10. Non chiedo di meglio

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«Mi sa che si è fatto tardi...» constatai, ad alta voce.

Natal guardò l'orologio.

«Il tempo è volato senza che me ne rendessi conto» rispose, con un velo di tristezza.

«Si dice che questo succeda quando si è in buona compagnia» sorrisi, cercando di rincuorarlo.

«Una piacevolissima compagnia» ricambiò il sorriso e, un po' imbarazzato, avvicinò la sua mano alla mia, sfiorandomela. Mi venne la pelle d'oca.

Avevamo passato tutto il pomeriggio insieme, prima davanti un buon caffè nei paraggi dell'ospedale, per finire poi in una panchina in una piazza, qualche chilometro più lontano.

Le nuvole inghiottirono la luna e fu in quel momento, guardando il cielo, che realizzai di avere trascorso insieme a Natal più di cinque ore.

Aveva ragione, il tempo era volato. Avevamo parlato di mille cose.

Mi aveva raccontato che si era trasferito da poco in città a causa del lavoro del padre, il quale circa ogni tre anni doveva sottostare a dei trasferimenti obbligatori. La madre viveva in Australia da parecchio tempo, proprio come la madre di Pier. Ci conoscevamo da pochissimo, ma non esitò ad aprirsi e a confessarmi quanto questo stile di vita lo turbasse.

Anche io riuscii ad aprirmi con lui, gli raccontai della morte di mio padre, di quanto tempo ci volle per elaborare il lutto. Gli parlai di Iris e Pier, citando quale aneddoto che lo divertì a tal punto da chiedermi di conoscerli. Lui ed Iris di erano già visti qualche volta perché frequentavano la stessa palestra, per questo era stato invitato al suo compleanno.

«Abbiamo fatto molta strada» dissi, pensando alla macchina che avevo posteggiato parecchie ore prima vicino l'ospedale.

«Per me è una buona notizia, vuol dire che ci aspetta ancora una lunga passeggiata prima che la sera finisca!» esclamò, contento.

«E pensare che ti volevi nascondere dietro ad uno stupido biglietto... Signor Cappellino Blu!» lo rimproverai con ironia.

«Se non ti avessi scritto quel biglietto, tu mi avresti notato?» chiese, quasi soddisfatto della sua buona mossa.

«Questo non lo sapremo mai» non volevo dargli ragione, ma forse non aveva tutti i torti. Era stata davvero una mossa originale.

«Senti Alexa... Tu... Tu stai con qualcuno?» arrossì come un bimbo.

«Ehm... No. Non sto con nessuno al momento. Ad essere sincera, non sto con qualcuno da un po'. Non amo legarmi alle persone» gli confidai.

«Però, da ciò che mi racconti, sembri essere molto affezionata a Pier» provò a smentirmi.

Mi venne da ridere. Per me era così normale che solitamente omettevo questo piccolo ed ininfluente dettaglio.

«Pier è più donna di me, credimi» scherzai.

«Ah.. scusami, non l'avevo proprio capito» si mise a ridere, sollevato dalla mia risposta.

Le sue espressioni erano così spontanee, mi infondeva sicurezza e tranquillità. Forse Natal era proprio quello di cui avevo bisogno.

Bron doveva sparire dalla mia testa, da quando lo conoscevo erano successi solo casini. Ma perché la mia mente tornava sempre a lui? Perché pensavo certe cose anche in compagnia di Natal?

Ci fu un attimo di silenzio e, quasi come se mi avesse letto nel pensiero, mi spiazzò.

«E Bron invece? Al compleanno sembrava arrabbiato con te e qui in ospedale è scappato non appena ti ho salutata. C'è qualcosa tra voi due?»

«Ma lo hai visto? È praticamente il mio opposto. Non potrà mai esserci nulla tra di noi. Io sono l'acqua e lui è il fuoco» risposi a Natal, anche se probabilmente era una risposta che stavo dando a me stessa.

«E io cosa sono invece?» mi fermò mentre ci stavamo dirigendo verso la macchina, ormai a pochi metri dalla nostra destinazione. Mi prese entrambe le mani e si avvicinò a me, guardandomi negli occhi.

Le luci notturne illuminavano il suo volto e mettevano in risalto ogni suo delicato tratto.

Se Bron era il fuoco, cosa era Natal per me?

«Aria. Tu sei una preziosa boccata d'aria fresca per me. Non stavo così bene da parecchio tempo, sai?».

«Questo mi rende estremamente felice Signorina» continuava ad accarezzarmi le mani col pollice, mentre le stringeva dolcemente.

Arrossii.

«Non vorrei affrettare le cose Alexandra, ma avrei tantissima voglia di baciarti in questo momento» fece un piccolo passo verso di me, senza invadere del tutto il mio spazio vitale. Sospirai e cercai di ascoltare il mio cuore, era da molto tempo che non gli davo retta.

«Neanche a me piace correre, ma ho tanta voglia di baciarti anche io Natal» gli fissai ad alternanza la bocca e gli occhi, feci un passo verso di lui, questa volta annullando completamente la distanza tra di noi.

«Ma mi dispiacerebbe se tu pensassi...» provò a continuare.

«Io non penso nulla, ma tu invece lo fai un po' troppo» gli strinsi lievemente le mani e lui, incoraggiato dalla mia risposta, si cimentò sulle mie labbra, baciandole come fossero qualcosa di prezioso e delicato.

Natal era davvero dolce, aveva tante accortezze nei miei confronti e mi trattava come se fossi qualcosa da proteggere.

Mi abbracciò, portando le sue mani, ancora incrociate alle mie, dietro la mia schiena.

Tra le sue braccia mi sentivo al sicuro.



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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 16, 2020 ⏰

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