Epilogo

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Lucifer

Tre mesi dopo

Il tramonto su Los Angeles bruciava di rosso, accendendo case, palazzi e paesaggi. Mi ricordava il posto che un tempo avevo chiamato casa, ma che non lo era già da tempo, da molto prima che decidessi di vivere nella città del cinema.
Una volta, durante una delle mie sedute con Linda, mi aveva detto che secondo lei ero arrivato in quella città per reinventarmi. Non era stata una scelta consapevole, avevo semplicemente seguito una necessità che nel tempo era cresciuta dentro di me. Mi ero reso conto solo in seguito, che probabilmente anche quella era opera del mio caro Padre. Se non avessi scelto L.A. non avrei potuto incontrare lei, la mia Detective. Non avevo avuto altra scelta, se non quella di essere attratto da lei dal primo istante. E sì, inizialmente - come avrebbe detto mio fratello - probabilmente avevo ragionato con l'uccello, tentando in tutti i modi di andare a letto con lei. Funzionava così per me. Conoscevo una donna, lei cadeva ai miei piedi, ci facevo sesso e poi non la rivedevo mai più. Semplice, nessuna complicazione. Nessun sentimento.

Non sarebbe mai potuto funzionare così con lei. Prima di tutto perché, beh lei non cadeva ai miei piedi! Niente di tutto ciò che con chiunque altro aveva funzionato, aveva effetto su di lei. Non ero riuscito neanche a farmi dire i suoi desideri, un trucchetto che funzionava davvero con tutti. Ma ovviamente, non con lei. Secondariamente, non volevo usarla e dimenticarla il giorno dopo. Mi era sembrato il giusto modo per togliermi l'ossessione, ma mi ero rapidamente reso conto che la volevo davvero nella mia vita. Il sesso con lei avrebbe reso le cose complicate, diverse. Ed io la volevo nella mia vita, anche se significava essere il suo partner nel risolvere casi di omicidio.

Mi ero illuso di poter tenere a bada i sentimenti. Il Diavolo non doveva avere sentimenti, no? Sbagliato. Ne avevo anche troppi per i miei gusti, tutti insieme e tutti per lei.
Ne avevamo passate di tutti i colori prima di poter stare insieme.
Io e lei, una coppia. Lo eravamo già da tre mesi e quella situazione aveva superato anche le miei più rosee aspettative. Lei, la mia Chloe, era semplicemente perfetta. Fantastica Detective e madre di giorno, un piccolo demone di notte, tra le mie lenzuola. Ed io di demoni me ne intendevo!
Non era solo il sesso a rendere la nostra relazione perfetta, ma una serie di piccoli dettagli che si incastravano perfettamente come pezzi dello stesso puzzle. Non avevo desiderato nessun'altra dopo di lei e mai lo avrei fatto. Era stato ovvio quindi decidere che volessi passare il resto dell'eternità con lei. Perché, ormai ne ero certo, l'avrei seguita dovunque lei fosse andata, anche in Paradiso. Quello era un discorso che con lei non lei non avevo ancora affrontato, ma lo avrei sicuramente fatto a tempo debito.

Guidavamo per le strade trafficate, mentre il sole tingeva tutto di rosso e arancione. Lei affianco a me nella mia Corvette, i suoi lunghi capelli biondi scompigliati dal vento, era semplicemente uno spettacolo della natura. Se davvero il mio caro vecchio padre l'aveva creata per me, aveva fatto un eccellente lavoro.
Avevo proposto una specie di fuga romantica, un weekend solo per noi in una delle mie proprietà sulla costa, e lei ne era stata entusiasta. Chloe aveva lasciato la piccola peste al suo ex marito e ci eravamo diretti verso la nostra meta. Mi ero abituato alla presenza di Trixie nella nostra vita, persino a volerle bene - il che era assolutamente assurdo per me - ma non vedevo l'ora di poter avere Chloe tutta per me. Senza occhi indiscreti, senza dover fare piano per paura di traumatizzare la sua prole.

Quel giorno indossava un vestitino leggero, rosso, che svolazzava a causa del vento e scopriva le sue gambe lunghe e toniche. Adoravo ogni singolo centimetro del suo corpo e avrei passato il resto dei miei giorni a dimostrarglielo.
Quando il tramonto cominciava ormai a lasciare posto al crepuscolo, arrivammo alla villetta. Avevo già mandato qualcuno che preparasse tutto per noi, non avevo intenzione di sprecare un singolo istante in cose futili. Facendo il giro della macchina, le aprii lo sportello per farla scendere.
Mi sorrise compiaciuta. "Come sei galante... Se non ti conoscessi, penserei quasi che vuoi entrare nelle mie grazie", ridacchiò.
Le porsi il braccio, dopo aver recuperato il borsone che aveva preparato per il fine settimana.
"Voglio entrare ovunque, lo sai bene", risposi, alzando un angolo della bocca.
Di tutta risposta, una sua mano andò a colpire il mio petto con forza. Uno dei tanti svantaggi di essere vulnerabile in sua presenza, era che anche gli schiaffi facevano male. Certo il suo non avrebbe provocato molti danni, ma lo sentivo più di quello di qualunque altro essere umano.
Incassai il colpo e risi, aprendo la porta e lasciandola entrare. Lo sguardo meravigliato di Chloe mi tolse il respiro. Vederla felice per me, con me, non aveva prezzo.

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