Lilith che giace con le moltitudini e Ishtar che ama oltre ogni remora.» La creatura si piegò in avanti, poggiando le mani a terra come un quadrupede. «Noi siamo Kali che danza agitando le teste mozzate dei suoi nemici e Sekhmet ebbra di sangue.» Iniziò tracciando una rotta circolare attorno a lui, come un felino attorno alla preda ferita. «Il nostro nome è Diana che caccia e trafigge, il nostro nome è Aradia e Rejusta e Reitia!» Il cerchio si stringeva e si stringeva, Klinge non le staccava gli occhi di dosso. «Poiché Noi siamo Una così siamo Tutto!»

La creatura si fermò e il suo sorriso si aprì in un ghigno che snudò due file di denti aguzzi. «Credi davvero che il tuo piccolo cerchio ti possa proteggere?»

La bestia infernale scattò in avanti con un ringhio, le braccia protese, gli artigli pronti a ghermire. Le parole salirono alle labbra di Klinge senza che avesse bisogno di pensarle: «Scutum meum es Dominus Deus exercituum»

La cosa si bloccò senza varcare il cerchio tracciato con il sangue, il volto stravolto dalla furia.

D'istinto Klinge estrasse la spada che portava al fianco. La lama strisciò contro il fodero fino ad uscirne del tutto. La bestia abbassò gli occhi sulla lama e la sua espressione mutò da un momentaneo sconcerto a un subitaneo terrore. Lanciò un urlo così raccapricciante che nessuna gola umana avrebbe mai potuto ripetere. Si rattrappì su se stessa uggiolando per poi schizzare all'indietro, di nuovo su quattro zampe, muovendosi freneticamente da un lato all'altro della stanza, impazzita come una falena o come uno scarafaggio intrappolato. Poi la cosa che era stata Friederika Krüger prese a salire sul muro con l'agilità sgraziata di un insetto, fino a raggiungere il soffitto, nell'angolo della stanza più lontano da lui. Lì il demone dalle sembianze di bambina rimase acquattato per un momento, pancia al soffitto, schiena al pavimento, gli arti aggrappati alle assi del soffitto senza alcuna spiegazione possibile se non l'intervento del maligno.

Lentamente, con sommo orrore di Klinge, la cosa girò la testa fino a ruotarla completamente, come se le avessero torto il collo fino a spezzarlo. Guardò l'uomo con un odio che non conosceva pacificazione.

«Tu!» Proruppe in un urlo animalesco. «Chi sei tu per portare quella lama?!?»

HEXENJÄGER - Il Cacciatore di StregheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora