6 Nichi-me - Day six

300 48 8
                                    

La testa d'ottone riluceva ai baci del sole, li attirava e li rifletteva a sua volta sul finestrino graffiato del treno, che ondeggiava brusco sulle vecchie rotaie. Chi pensava a Kansha, pensava al mare, alla salsedine, all'odore di pesce, al calore asfissiante del sole.

Katsuki immaginava Kansha, ma pensava a lui.

Palla di fuoco, essa proiettava il suo volto sulla superficie salata, e sembrava quasi che lo seguisse mentre il convoglio ferroviario sfrecciava nello scheletro delle montagne. Sesto giorno. Il suo corpo era giunto al limite: lo vedeva dalle gambe che gli tremavano, dai calli che aveva al centro della mano come un campo minato, a furia di stringere il bastone per appoggiarsi con tutto il peso ad esso. Respirava a fatica, talvolta i colpi di tosse erano talmente violenti che credeva di morire seduta stante, gettando al vento anche quell'ultima possibilità di incontrarlo.

Non aveva mai pensato che fosse possibile conoscere la data della propria morte; e invece sì. Aveva soltanto due giorni a disposizione, altrimenti sia lui che il suo mate sarebbero stati schiacciati dal peso immane del loro legame insofferente.

Due giorni, solo due giorni. Ti giuro, Deku, che ti troverò. Sei qui, sei vicino. Lo sento, lo posso sentire. Non muoverti, arrivo. Arrivo.

Quando il treno decelerò fino a fermarsi, Katsuki scese da esso – non senza arrancare nell'impresa, sotto gli occhi indagatori, talvolta in apprensione, degli altri passeggeri -, sguardi che lo facevano sentire compatito, quando l'unico da compatire era Deku, condannato alla morte senza appello di parola. La stazione non distava molto dalla spiaggia, lì dove le onde lente lo richiamavano, canto di sirena. Così si diresse a passo flemmatico verso di essa, zoppicando sul marciapiede bollente mentre gocce di sudore gli impregnavano la camicia.

Respirava a fatica sotto la calandrella di sole, finché, preso da un capogiro, non fu costretto ad inginocchiarsi, i palmi sulle cosce ed il bastone gettato a terra, gli occhi sbarrati per la fatica immane che stava impiegando persino per camminare. Un moto di frustrazione gli scosse le spalle, e lanciò un urlo afflitto con i pugni serrati, prima di sforzarsi a riprendere il cammino, più incerto di prima.

Sentiva i polmoni accartocciati per lo sforzo, la gola arida e le membra che venivano meno, quando una voce lo destò dai suoi pensieri, portandolo ad arrestare il passo.

-Signore?- voce flautata era la sua, bambina dagli occhi grandi ed i capelli d'argento, con una bottiglietta d'acqua gelida fra le mani. -Tenga.- disse dolce, porgendogliela con un sorriso radioso, e Katsuki ci pensò un po' su, prima di afferrarla e bere come un assetato nel cuore del deserto. Rivoli d'acqua strabordavano dalla sua bocca, colandogli dal mento fino ad imbrattargli la camicia, ristabilendo la temperatura corporea quanto bastava per farlo sentire più calmo.

Accartocciò la bottiglietta di plastica nella mano, per poi condurre lo sguardo su di lei, l'espressione impaziente di chi voleva ottenere un briciolo di riconoscenza. Lui, da sempre ingrato fino al midollo, si genuflesse su un'unica gamba, ed accennò un sorriso stanco. -Grazie, ne avevo bisogno.- mormorò con voce roca, guardandola a lungo. Il vestitino bianco ricamato le risaltava le ciocche candide, ma nulla a confronto con le iridi vermiglie, simili alle sue, che lo guardavano cariche di emozione.

Gli rivolse un rinnovato sorriso, per poi voltarsi e correre verso i genitori, che sollevarono la mano per salutarlo affabilmente, un gesto che gli punse la base del naso per la spontaneità con cui era stato compiuto. Quante cose mi sono perso, Obasan, Deku?

Forte di quel sentimento, rinvigorito dalla bontà dell'accaduto, impugnò nuovamente la testa del Setter e camminò fino all'ingresso della spiaggia, lì dove il muretto terminava ed era possibile accedervi senza effettuare alcun tipo di pagamento, dal momento che era libera.

Rimosse i mocassini, lasciandoli sull'erba che bordava la lingua di sabbia, e affondò i piedi in essa, sospirando forte quando, posato il bastone, avanzò lentamente fino al bagnasciuga, giovando della sensazione umida che i sottili granelli bagnati gli restituivano. Il mare gli baciava le dita, per poi ritrarsi, in un moto continuo che gli distese pian piano i muscoli tesi del corpo.

-Sei qui?- sussurrò al vento. Socchiuse gli occhi. Sei qui?

-Sono qui!-

Li riaprì, le labbra che gli si tiravano verso l'alto spontaneamente, mentre gli occhi gli si gonfiavano di lacrime. Figura opalescente e inconsistente come vapore, Deku faceva cenno a qualcuno dietro di lui di raggiungerlo, sbracciandosi con enfasi, mentre avanzava fino al ginocchio nell'acqua.

Siamo stati anche qui, vero?

Tutt'a un tratto gli si spezzò il fiato, mentre qualcuno lo oltrepassava senza indugio alcuno; qualcuno che non era altro che sé stesso nel passato. Erano adulti in quel ricordo, le fedi nuziali all'anulare ed una spensieratezza rara da trovare nelle coppie sposate. Eppure Deku lo guardava con lo stesso amore genuino, immenso di chi incontra la propria anime affine per la prima volta, di chi comprende in un momento che si tratti del proprio mate. Lo guardava proprio così, con ammirazione, rispetto, affetto, come se i problemi della vita non avessero mai tentato di sopraffarli.

Poi si girò, il braccio disteso verso di lui e, se la sagoma del sé stesso del passato non gli fosse stata dinnanzi, avrebbe potuto persino credere che quel gesto fosse rivolto a lui in prima persona. Le iridi smeraldine splendevano per il riflesso dell'acqua marina, i capelli scompigliati ed un'espressione sincera ed amorevole sul volto. -Non vieni?- chiese in un sussurro.

Il respiro gli mancò in quell'istante, e si gettò verso di lui per afferrare quella mano, perché non l'avrebbe più lasciato andare, perché lo voleva subito, immediatamente. Arrivo, arrivo, Deku. Eppure, data la sua immaterialità, non poté far altro che ricadere al suolo, mentre il Katsuki Bakugou del passato la afferrava al suo posto, raggiungendolo in acqua, mentre formulava qualche improperio per la sua freddura, facendo ridere il compagno.

-No.- scosse il capo l'uomo, le lacrime che si riversavano a ondate continue sul suo volto, mentre stringeva la camicia con forza sul petto. -No, no! Aspettami, Deku!- gridò, poggiando una mano sulla sabbia e distendendo l'altro braccio nella sua direzione. -Aspettami, hai capito? Non ti lascerò più! Fatti trovare, fatti trovare!-

Ti prego.

---

Bonsoir, cari lettori!
Okay, lo ammetto, mi sono commossa da sola mentre scrivevo questo capitolo, tutto questo angst non mi fa bene!

Mi piacerebbe sapere cosa supponete possa accadere il settimo giorno: si rincontreranno? Katsuki non ce la farà prima dell'ora X? Non ci sarà futuro per loro? Insomma, fatemi sapere cosa pensate e alla prossima! (Ps. Mentre scrivevo ho ascoltato a loop la canzone "Yuri!! On ice", dall'omonimo anime, perché l'ho rivisto in questi giorni e cavolo! Non ricordavo fosse così meravigliosa, poi il pianoforte è uno strumento incredibilmente incantatore, come si potrebbe non amarlo?)

Ciò detto, a presto!
-Sel 

Seven Days Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora