2. Se il Diavolo non va alla montagna...

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Era lì, di fronte a me. Non era un sogno. Non era uno dei miei incubi in cui, per quanto ci provassi non riuscivo mai a raggiungerlo. Correvo fino a quando non mi mancava il fiato, fino a che non mi cedevano le gambe ma non riuscivo mai a toccarlo. Lui era sempre lì, nei miei incubi, mi dava le spalle e non mi guardava. Non importava quanto gridassi e lo implorassi di voltassi anche solo per un secondo, non lo faceva mai. Mi abbandonava ogni volta.
Ma lui era lì, di fronte a me, ed era reale. Mi guardava negli occhi con un espressione indecifrabile mentre si sistemava un gemello sul polsino della camicia. Se non fossi stata seduta sullo sgabello del piano, probabilmente le mie gambe avrebbero ceduto. Sembrava quasi che il mio cervello faticasse a registrare quello che stava accadendo, quasi fosse irreale, come se spostando lo sguardo anche per un solo istante lui sarebbe svanito.
Mi guardava intensamente anche lui, nei suoi occhi emozioni che ora mi sembravano un misto di sbigottimento e confusione.

"Detective", disse finalmente, ed io chiusi istintivamente gli occhi al suono della sua voce. Era reale.
Li riaprii dopo un istante, mentre sulle mie labbra appariva un timido sorriso. "Lucifer", risposi.
Fece un passo in avanti per uscire dall'ascensore, ma rimase lì bloccato, senza avvicinarsi a me. Tentai di alzarmi nonostante le gambe mi tremassero - perché avevo deciso di mettere i tacchi? - e quando finalmente ci riuscii feci un passo verso di lui. La confusione nei suoi occhi era sempre più evidente.
"Stai bene". Non era una domanda, più un'affermazione incredula.
"Diciamo di sì", annuii, mantenendo la distanza tra di noi. "Sto bene, nel senso che in effetti nessuno vuole farmi del male, sono qui di mia spontanea volontà."
"Io non-"
"Ti prego lasciami parlare", lo interruppi. "Potrai arrabbiarti dopo con me se preferisci, ma non interrompermi. Ho aspettato sei mesi per dirti tutto questo e non voglio rischiare di perdere il filo", abbozzai un sorriso, guardandolo con la testa leggermente abbassata.

Lui annuì, lasciandomi parlare.
"Non sto bene, ed è colpa tua. Non mi hai lasciato il diritto di scegliere e come fai sempre, hai preso tu la decisione per me. Ma questa non è solo la tua vita, è anche la mia, ed io ho tutto il diritto di scegliere ciò che ritengo sia giusto per me. Questi mesi sono stati un inferno per me! Sì, hai sentito bene. Mi sembrava quasi come se tu fossi morto mentre in realtà stavo morendo io. Giorno per giorno metto questa maschera addosso anche solo per poter uscire di casa, fingendo che tutto sia a posto mentre non lo è. La mia vita è cambiata per sempre e l'hai cambiata tu. L'hai fatto nel momento in cui abbiamo risolto il primo caso insieme e da allora niente è stato più lo stesso. Non potrò mai tornare ad essere quella che ero prima", sospirai, spostando gli occhi sul pavimento. "Non puoi semplicemente andartene e credere che tutto sia risolto così. Non puoi non lasciarmi una scelta. Questa è la mia vita ed io voglio te. Voglio te qualunque conseguenza porti, qualunque sia il rischio. Non mi importa. Qualunque cosa ci sia da affrontare lo faremo insieme. Sei il mio partner. E io ti...", strinsi gli occhi, incerta. Sapeva già che lo amavo, ma per qualche motivo le parole mi rimasero bloccate in gola.
Quando la sua mano calda toccò la mia guancia, sobbalzai. Non mi ero resa conto che si fosse avvicinato, forse troppo presa dal mio discorso per accorgermi di ciò che succedeva. Alzai gli occhi per incontrare i suoi. Non c'era rabbia nella sua espressione, forse solo un po' di tristezza.
"Chloe". Il mio nome sulle sue labbra mandava brividi lungo la mia schiena. "Non avrei mai scelto per te se non fosse stata l'unica decisione che poteva tenerti al sicuro".
"Ma io non voglio stare al sicuro. Voglio affrontare qualunque difficoltà. Non sono il tipo che si nasconde e dovresti saperlo".
"Oh lo so, me ne rendo conto", mi rispose sorridendo. "Ma vedi, qualcuno deve essere la persona matura in questa relazione".
"E saresti tu?" Risposi sarcastica, inarcando un sopracciglio.
Il suo sorriso si allargò ancora. "Evidentemente".
Scossi la testa. "Non scherzare. Sono molto seria. Non avrei messo in piedi tutta questa storia se non fossi assolutamente certa di quello che dico. Voglio te, qui, sempre. Non sono disposta a permetterti di scegliere per me ancora".
Mi sorrise nuovamente, ma c'era dell'amarezza mal celata. Sapevo bene che non sarebbe stato facile convincerlo, anzi non ero neanche sicura che ci sarei riuscita ma dovevo tentare. Non mi sarei arresa senza combattere.

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