Ridevo, ridevo, ridevo così forte tanto che ogni volta, dopo quell'incubo, in cui provavo ad accennare un sorriso, mi veniva in mente quel suono che riecheggiava in me, mi trapassava l'anima e me la frantumava. Mi ritrovavo di nuovo in quella stanza, che non riuscivo a capire dove l'avevo già vista.Quattro mura così alte che si perdevano nella penombra del soffitto, un pavimento rigido e a tratti costituito da dei fori profondi dai quali fuoriusciva un'aria gelida. Di fronte erano appesi una serie di quadri,mi alzai da quel letto consumato e posi la mia attenzione su di essi. Mi avvicinai e notai che questi mi raffiguravano negli attimi in cui sono stato di più felice, una felicità pura, che è difficile da poter descrivere, ma che derivava da un forte senso di gratitudine al variare della circostanza in cui trovavo.
Quando correvo con il mio cane, in quei giorni di primavera, ci buttavamo nel prato e guardavamo il cielo blu con i nostri occhi colmi di felicità. Quando recitai per la prima volta una parte importante, ero molto piccolo ma con me portavo sulle spalle un bagaglio di sogni ed emozioni, ero una persona che si rifugiava in essi e si dimenticava della vita, di viverla. Quando ballavo e tutto quello che c'era attorno a me si smaterializzava, seppur per un breve attimo. Quando ero con i miei amici, e la parte più bella di me veniva alla luce facendo sembrare che andasse tutto bene perche era così. In quegli attimi la vita mi aveva regalato momenti indimenticabili, momenti che decisi di portare nel cuore per sempre.
In quei quadri mi vedevo riflesso e avevo un sorriso, un sorriso strano, un sorriso accompagnato da quegli occhi lucenti che ti restavano in mente per tutta la vita. In quegli attimi mi sentivo intrappolato e non avevo coscienza delle azioni che compievo, non ero padrone del mio corpo. Qualcosa che, a lungo, era nella parte più oscura di me aveva preso il predominio e non riuscivo più a contrastarlo.
Ad un certo punto tutto era come se stessi vedendo la scena da lontano, come se fossi la comparsa del mio stesso sogno. Allora notai che la copia di me prese quei quadri, iniziò a calpestarli ed io urlavo perchè iniziai a sentire un dolore per tutto il corpo come se quei quadri fossero un prolungamento di me. Faceva così male, era un dolore che, ancora oggi, al solo pensiero, mi pervade e mi tiene vincolato a sé. E mentre il falso-me aveva sotto i piedi la mia felicità e tutte quelle conseguenze che aveva portato nella mia vita, mi accasciai per il dolore imprecando.
Tutto divenne buio, un buio privo di vita che gelava, ed il dolore iniziava mano mano ad attenuarsi. Alzai lo sguardo e vidi due figure in lontananza contrapposte, piuttosto simili, ma non riuscivo a riconoscerle. Ed ecco sembravano fissarmi, implorai un loro aiuto ma solo una figura sembrava aver colto il messaggio e corse verso di me. Man mano che si avvicinava notavo che, non era uno sconosciuto, anzi era la copia di me del passato. Cercai di scappare, ma quella copia mi tenne stretto a sè e un calore improvviso iniziò a divamparmi per il corpo, era un calore puro, una vitalità che non provavo da tanto.
"Che ci fai qui, Devi scappare!" Appena in tempo di terminare queste parole, egli spalancò quegli occhi verdi così tanto che sembrava aver visto qualcuno avvicinarsi da lontano. Mi guardò rassegnato e si diede alla fuga. Mi voltai, ed ecco che una nuova copia di me stesso mi si stagliava dinanzi. Era simile a quell'oscura parte di me perchè aveva quegli occhi lucenti accompagnati dallo stesso sorriso innaturale. Mi strinse forte a sè ed ecco che il gelo iniziò a penetrare, non avevo mai sentito così freddo. Un freddo che mi aveva reso del tutto fragile, debole.
E quel dolore di quella felicità calpestata era più vivo che mai ed io imprecavo mentre soccombevo.
Ciò che mi ricordo era che mentre tutto si faceva buio, quegli occhi lucenti parevano stelle.
Stelle che non avrei mai raggiunto, stelle che avrebbero serpeggiato in quel buio per sempre.
Ed io urlavo, urlavo, urlavo.
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Il mio piccolo inferno
De TodoEd ecco a voi il mio inferno, quello che io di più temo. Un viaggio tra quegli incubi che mi tormentano, mi rendono debole e frantumano la mia anima.