1. Il ragazzo col cappellino blu

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«Si, grazie» risposi alla commessa, quando mi chiese se volessi abbinare una matita contorno labbra al mio rossetto nude. In realtà a casa ne avevo già mille, non mi serviva proprio, ma accettai ugualmente.

Ecco l'ennesimo "sì".

Non riuscivo mai a dire no, a nessuno.

Non dicevo no alla commessa, nonostante stesse provando a vendermi qualcosa di cui non avevo bisogno. Non dicevo no a mia madre quando mi incaricava di sbrigare le sue solite commissioni. Non dicevo di no ai miei professori quando mi proponevano di contribuire agli studi per le loro ricerche. Non dicevo no nemmeno ad Iris e Pier, i miei migliori amici, e questa forse era l'unica cosa di cui non mi pentivo mai. Le loro erano quasi sempre richieste di aiuto in situazioni hot che riguardavano ragazzi. Non a caso, anche scorsa settimana un "sì" scivolò fuori dalle mie labbra senza che me ne rendessi conto, quando Pier mi chiese di pedinare per l'ennesima volta il suo sogno erotico, Kiko Dower. Si innamorò di lui al suo tredicesimo compleanno, quando Kiko gli rubò un bacio a stampo per fargli gli auguri, scappando via subito dopo. Anche se adesso avevamo quasi tutti diciotto anni, alcune cose non cambiavano mai, ci divertivamo con poco.

«Hai preso tutto ciò che ti serviva?» mi chiese Iris non appena mi vide uscire dal negozio di cosmetici. Aveva un'espressione divertita, probabilmente intuì che avevo ceduto un'altra volta.

Annuii e raggiungemmo l'uscita del centro commerciale. Mentre cercavo le chiavi della macchina in borsa, chiesi ad Iris se voleva trattenersi per pranzo, proponendole le famose lasagne di mia madre.

Non mi fece neanche finire di pronunciare il nome del piatto che un urlo di gioia mi bucò il timpano. Non avevo dubbi sulla sua reazione, perciò accesi il motore e mi diressi verso casa, senza soffermarmi davanti casa sua.

Non appena entrammo, Iris si cimentò in cucina a salutare mia madre, io dissi che le avrei raggiunte poco dopo. Andai in camera mia, posai le buste con i miei nuovi acquisti e una lettera sulla mia scrivania attirò la mia attenzione.

"Per Alexandra". Che strano, non ricevevo mai posta e da quando mio padre se ne era andato tutte le lettere erano sempre intestate a mia madre.

«È pronto a tavola» sentii urlare mia madre. Ogni giorno non capivo il motivo dei suoi strilli quando mi doveva chiamare, in fondo abitavamo in una casa piccola e sapeva perfettamente che odiavo le persone che alzavano la voce. Anche quando lei e papà litigavano, io correvo in camera mia e mettevo subito le cuffie per non sentirli.

Decisi di dedicarmi all'apertura della lettera dopo pranzo e andai in cucina.

«Tesoro, ti sei lavata le mani?» chiese mia madre con un tono rassegnato, consapevole che per certe cose sarei rimasta una bambina a vita.

Arrossendo per l'imbarazzo, andai a lavarle e le raggiunsi a tavola.

Con mia madre non avevo bel rapporto. Lei dedicava troppo tempo al suo lavoro ed io passavo sempre in secondo piano. Il mio punto di riferimento, mio padre, andò via l'anno scorso e con lui il pezzo più grande del mio cuore.

Iris divorò tutto in pochissimo tempo e, purtroppo, anche io come lei. Perché purtroppo? Perché amavo il cibo, maledizione. Mangiavo un sacco e più del dovuto e, questa volta per fortuna, madre natura mi aveva regalato un fisico che sembrava dimagrisse ad ogni boccone che ingerivo. La mia amica amava il cibo quanto me, quindi avevo un'ottima compagna di scorpacciate, anche se lei per ogni sgarro che si concedeva doveva mettersi a dieta per una settimana.

«Com'è andato lo shopping? Pier non è venuto con voi neanche oggi?» si informò mia madre.

«Lo shopping è andato bene, però la mancanza di Pier si sente ormai troppo, non vedo l'ora che si riprenda» rispose Iris.

Ti prego non dirmi ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora