Mentre ansimavo, guardavo quel corridoio: tutto era buio, infinite porte blindate si susseguivano e non era possibile scorgere una fine. Credevo, infatti, che fosse proprio quello lo scopo. Non avrei dovuto avere nessun punto di riferimento, niente a cui avrei potuto aggrapparmi. Eppure ero solo un ragazzo in un corridoio. Un ragazzo semplice all'apparenza, ma reduce e ferito da quelle lotte interne che sembravano essersi attenuate. Le gambe tremavano, il mio corpo non era in grado di alzarsi. Una forza esterna mi stava tenendo fermo, ancorato più che mai a terra.
Mentre la disperazione si stava facendo sempre di più spazio tra i miei sentimenti, udii dei passi. Erano simultanei, a lunghi intervalli di tempo costanti. Tra un passo ed un altro sembrava scorrere così tanto tempo che quasi me ne dimenticavo. Quest'ultimi erano tuttavia presenti e si stavano avvicinando. In quel momento anche la paura aveva iniziato a farsi spazio tra quelle emozioni ovattate dalle tenebre del corridoio.
tum tum tum tum
Quei passi Erano sempre più forti, proporzionali alla crescita dei miei sentimenti che davano legna d'ardere alle battaglie dentro di me. Le alimentavano.
Ecco che, per l'ennesima volta, luce e tenebre si contrapponevano ed io, piano piano, riuscii ad alzarmi per compiere qualche movimento in avanti verso quei passi, verso lo sconosciuto. Mentre camminavo, guardavo ogni singola porta e su ognuna di essa vi era posta un'incisione. "Gioia", "Felicità", "Speranza".
Mi soffermai su quest'ultima, i passi erano così vicini che sentivo persino il respiro di una figura
in lontananza. Per questo motivo, varcai la soglia.
Mi ritrovai in un mondo diverso, dove il cinguettio degli uccelli, lo scorrere di un fiume in lontananza, il sole erano più vivi che mai. La terra, tuttavia, era del tutto spaccata. Era possibile poter rintracciare dei burroni profondi dai quali una luce rossa sembrava lampeggiare. Non mi soffermai molto ad osservare e camminai in quella nuova terra distrutta. Una cittadina si ritrovava molto più distante da me e decisi, dopo che essermi guardato attorno e dopo aver notato l'assenza di qualsiasi esser umano, di proseguire il tragitto.La cittadina era formata da tante piccole case, ognuna simile all'altra. Le strade erano contornate da due marciapiedi che sembravano procedere all'infinito. Camminai e dalle case non era possibile notare alcuna traccia di vita. Il tempo si fermò, quando scorsi in lontananza una figura accovacciata a terra. Quando la raggiunsi, aveva in mano una candela accesa ed era ricoperta da un manto nero. Restammo lì ad osservare quella candela per molto tempo, quando una signora anziana si rese visibile da quel nero impenetrabile. Mi scrutò con quegli occhi di un verde intenso e non sembrava voler proferire parola. Rimanemmo lì a guardarci per un intervallo di tempo che a me sembrava, di nuovo, infinito.
Quegli occhi verdi erano infatti magnetici, capaci di poter comunicare più delle parole. Intravedevo in essi anche qualcos'altro, che non riuscivo a riconoscere. Mi chinai per poter osservare meglio e, ad un tratto, un vento ci colse alla sprovvista. La candela si spense e la donna si incupì. Iniziò a lacrimare. Era una pianto doloroso, capace di poter distruggere mondi, stelle, galassie e universi.
Da quando ero entrato in quel mondo, non avevo badato alla mia coscienza, alla mia luce e alle mie tenebre. Queste però sembravano soffrire insieme alla donna e, di conseguenza, anche io. Quella terra sconosciuta divenne intrisa di tristezza, di un'eterna angoscia. Un brivido mi percorse lungo la schiena e, per la prima volta, la donna mi rivolse parola.
<< Speravo, spe...>>, piangeva così tanto che riusciva difficilmente ad articolare parole. Era una voce spezzata, lasciata lì a morire, a disintegrarsi, a frantumarsi come vetro per non poter essere più riparata. <<...ravo di riuscire a vivere ancora un po'>>.
Io la guardavo così confuso, che tentai di appoggiare la mano sulla sua spalla per rassicurarla. Ma ella, come la candela, iniziò a venire meno. La pelle iniziò a disintegrarsi e a diventare cenere al vento. E quel volto. Anche quello fu perduto nell'aria. Era un volto di paura e di falsa speranza, che si contorceva per imprecare parole che mai avrei potuto udire. Restai di nuovo solo e la cittadina fu mossa da un qualcosa di nuovo.
Questo qualcosa imprecava il mio nome. Era molto lontano, ma, al tempo stesso, lo sentivo nelle ossa, nella pelle. Mi voltai e quando lo feci, un uomo mi si parava davanti. Aveva un viso consumato dal tempo, gli occhi di chi aveva vissuto cose che gli esseri umani difficilmente potrebbero conoscere.
<<Sono il custode di questo luogo>>, sembrava perso, come qualcuno che non aveva più ritrovato la luce <<Sei un viaggiatore, non puoi restare qui>>. Dalle case iniziarono a provenire dei rumori. Delle urla, bambini che piangevano, uomini che gridavano.
Tutte le porte iniziarono a spalancarsi e migliaia di figure fuoriuscirono da esse con un'unica meta: Me.
Sembravano persone morte da tempo, che vedevano in me una speranza per poter scappare da quel luogo.
Il custode si incupì, mi scrutava scontroso.
<< Odio i viaggiatori>> borbottava.Mentre annunciava quelle parole, ecco che quello che era un semplice uomo, iniziò a trasformarsi. Una nebbia nera lo avvolgeva, artigli avevano preso posto delle unghie e divenne una bestia molto più grande rispetto al normale. Ruggì come un leone. La folla di quelle anime erranti sembrò fermarsi, ma avrebbe puntato in qualunque caso gli occhi su di me. La bestia fece un passo verso di loro e tutti rientrarono in quelle che io avevo reputato case. In realtà erano dei veri e propri rifugi.
Dopo che tutto divenne tornato alla normalità la bestia mi osservò. Io restai lì fermo, non sapevo cosa fare.
Ecco che il custode mi venne incontro ringhiando. Mi prese a sé e tutto divenne buio. Non perché ero morto, ma le tenebre interiori sembravano essere venute fuori. Accanto ad esse un lampo di luce bianca sembrava attenuarle.
Ero io.
La bestia cessò di ringhiare e mi scrutava. Sembrava non aver mai visto un prodigio del genere.
<< Non sei un viaggiatore, mi sbagliavo ...>>, mormorò <<... sei approdato in un mondo che non ti appartiene. Qui la speranza muore>>
<<Perché sono qui?>> sussurrai mentre le tenebre iniziarono a sfumare.
<<Hai liberato le catene del tuo spirito e ora stai compiendo questo viaggio ...>>
<<Ma tu stesso hai detto che non sono un viaggiatore ...>>
<<No infatti, tu sei un cacciatore>>
<< Di cosa?>>
Non fece in tempo a rispondermi. La porta in cui ero entrato, mi si spalancò davanti. La bestia scappò via e io varcai la soglia.
Di nuovo quel corridoio.
La porta dalla quale ero entrato si chiuse e una luce bianca prese il posto di questa.
Ero un cacciatore.
Di cosa?
Barcollavo.
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Il mio piccolo inferno
RandomEd ecco a voi il mio inferno, quello che io di più temo. Un viaggio tra quegli incubi che mi tormentano, mi rendono debole e frantumano la mia anima.