5 Nichi-me - Day five

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Completezza, era la quinta sensazione. Katsuki non aveva mai provato un'emozione simile, uno stato mentale sì potente da farlo sentire meno solo, meno focalizzato su sé stesso. Era questo ciò che pensava mentre osservava il riflesso del lago sotto di lui, mentre il treno sfrecciava sul ponte di pietra, collo lungo per poter raggiungere la cittadina di Kanzen.

In realtà non sapeva neanche se poter definire quel mucchio di casette "cittadina"; d'altronde erano abitate unicamente da qualche anziano, dal sacerdote del tempio che si stagliava superbo su quel chicco di terra, escludendo un paio di appartamenti affittati per i visitatori. Chissà se era stato visitatore anch'egli, oppure aveva vissuto insieme a Deku in una di quelle case fino ad avere le iridi ingrigite dall'età e qualche ricordo assopito, confuso, nei meandri della memoria. Chissà.

Questo era ciò che pensava mentre il convoglio ferroviario giungeva nella stazione della piccola isola, impreziosita da una natura folta arrampicata fino alla cima dell'unica montagna presente, lì dove era ancorato il tempio, come un fiocco rosso su un regalo. La mattina era brumosa quel giorno, il sole era assonnato e nascosto dietro scie di nuvole informi, conferendo al lago Wakai un che di etereo ed impalpabile, onirico. D'altronde ciò che viveva ogni giorno non era straordinariamente simile ad un sogno ad occhi aperti?

Si voltò, un tappeto di scale che conduceva verso il tempio, girando tutto intorno all'isola come uno spago; erano ben poche le case che si incontravano nel corso della camminata, una delle quali portava sul frontespizio un cartello sbilenco: Hotel Wakai. Poi, al lato dell'entrata, una pietra rettangolare sulla quale era incisa la frase: "Wakai significa in giapponese riconciliazione. Si racconta che su quest'isola si siano incontrate le prime anime gemelle esistenti sulla Terra. Da secoli si tramanda il mito del lago Wakai, il cui dio è in grado di guidare le anime perdute verso i propri compagni d'eternità.

È qui che lo incontrerò? È qui che si trova Deku?

Forse anch'egli stava alloggiando in una stanza di quell'hotel, forse anch'egli lo stava cercando. Forse anch'egli lo amava ancora, dal primo giorno della loro esistenza mortale. Armato di quelle domande che gli aleggiavano nella testa si affrettò a raggiungere l'ingresso in legno rosso, che richiamava vagamente lo stile del tempio di Kanzen, e bussò con animo concitato alla porta di ciliegio. Trascorse una manciata di secondi, prima che un anziano ingobbito dalla dedizione facesse capolino, assottigliando gli occhi dietro le lenti ovali. Una lunga barba gli sfiorava il petto avvolto da un mantello dalle tonalità chiare, sebbene le larghe maniche che gli arrivavano alle ginocchia rivelassero una stoffa rossastra all'interno. Stringeva un copricapo fra le mani, nero per la precisione, con una rientranza sulla parte superiore, e subito Katsuki comprese che si trattasse del sacerdote scintoista del tempio.

Si umettò le labbra, sentendosi lievemente in difficoltà per aver disturbato l'uomo in una circostanza simile. -Io...-

-Le serve una stanza, giusto?- lo interruppe il vecchio, grattandosi pigramente il mento barbuto, per poi dargli le spalle e dirigersi a passo flemmatico verso un bancone di legno sulla destra della stanza angusta, dal soffitto in legno ed il tatami tradizionale a fungere da pavimento.

Katsuki non poté far altro che richiudere la porta alle spalle e seguirlo, chinando il busto in segno di rispetto; poi, compiuto un primo passo, l'intenso e pungente odore di libri vecchi lo investì prepotente, e Katsuki socchiuse gli occhi per respirarlo a pieni polmoni, completamente assuefatto da esso. Gli ricordava tremendamente Obasan. Che nostalgia.

-È da tanto che non viene un visitatore qui, sa?- il sacerdote lo destò dai pensieri, mentre si accomodava su uno sgabello logoro e si portava dinnanzi il registro dalla rilegatura consumata in cuoio. Soffiò su di esso per liberarlo dalla superficie di polvere, lo aprì con le dita incallite e tremanti, impugnando poi una penna per scrivere sulla carta ingiallita dal tempo. -Il suo nome?-

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