Capitolo 8

29 5 0
                                    

I primi allenamenti con la squadra furono un disastro, sapevo che avrei dovuto dimostrare a tutti quanto valessi per farmi accettare, prima come giocatore e poi come persona. Tutta questa pressione non mi permetteva di dare il massimo, non mi faceva allenare al meglio. I miei compagni di squadra avevano imparato a conoscermi e sapevano bene come contrastarmi in campo. Tutti avevano capito quanto ero veloce e cercavano di fermarmi prima che potessi dare sfogo a tutta la mia accelerazione. Questa situazione non fece altro che peggiorare ulteriormente i rapporti con i miei compagni, per quanto fosse possibile, dato che la maggior di loro parte non poteva vedermi. Mi consideravano sempre più un perdente. Il coach mi rimproverava spesso e più duramente di quanto non facesse con gli altri ragazzi, e io non capivo se era un modo per spronarmi a migliorare o se voleva soltanto umiliarmi. Tuttavia, pensavo che se mi aveva scelto al provino, qualche mese prima, era perché anche lui credeva che avessi delle potenzialità, che potessi essere una risorsa e non un peso per la squadra. John aveva intuito le mie preoccupazioni e così si propose di aiutarmi. Per qualche settimana diventò il mio coach personale, rimanevamo in campo per un po' di tempo dopo la fine dell'allenamento e provavamo alcune giocate che avremmo potuto ripetere in partita. Nonostante tutto continuava a credere in me, dovevo farlo anche io, non potevo deluderlo dopo tutto quello che stava facendo per me. Le mie prestazioni iniziarono a migliorare, mi bastava uno sguardo veloce verso John per capire le sue intenzioni e anticipare tutti gli altri. Quel periodo che passai allenandomi duramente insieme a lui mi permise anche di conoscerlo meglio dal punto di vista personale, oltre che sportivo. Per John quello era l'ultimo anno alla Ben Davies, l'anno seguente sarebbe andato al college e avrebbe avuto la possibilità di diventare un giocatore professionista. Aveva tutto il necessario per diventarlo, un fisico prestante, una discreta intelligenza, e molte persone che lo sostenevano, a partire dai suoi genitori, che non gli facevano mai mancare nulla. Sapeva destreggiarsi bene anche nelle relazioni interpersonali e la gran parte delle ragazze della scuola cadevano ai suoi piedi. Non ero sicuro che avesse una fidanzata e un giorno decisi di fargli qualche domanda sull'argomento. Da come mi rispose era evidente che non voleva parlarne e io decisi di non spingermi oltre.

Una vita normaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora