10. La Regina dell'Inferno

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Immobile, fissai con occhi sgranati la donna di fronte a me. Era vestita quasi di stracci, gli abiti lacerati e ricuciti in più punti. Indossava delle scarpe da uomo, evidentemente non sue, quasi comicamente più grandi dei suoi piedi. I capelli scuri le incorniciavano il viso, distorto da un'espressione indecifrabile. Aveva gli occhi sbarrati, le narici dilatate. Sembrava quasi spiritata. Capii che quella povera donna doveva essere una senzatetto, l'ennesima vittima innocente utilizzata come mezzo per arrivare a Lucifer, per arrivare a noi.

La mia pistola era nella fondina al lato della mia gamba, ma un passo falso sarebbe potuto tranquillamente costarmi la vita.
Non avevo mai immaginato come sarei morta. Nonostante il mio lavoro e quanto pericoloso potesse essere, avevo sempre sperato che sarebbe stata la vecchiaia a portarmi via. Forse era stato troppo ottimistico da parte mia. Non potevo aspettarmi di innamorarmi del Diavolo e poi credere che la mia vita ne sarebbe uscita senza il minimo cambiamento.
Non volevo morire, questo era sicuro. Non potevo abbandonare così mia figlia, non lo avrei mai permesso, ma dall'altro lato c'era sempre il desiderio di avere Lucifer al mio fianco. E se questo voleva dire affrontare il demone che avevo di fronte, non avrei esitato a farlo.

Lasciai cadere il telefono che ancora tenevo in mano e alzai le mani in segno di resa, cercando di guadagnare tempo.
"Devi avere sbagliato persona", dissi, mentre tentavo di pensare ad un piano.
"Oh no, non mi sbaglio affatto. Sei tu che vai sempre in giro con il mio Signore. Finalmente ti ho trovata da sola", rispose indicandomi con la pistola.
Il mio cellulare prese a squillare, distraendola, così ne approfittai per poter afferrare la mia pistola e puntarla contro di lei.
Mi guardò con rabbia, quasi tremando.
"Sei una stupida, non potevo aspettarmi niente di diverso da una insulsa umana come te!"
"Sei pazza a crescere che Lucifer ti lascerà fare una cosa del genere", la misi in guardia.
"Ma lui ora non c'è, non è così? Aspettavo questo momento da tanto tempo", mormorò. "Sai, un paio di giorni fa sono entrata in casa tua, dalla stanza di quella mocciosa che chiami figlia. C'ero quasi, ti avevo in pugno. E poi lui è arrivato, l'ho sentito vicino e ti sei salvata. Ma sapevo che prima o poi saresti stata sola e indifesa".
Ricollegai la sua descrizione a quello che era successo alcuni giorni prima, quando avevo sentito dei rumori nella stanza di Trixie e poi quello strano odore. C'era mancato poco, ma come sempre la presenza di Lucifer mi aveva salvato la vita.

Aveva ragione, Lucifer quella volta non avrebbe potuto difendermi. Ogni volta che avevo rischiato la vita lui era stato presente, pronto a salvarmi, a morire al posto mio perfino. Ero sola in quel momento però, contro un demone di cui non conoscevo le potenzialità. Dovevo guadagnare più tempo possibile, nella speranza che lui o Maze potessero arrivare in mio soccorso.
"Cosa pensi che accadrebbe se mi uccidessi?" Domandai. "Lucifer mi ama, non si farà scrupoli ad ucciderti".
Lei scosse la testa, ridendo istericamente. "Tu non sei altro che uno dei suoi giocattolini. Lo ha sempre fatto, viene qui in questo posto insulso per divertirsi un po' ma poi torna sempre da noi. Sempre!"
"Ma non questa volta, vero? E questo ti da fastidio", la incalzai.
"Lo hai reso un debole. Quando è tornato da noi, ci trattava come se neanche esistessimo; ma se tu non ci fossi, lui tornerebbe ad essere il nostro Sovrano!" Era folle, ma soprattutto pericolosa.

Il suono di vetro che s'infrangeva attirò la mia attenzione e vidi Lucifer rompere la vetrata della cucina che si trovava alla mia destra.
"Maelith!" Urlò, furioso, io suoi occhi di un rosso brillante.
"Mio Signore!" Rispose lei, chinando il capo, senza mai abbassare la pistola.
"Getta l'arma, Maelith. Non vuoi la mia ira".
Lei scosse violentemente la testa, tornando a guardare me.
"Non posso! Lei è un pericolo! Mio Re, il suo posto è con noi".
"Tornerò al mio posto, ma tu devi lasciarla andare", le disse in tono deciso Lucifer, avvicinandosi lentamente a me, con passi decisi e controllati.
"No! Finché ci sarà lei, noi non conteremo niente per te! Noi tutti ti abbiamo servito per millenni! E adesso non contiamo niente. Ci tratti con indifferenza. Eri così perso nella tua autocommiserazione che non ti sei nemmeno accorto che sono fuggita", fece una smorfia di disgusto. "Sarebbe andato tutto secondo i piani se quello sciocco di tuo fratello non ti avesse riportato qui. Lei sarebbe morta e tu non avresti potuto farci niente! Niente!"
"Ti avrei uccisa se le avessi fatto del male, Maelith. Ti avrei torturata fino a quando non mi avresti implorato di morire tu stessa. Non pensare mai più di poter giocare con il tuo padrone!" Il suo tono incuteva timore persino a me.
Lei scosse con violenza la testa, respirando affannata.
"No, forse mi odierai ora, mio Signore, ma un giorno mi ringrazierai. Sarai libero senza di lei, potrai tornare ad essere te stesso!"

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