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Lo scorrere della strada lo cullava verso la casa dei suoi vecchi. Era una bella sensazione guastata solo da un lieve odore di piscio presente sul bus. Abrams di certo non si lamentava della puzza, che non era troppo diversa da quella delle celle del penitenziario. Abrams era il suo soprannome in prigione. Abrams come il carro armato M1 Abrams. Non si guadagnò quello pseudonimo per la sua prestanza fisica che rientrava nella norma e nemmeno perché il carro era inarrestabile, o almeno così dicevano, ma per il seguito di un litigio nella sala mensa. Durante l'ora d'aria in cortile, le sue mani afferrarono il collo di un detenuto affondando le dita nella pelle talmente tanto da farle sembrare cingoli nel fango. Si guadagnò così il rispetto di tanti, tale nomignolo e alcuni mesi in più di detenzione. Da giovane era sempre stato un poco di buono senza voglia di lavorare e di studiare. La disperazione dei suoi genitori non stimolava in lui nessuna prospettiva dignitosa. Il percorso della sua vita lo portò a compiere scelte sempre più sbagliate e pericolose, come quella di prendere parte alla "rapina del secolo", come la chiamava il suo compare Chopper. Consisteva nel rapinare l'ufficio postale di Phoenix, o meglio il furgone con i soldi che puntualmente ci faceva tappa, scappare, nascondere il bottino nel deserto e quando tutto era più tranquillo recuperare il "tesoro", come lo chiamava Chopper. Chopper era un ragazzo poco più che ventenne come lui, smilzo e con i capelli rossicci. Il suo soprannome era dovuto alla sua passione per le moto, anche se non ne aveva mai posseduta una in tutta la sua vita, era un vero esperto. Solo le sue sonore flatulenze assomigliavano allo scoppiettare delle marmitte. La rapina non andò male come può sembrare. Andò malissimo. Rubarono una Lincoln Continental del '73 fuori città e si recarono all'ufficio postale in attesa del furgone. Per non dare nell'occhio Abrams parcheggiò in una via laterale lontano da occhi curiosi. Avevano con loro due pistole recuperate non si sa dove, una nella tasca di Chopper e l'altra nella mano di Coyote . La pelle del sedile posteriore scricchiolava come il ponte di una vecchia nave a dimostrazione che Coyote non era proprio tranquillo. Anche lui aveva un fisico atletico, con due dentoni a paletta e la testa più grossa della media. Il suo sguardo era di chi non ha tutte le rotelle a posto. Si chiamava così perché una sera tornò a casa e suo padre ubriaco lo cacciò via, costringendolo a dormire fuori. Si mise tra le sterpaglie della campagna e fu quasi attaccato da un branco di Coyote. Scesero dall'auto e aspettarono nel vicolo, nel frattempo arrivò il furgone con a bordo due guardie. La situazione sembrava tranquilla, come tutte le altre mattine si accostò al cancello che dava accesso al cortile interno delle poste, in attesa di entrare, ma non appena scese una di loro, Coyote iniziò a sparare come nel far west, ragliando come un asino sotto una raffica di bastonate, uccidendoli entrambi. Abrams e Chopper si guardarono. Il tempo si fermò come nel suo orologio a molla, poi un urlo di una donna spezzò il silenzio. Tutto riprese a muoversi. Saltarono sul furgone, presero le sacche con i soldi e montarono in macchina di nuovo schizzando a tutta velocità, lasciandosi dietro solo una scia di polvere densa e irrespirabile, due morti e Coyote che ragliava. Fargli prendere parte al piano fu una delle grandi scelte sbagliate della vita di Abrams.

Sotto l'ombra del cactusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora