Si svegliò il mattino seguente con la sensazione di aver dormito per anni. La fatica a compiere i primi movimenti e un leggero intorpidimento al braccio, gli fecero intuire di averlo fatto nella stessa posizione per ore. Aveva un leggero mal di testa dovuto alle birre scolate la sera prima anche se non ne aveva bevute molte, era solo un pò fuori allenamento. Si alzò dal divano. La luce del sole che entrava dalla finestra disegnava sul pavimento rettangoli d'oro e la polvere sospesa nell'aria dava corpo ai raggi che filtravano. Riaccese un fuocherello nel camino con l'intento di cuocere delle uova nel tegame. Il calore troppo intenso le fecero bruciacchiare arricchendole di sapore, o almeno così gli sembrò. Sarebbe andato alla tavola calda quella mattina e voleva essere presentabile. Forse avrebbe parlato con Emily. Sistemò alla meglio i suoi capelli e i vestiti, poi uscì di casa. Avrebbe lavato il viso nel bagno del locale prima di ordinare, visto che dal rubinetto di casa non usciva nulla. Era sempre stato attento alla cura di se stesso e la detenzione non lo aveva cambiato, almeno in quello. Davanti alle vetrine era parcheggiata un'auto della polizia con, a pochi passi, gli agenti intenti a bere caffè o qualcosa di simile, da grandi bicchieri di carta bianca. Entrò senza farci troppo caso e si diresse in bagno per sciacquarsi il viso. Quando uscì, prese posto al bancone questa volta, forse per vedere meglio Emily ed ordinò un caffè. Lei era sempre splendida anche se aveva il viso di chi ha dormito poco. Sicuramente era uscita con le amiche o con il fidanzato, disse tra se. Era tanto indaffarata che non lo notò nemmeno. Non era mai stato bravo con gli approcci con le donne. Un pessimo aspetto e gli anni di prigione non l'avrebbero aiutato in quella situazione. Ad un tratto si sentì chiamare: "John?.....John Mitchell? ". Si voltò di colpo, come se un petardo fosse scoppiato all'improvviso nel locale e vide una signora anziana che riconobbe subito. Era la signora Sheeply, la sua insegnante di scuola. Era minuta e un pò ricurva, il suo soprabito color cappuccino la faceva sembrare ancora più vecchia di quello che era. Quella visione lo tranquillizzò subito, non che avesse paura di qualcuno lì fuori ma perché dietro le sbarre, di solito, il tuo nome era seguito da una coltellata o da un pugno. Decisero di sedersi ad un tavolo per fare due chiacchiere. Viveva con suo marito in città, raccontò, e disse che aveva saputo del suo arresto ed era molto dispiaciuta. Abrams chiese notizie dei suoi genitori e lei rispose che se ne erano andati pochi mesi dopo la rapina, avevano fatto i bagagli con destinazione Canada, da uno zio. Parlarono ancora un pò e prima di salutarsi, lei offrì un posto di lavoro ad Abrams ; avrebbe dovuto occuparsi del giardino, della manutenzione della casa e del suo anziano marito. In cambio di una misera paga, vitto e alloggio, che al momento per lui era come aver vinto alla lotteria. Ringraziò e rispose che ci avrebbe pensato nei prossimi giorni, poi si salutarono. Tutto questo era molto strano. I suoi genitori non avrebbero mai fatto un viaggio così lungo, forse non avrebbero mai fatto un viaggio. Di certo non avevano uno zio in Canada e di questo ne era sicuro. Dove erano andati? Molto più vicino, pensò, anche se il Canada era una buona scusa per far perdere le loro tracce. Uscì e si incamminò sul marciapiede, pensando ai suoi genitori e all'offerta di rifarsi una vita con un lavoro onesto. Per qualche strana ragione, decise di cercare la borsa quella notte stessa, si incamminò verso casa per trovare una pala con cui scavare. Il capanno degli attrezzi della fattoria e la luna piena, avrebbero fatto al caso suo.

STAI LEGGENDO
Sotto l'ombra del cactus
Mystery / Thriller[COMPLETA] Arizona, 1999. Un uomo appena uscito di prigione,deve fare i conti con il suo passato, o con quel che ne rimane. Dei soldi nascosti, vecchie conoscenze e un cactus, fanno da contorno ai fatti di questo racconto. Un thriller dai risvolti i...